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L’imbarazzato e imbarazzante silenzio in sala al momento del dibattito, in occasione della seconda visita del prefetto dott. Filippo Santarelli a Lona-Lases, testimonia più di ogni altra cosa l’inesistenza di quel “fermento democratico” che caratterizzerebbe, a detta di qualcuno, l’ennesimo appuntamento elettorale fissato per il 25 febbraio. Nonostante la sera del 16 gennaio, presso il teatro di Lona, fossero presenti la maggior parte dei candidati nella lista guidata dall’avv. Antonio Giacomelli, nonostante la serata fosse stata pensata e gestita con la funzione di apripista per i “nuovi” candidati dal commissario straordinario del comune dott. Alberto Francini, nessuno di loro ha aperto bocca!

L’unico fugace intervento è venuto da Fabio Fedrizzi, già assessore nella giunta della sindaca Mara Tondini (nella cui maggioranza figurava anche Giuseppe Battaglia, innocente fino a condanna definitiva ma tuttavia condannato in primo grado per “associazione mafiosa”), che ha di fatto smentito la versione tranquillizzante rispetto al settore del porfido ancora una volta elargita dalla dirigente provinciale dott.ssa Laura Pedron. Il Coordinamento Lavoro Porfido aveva deciso di essere presente con un volantino, ma di restare fuori da una campagna elettorale che giudica del tutto inopportuna e questo è bastato a far venir meno ogni serio dibattito sul merito delle questioni.

D’altronde sarebbe stato certo imbarazzante se i candidati presenti fossero intervenuti e fosse stato chiesto loro conto dei pregressi amministrativi, si sarebbe scoperto come la lista che vanta di segnare una profonda discontinuità con il passato è in realtà un concentrato di soggetti che direttamente o indirettamente hanno caratterizzato la storia amministrativa di Lona-Lases degli ultimi 25 anni. Come scrive Leonardo Sciascia in “Nero su Nero”, infatti, “i nodi vengono sempre al pettine, se c’è il pettine” e noi il pettine lo abbiamo conservato!

Vediamo dunque di passare in rassegna i candidati, non per esprimere giudizi personali o politici, bensì per ripercorrere attraverso il loro impegno (o quello di loro stretti familiari) la storia amministrativa di un Comune che, non va mai dimenticato, si è costituito parte civile nel processo “Perfido”, che vedeva tra gli imputati ex consiglieri ed ex assessori.

Soggetti che, come più volte si è ricordato, hanno mosso i loro primi passi all’interno delle istituzioni locali nella lista che, nel lontano 1995, aveva sloggiato dal municipio l’unica amministrazione che nell’ultimo mezzo secolo non era emanazione (diretta o indiretta) della potente lobby locale dei concessionari di cava. Lista guidata da quel Roberto Dalmonego che, in merito alla sua ultima elezione a primo cittadino nel 2018, risulta indagato per voto di scambio politico-mafioso in un procedimento concluso da quasi un anno, senza che si abbia notizia di alcuna richiesta di rinvio a giudizio.

Un nome però ci consente addirittura un salto all’indietro, al tempo nel quale sul piazzale del Municipio andava a fuoco l’auto dell’assessore alle cave e atti intimidatori e minacce colpivano più d’uno tra i consiglieri e i sostenitori della lista, guidata dal sindaco Vigilio Valentini, che nel 1985 aveva segnato l’unica vera discontinuità amministrativa. Nella lista contrapposta ispirata dai cavatori, infatti, figuravano sia Norberto Fedrizzi che Graziano Micheli (quest’ultimo eletto consigliere di minoranza) entrambi oggi candidati nella lista guidata dall’avv. Giacomelli, ovvero nell’unica lista che si è presentata a questo “democratico” esercizio. Vale la pena ricordare come, allora, nessuno di questi signori osò dire nulla su quegli atti intimidatori e questo costituisce senz’altro motivo sufficiente per dubitare in merito alla loro pretesa indipendenza. Ma in quegli anni, stando a quanto emerge dalle indagini, gli attuali condannati in primo grado (e loro sodali) erano impegnati nel fiorente mercato della droga (eroina) in una città di Trento “senza malizia”.

L’infiltrazione silente nelle istituzioni

Un decennio più tardi inizia però un’altra fase, quella che è stata definita “infiltrazione silente” nelle istituzioni di questi soggetti (presuntamente) legati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso. Siamo nella seconda metà degli anni ‘90, appunto e Piermario Fontana, candidato di peso nella lista Giacomelli, lo troviamo nei panni di assessore nelle giunte Dalmonego dal 1995 al 2001 e vice sindaco dal 2002 al 2005 (caratterizzati dalla presenza in maggioranza di quel Giuseppe Battaglia del quale si è già fatta menzione). Amministrazione, quest’ultima, guidata proprio da Mara Tondini (alla quale non fece mai mancare il suo sostegno l’allora presidente della Giunta provinciale Lorenzo Dellai), che si presenta come coordinatrice della nuova lista, la quale aveva precedentemente ricoperto il ruolo di consigliere di maggioranza dal 1995 al 2000 e vice sindaco dal 2000 al 2001.

