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Paolo Borsellino non può stare nel pantheon di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni lo ha inserito perché lo considera un giudice di destra, fedele alle Istituzioni, che da giovane era stato iscritto al Fuan, Fronte Universitario d'Azione Nazionale.
Tuttavia tra i 'grandi' di Fdi vi sono anche Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo e il generale Gianadelio Maletti, condannato in via definitiva per favoreggiamento degli autori della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
È fin troppo evidente che se si eleggono questi personaggi a modelli di riferimento significa che vi è anche una condivisione delle loro idee. Com'è possibile quindi conciliare la figura di Paolo Borsellino e allo stesso tempo esaltare tali modelli?
Domanda a cui il presidente del Consiglio non sembra intenzionata rispondere.
Anzi, il nome di Borsellino è stato ancora una volta usato a sproposito, quasi come una sorta di scudo con cui giustificare le proprie scelte politiche.
Meloni, in replica al Senato ad una risoluzione del M5S con la quale si bloccava l’invio di armi in Ucraina, ha fatto un paragone tra la resistenza di Kiev e l'opposizione alla mafia del giudice ucciso in via d’Amelio:
"Voglio sapere se ritenete (parlando all'opposizione ndr) che Paolo Borsellino dovesse preferire vivere piegandosi alla mafia piuttosto che fare le battaglie che ha combattuto".
E poi ancora, Meloni ha parlato del sostegno ai valori "di civiltà europea e di battaglie di gente che ha dato la vita per difendere la libertà, la democrazia".
Tale affermazione presenta un evidente contraddizione di cui le forze politiche di opposizione dovrebbero prendere atto.
Tralasciando il discorso della guerra in corso è indubbio che Borsellino fosse portatore di profondi valori di civiltà e democrazia, ma è altrettanto indubbio che Maletti e Pino Rauti non lo erano.
Rauti, deceduto il 2 novembre 2012, è stato tra i fondatori di quel Movimento Sociale Italiano che si rifaceva al fascismo di Salò.
Lo chiamavano il "Gramsci nero”, ma Rauti non è stato solo un intellettuale, ma un uomo d'azione che ha incarnato in modo paradigmatico l'anima più eversiva del neofascismo italiano. Gli piaceva dire che il fascismo non era più ripetibile "ma un giacimento di memoria a cui si poteva ancora attingere". Tutta la sua vita è stata nel segno d'una religione fascista irriducibile, pericolosamente ai bordi delle istituzioni democratiche, talvolta invischiata nelle più nefaste trame stragiste della storia repubblicana. Pino Rauti ha dovuto anche affrontare la gravissima accusa di essere parte di quel sistema che aveva organizzato le stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e Bologna. Vicende dalle quali fu assolto in sede penale ma ottenne gravi giudizi sul piano morale, come disse il pubblico ministero nel processo per l'attentato di Piazza della Loggia: “La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri ma non ci sono situazioni di responsabilità oggettiva".
Nel 1956 fondò Ordine Nuovo, un centro studi che non fu solo centro di cultura fascista ma anche attore al tempo della strategia della tensione. Una strategia che contemplava l’uso del terrorismo politico in campo nazionale. Tale linea verrà poi formalizzata durante il maggio del 1965 presso l'Istituto Pollio, in cui alte cariche dell'esercito e della polizia (assieme a Pino Rauti e Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale) stabilirono che il terrorismo doveva essere utilizzato come strumento di lotta politica.
Questa strategia provocò la morte di gente innocente e cercò di abbattere le fondamenta dello Stato di diritto: basti vedere le conseguenze della strage di Pizza Fontana (12 dicembre 1969), Strage di Gioia Tauro (22 luglio 1970), Strage di Peteano (31 maggio 1972), alla Questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia (28 maggio 1974), Italicus (4 agosto 1974) e la strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980).
Sono fatti, non congetture.
Considerando questi aspetti diventa chiaro che il nome di Paolo Borsellino non può essere usato da chi lo considera parte integrante del pantheon di Fratelli d'Italia assieme a Pino Rauti e Maletti.
C’è poco da aggiungere: o si escludono loro o si esclude Borsellino.

Foto © Imagoeconomica

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