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I carabinieri hanno sequestrato beni per 300 mila euro a Salvatore Assinnata, 49 anni ritenuto dalla procura distrettuale di Catania inserito nel "gruppo di Paterno'" della famiglia di Cosa nostra etnea Santapaola-Ercolano. L'uomo ricopriva incarichi di vertice e impartiva ordini e direttive al figlio primogenito dal carcere di Asti nel quale era detenuto. Tra i beni sequestrati una bottega nel centro di Paternò; numerosi terreni e vari rapporti finanziari. In più occasioni è stato condannato, in quattro delle quali (per fatti commessi nel 1991, nel 2003, fino al maggio 2006 e dal marzo 2012 al settembre 2013), per associazione di tipo mafioso ed una per estorsione aggravata (per fatti commessi fino al dicembre 2012). L'ultima volta è stato arrestato nel marzo 2013 per estorsione aggravata per avere agevolato l'attività dell'associazione mafiosa di appartenenza ed è tornato in libertà, dopo aver scontato 9 anni in carcere per varie condanne (associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata per aver agevolato l'attività mafiosa), lo scorso 10 giugno.
Salvatore Assinnata
curava anche l'immagine della famiglia: significativo era stato il biasimo nei confronti del figlio, nel 2015, quando quest'ultimo, in occasione della festa patronale a Paternò, fece fare un doppio 'inchino' con la statua di Santa Barbara sulle note del 'Padrino', davanti all'abitazione di famiglia. Il boss lo aveva rimproverato attraverso la madre, per aver tenuto un comportamento 'non idoneo' per un'organizzazione mafiosa in quanto alza i riflettori sul clan.

Foto © Imagoeconomica

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