Tuttavia vale la pena soffermarsi ancora su un candidato quale Fontana, se non altro per il suo legame di parentela con una ditta il cui nome è apparso più volte sulla stampa e pure nei documenti d’indagine, sia relativamente alla vicenda del pestaggio dell’operaio cinese avvenuto il 2 dicembre 2014 che in quelli relativi all’indagine “Perfido”: la Avi & Fontana srl. Ora, ricordo che durante il sequestro e pestaggio dell’operaio cinese Hu Xupai giunsero a Mustafa Arafat (uno dei tre esecutori del pestaggio, condannati con sentenza definitiva, coinvolto anche nell’indagine “Perfido” dove ha patteggiato una condanna per “aiuto esterno agli associati”) ben 7 sms da un telefono intestato proprio alla ditta Avi & Fontana Srl, ai quali seguirono 2 chiamate. Stando alle dichiarazioni dell’allora comandante della Stazione CC di Albiano mar. Roberto Dandrea (al quale vengono contestati, nell’Avviso conclusione indagini di cui sopra, una lunga serie di reati proprio in relazione a quei fatti) quel telefono era in uso a Franco Bertuzzi, socio di minoranza (con il fratello Rosario, all’epoca dei fatti vice sindaco di Albiano) di tale ditta. Tuttavia egli non ha potuto confermare tale circostanza non avendo ottemperato la PG Aliquota CC ad eseguire la richiesta del PM che coordinava le indagini di “escutere come persona informata sui fatti Bertuzzi Franco”, con ciò rendendo possibile nonché lecita la formulazione di altre ipotesi.

Anche nell’Ordinanza di custodia cautelare relativa all’indagine “Perfido” sono documentati i contatti, mediante il telefono intestato alla stessa ditta, tra Franco Bertuzzi e la coppia Arafat Mustafa e Mario Giuseppe Nania (anch’egli in contatto con il Mustafa durante il sequestro/pestaggio mediante utenza telefonica intestata alla ditta Anesi Srl, condannato in via definitiva per estorsione nei confronti dei lavoratori e in primo grado per “associazione mafiosa”).

Ma cosa centra dunque la Avi & Fontana Srl con il nostro, o sarebbe meglio dire i nostri, candidati?

Centra, in quanto sia Piermario Fontana che Letizia Campestrini (già assessore con la sindaca Tondini dal 2002 al 2005 e successivamente consigliere di minoranza fino al 2010), altra candidata nella lista Giacomelli, sono rispettivamente il figlio e la nuora dei due soci di maggioranza della ditta. Soci di maggioranza e loro familiari/eredi (il Fontana era consigliere di minoranza all’epoca dei fatti) che non hanno mai sentito il bisogno di dire una parola sul coinvolgimento del buon nome della loro ditta in merito a quei fatti (che ancora attendono chiarimenti, almeno per quanto riguarda le possibili varie complicità).

A completare la rappresentanza del passato ritorna anche Carlo Micheli, già consigliere comunale (per surroga dal 2007) di maggioranza durante la prima sindacatura di Marco Casagranda, in compagnia di Pietro Battaglia (anch’egli condannato in primo grado per “associazione mafiosa” ma tuttavia da ritenersi innocente fino a sentenza definitiva) e con assessore esterno alle cave nientemeno che Giuseppe Battaglia. Sono gli anni nei quali quest’ultimo compie la sua rapida scalata nella Marmirolo Porfidi Srl, della quale diviene amministratore unico, azienda spolpata da tale Antonio Muto, coinvolto nel maxi processo Aemilia e condannato per bancarotta fraudolenta; legato quest’ultimo al clan di ‘Ndrangheta Grande Aracri (in quegli anni con base operativa a Mezzolombardo). Micheli poi sarà assessore nella giunta dello stesso Casagranda dal 2010 al 2015, entrato in rotta di collisione con il sindaco in occasione del referendum sulla fusione comunale con Albiano sul finire della consiliatura.

