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Il senatore analizza “Lo Stato profondo” con la scrittrice Stefania Limiti e l’archivista Ilaria Moroni

Le stragi del 1992 e del 1993 “sono ancora fra noi”. E “non furono affatto opere esclusive dei mafiosi”. “Furono eseguite dai mafiosi ma pianificate da mandanti esterni per ragioni politiche”. Il tutto coperto “da esponenti dei servizi segreti e della polizia con i depistaggi al fine di impedire che dal livello di esecutore si potesse risalire a quello dei mandanti”.

A parlare è Roberto Scarpinato, già procuratore generale di Palermo, oggi senatore M5S, intervenuto domenica scorsa durante l’incontro organizzato dal Coordinamento Sociale Antimafia di Palermo al NOZ dei Cantieri Culturali. “Lo Stato profondo” era il titolo del dibattito che vedeva come relatrici anche la giornalista e saggista Stefania Limiti e la direttrice dell’archivio Flamigni, Ilaria Moroni. Una serata importante che ha visto centinaia di persone attente ad ascoltare le ricostruzioni dettagliate degli ospiti sull'intreccio tra servizi segreti, mafia, neofascismo, massoneria e politica all'interno di quel sistema criminale integrato che, a partire dal primo maggio del 1947 (Portella della Ginestra), a suon di stragi, omicidi e falliti Golpe, ha condizionato la vita politica del nostro Paese. E che tutt'ora continua a influenzarla, attraverso un filo rosso che giunge fino all'attuale Governo. Verità taciute, altre mancanti e altre ancora cancellate per sempre dagli archivi di Stato.

I mandanti eccellenti non soltanto l'hanno fatta franca grazie ai depistaggi, ma hanno raggiunto lo scopo di contribuire a costruire con le stragi il nuovo ordine politico dopo la fine della Prima Repubblica - ha sottolineato l’ex magistrato -. Il fatto che i tentativi di depistaggio non si siano mai fermati, prolungandosi sino al 2020 con le dichiarazioni del falso collaboratore Maurizio Avola, dopo che il falso collaboratore Vincenzo Scarantino ormai era bruciato, e che proseguono sottotraccia sia nei nostri giorni dimostra che le stragi non sono affatto una storia del passato. Al contrario, sono ancora drammaticamente tra noi”. Ne è certo Roberto Scarpinato che da magistrato oltre a colpire gli esecutori materiali di stragi e delitti eccellenti ha osato andare oltre mettendo sotto inchiesta anche i sistemi criminali indagando sui rapporti tra Cosa Nostra, politica e massoneria.


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Per l’ex procuratore generale i continui depistaggi dimostrano che dietro le stragi del '92 e del '93 si celano “verità indicibili che continuano a fare paura”. Argomenti scottanti che “richiedono continui interventi di manutenzione della strategia del depistaggio per impedire che quelle verità venendo a galla possano tirare giù tanti santi del paradiso, cioè possano fare traballare gli attuali equilibri politici costruiti anche grazie a seguito di quelle stragi”, ha detto. Quindi Scarpinato si è concentrato sulle ultime vicende che hanno riguardato la Commissione Antimafia dove lavora e dove, da qualche mese, è in atto un tentativo di riscrivere la storia giudiziaria della strage di via d’Amelio da parte dei figli di Paolo Borsellino e dall’avvocato che li rappresenta. La famiglia Borsellino, infatti, propina la vicenda Mafia-Appalti come movente della strage del 19 luglio 1992. Una causale “entusiasticamente accolta e sponsorizzata a reti unificati dalla maggioranza di governo attuale”. Si tratta, ha spiegato Scarpinato, di “una nuova versione aggiusta tutto perché raggiunge lo stesso risultato di archiviare la storia delle stragi come una storia del passato, priva di alcun collegamento col presente politico e che per di più ha il vantaggio di pretendere di chiudere anche la falla dei depistaggi e di poter dire al grosso pubblico: 'Abbiamo capito chi sono stati gli inventori delle stragi e gli inventori dei depistaggi'”. La versione è sposata anche dall’ex generale dei carabinieri Mario Mori e, ha riassunto Scarpinato, “si può sintetizzare in questi termini: Falcone e Borsellino sono stati assassinati perché stavano per scoprire i segreti di Tangentopoli in Sicilia, cioè i segreti matrimoni di interesse tra politici dei partiti della prima repubblica, imprenditori e mafiosi nell'illecita manipolazione degli appalti pubblici”. “I mandanti delle stragi e dei depistaggi - ha proseguito l’ex magistrato - sono dunque potenti uomini politici della Prima Repubblica che sono anche i registi occulti dei successivi depistaggi per evitare che si potesse scoprire la loro responsabilità. Non vi posso propinare questa versione tanto gradita ai nuovi inquilini del Palazzo perché, come ha efficacemente detto Fabio Repici, avvocato di Salvatore Borsellino, alla Commissione Parlamentare Antimafia, si tratta di una vera e propria dichiarazione di guerra al principio di realtà, di una sorta di fantasy completamente smentito dalla logica e da tutte le risultanze processuali”.