Un ravvedimento momentaneo

Si tratta proprio di quel Carlo Micheli che, in occasione dell’incontro pubblico presso il teatro di Lona del 10 dicembre 2021 (tra i relatori l’ex vice presidente della Commissione parlamentare antimafia della XVII legislatura dott. Luigi Gaetti), fece una dichiarazione pubblica nella quale rivelò che quanto sentito gli consentiva di vedere molte cose in modo diverso, riconoscendo a posteriori di aver assistito a comportamenti che potevano senz’altro rientrare nell’agire mafioso evocato dai relatori. Egli rilasciò anche alcune dichiarazioni pubblicate su QT nelle quali, oltre a ribadire di aver potuto (assistendo a quel dibattito) “rivisitare alcuni fatti, esperienze, ricomporre le tessere di un mosaico ed intravvedere cose che non avevo mai notato”, affermava come la risorsa porfido “venisse spremuta a vantaggio di pochi”. Per contrastare l’intreccio di interessi venutosi a determinare nel corso degli anni (quelli della lobby e della criminalità), egli sosteneva la necessità di candidare “persone estranee a interessi diretti”, cosa quanto mai lontana proprio dalla lista nella quale ha deciso di candidare, laddove per interessi diretti va inteso anche quello di mettersi al riparo da eventuali accertamenti sugli atti assunti dalle amministrazioni di cui si è fatto parte (magari proprio in rappresentanza di ben concreti e diretti interessi). Tanto per fare un esempio, si ricorda che nel 2005 la sopra citata ditta Avi & Fontana Srl confluiva nella Union Cave Srl di Fornace (unitamente alle ditte Stenico Bruno Srl di Fornace e Stones Company Srl di Civezzano), in conseguenza l’allora assessore comunale alle cave (sindaca Mara Tondini) rilasciò, con atto autonomo, autorizzazione provvisoria alla nuova Srl incorporante le tre società, sollevando molti dubbi sulla liceità dell’atto (tanto che in proposito il segretario comunale fece una segnalazione alla Guardia di Finanza). Ma vi è anche la vicenda, sollevata da un esposto del Clp, relativa all’assenza dei requisiti necessari (acqua industriale, acqua potabile, servizi igienici, fognature e sistema di raccolta acque pluviali e possibili scarichi industriali) nella zona artigianale Dossi-Grotta, sulla quale si attende una decisione del Gip. Così come andrebbero chiarite molte vicende sollevate nei numerosi esposti presentati in questi anni alla Procura e alla Corte dei Conti dallo stesso Clp.

In conclusione mi soffermo su Alessandro Marchi (col quale confesso di essere in amichevoli rapporti) che è stato niente meno che consigliere di maggioranza, assieme a Pietro Battaglia, dal 2018 al 2020, con sindaco quel Roberto Dalmonego oggi indagato per voto di scambio politico-mafioso. Ricordo l’imbarazzo di quella amministrazione nell’esprimersi in merito alla mozione di condanna del pestaggio avvenuto il 2 dicembre 2014 proposta dal Clp, con sindaco e vice (Leandro Zola) che affermavano rispettivamente di non sentirsi all’altezza “di parlare dell’esistenza di un sistema mafioso”, il primo, e che “non ci sono evidenze giudiziarie per parlare di mafia”, il secondo. Alla discussione avevano preso parte anche l’allora assessore Alessandro Avi (che vede candidare nella lista di cui parliamo la moglie Maria Lucia Ioriatti) che esprimeva “dubbi sul riferimento ad un sistema mafioso” e lo stesso Alessandro Marchi che affermava l’impossibilità di “paragonare la situazione con quella della mafia del sud”. Ricordo che quella discussione si concluse con la perentoria affermazione del sindaco: “Non si può parlare di comportamento mafioso”; e con un nulla di fatto rispetto alla mozione. D’altra parte si tenga conto che nel 2018 venne nominato quale rappresentante di quella lista al seggio nientemeno che Arafat Mustafa, pochi giorni dopo la sua condanna in appello per i fatti del 2 dicembre 2014. Anche gli affari di Giuseppe Battaglia non si erano certo fermati di fronte al clamore mediatico di quelle vicende e nemmeno davanti alla relazione della Commissione parlamentare antimafia (presieduta dall’on. Rosy Bindi) del febbraio 2018 che, riguardo al Trentino, affermava come “Persone in relazione con le cosche sono autori di reati economico-finanziari, come la bancarotta fraudolenta nei settori dell’edilizia e dello sfruttamento delle cave di porfido, di truffe e sfruttamento illegale di manodopera”. Risale, infatti, all’agosto 2017 l’acquisto da parte del Battaglia, per svariate centinaia di migliaia di euro, della Società Agricola Solatio Srl a Villa Bartolomea in provincia di Verona.

Ebbene, nessuno di questi candidati “senza passato” ha mai sentito il bisogno, dopo le prime sentenze emesse dal Tribunale di Trento nel 2023, con le quali si certifica la presenza tra Albiano e Lona-Lases di un “locale di ‘ndrangheta” riferibile alle cosche Serraino-Iamonte-Paviglianiti, di ricredersi o dire qualcosa al riguardo (nemmeno Carlo Micheli è più tornato sull’argomento).
Questa sarebbe la squadra con la quale l’avv. Giacomelli pensa di risanare la situazione?
Forse anche stavolta i cittadini di Lona-Lases faranno bene a soppesare attentamente le proprie scelte nel decidere tra l’esercizio formale del diritto di voto e un’astensione dallo stesso, che rappresenta forse in questo caso l’unica reale e sostanziale possibile affermazione di democrazia.

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