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Via d’Amelio, capire l’inganno

Quindi Scarpinato ha illustrato i due motivi per i quali la pista sostenuta da una parte della famiglia Borsellino e dal generale Mori e dai suoi lacchè.

Il primo motivo è che gli esponenti della Prima Repubblica coinvolti nel 1992 con vari livelli nel sistema di illecita manipolazione degli appalti erano tutti contemporaneamente nella lista delle persone che la mafia doveva uccidere. Salvo Lima, massimo referente in Sicilia di Andreotti, storicamente uomo di collegamento con Cosa nostra e co-regista accertato dietro le quinte della manipolazione di appalti di mille miliardi delle vecchie lire che erano di diretto interesse della mafia, fu assassinato il 12 marzo del 1992. Calogero Mannino, altro potentissimo patriarca della DC, ministro degli interventi straordinari del mezzogiorno, era a sua volta prossimo a essere assassinato. E' stato accertato che Brusca viene fermato all'ultimo momento perché c'era un'altra cosa da fare. Nello stesso periodo vengono eseguiti, ed è accertato processualmente, i sopralluoghi per uccidere Claudio Martelli, ministro della giustizia che ha chiamato Falcone a Ministero. Nella lista dei politici da uccidere c'erano il socialista Salvo Andò, prestigioso membro della Segreteria nazionale del Partito Socialista italiano, il deputato Sebastiano Purpura, storico esponente della DC, Rosario Nicolosi, presidente della Regione Siciliana, che era stato pesantemente minacciato da Brusca. Tutti questi progetti omicidiari di uomini della Prima Repubblica riscontrano le dichiarazioni di numerosi collaboratori giustizia i quali hanno concordemente riferito che il piano ordito dai vertici di Cosa nostra era di ‘buttare giù di sella’, per usare le parole di Riina, i vecchi referenti politici della Prima Repubblica che si erano rivelati inaffidabili e che avevano voltato le spalle e di fare spazio a una nuova forza politica che era in corso di formazione e che poi sarà individuata in Forza Italia. Sostenere dunque che i politici della Prima Repubblica siano stati gli occulti mandanti delle stragi del '92 e i manovratori dei conseguenti depistaggi è un vero e proprio controsenso perché erano tutti nel mirino di Cosa nostra”.


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Il secondo motivo, descritto da Scarpinato come, “di insuperabile ordine logico” riguarda la costruzione del falso pentito Vincenzo Scarantino. “La creazione del falso collaboratore Scarantino ebbe inizio il 24 giugno del 1994, quando rende le prime dichiarazioni, due anni dopo la strage di Capaci e di via d'Amelio. A quella data tutti i protagonisti della prima repubblica erano fuori gioco. Lima era morto. Martelli si era dimesso già nel '93 da Ministro della Giustizia. Andreotti e Mannino erano sotto processo per collusione con la mafia. Craxi era fuggito a Tunisi. Tutti i più importanti politici e imprenditori della Prima Repubblica erano stati falcidiati da Cosa Nostra”, ha ricordato Scarpinato. “La Prima Repubblica era ormai tracollata e si era insediato già nel giugno del '94 il governo Berlusconi. Non ha quindi alcun senso sostenere che un depistaggio delle proporzioni come quello di Scarantino, iniziato nel giugno del '94 e portato avanti negli anni perché Scarantino voleva tornare indietro, sia stato organizzato e posto in essere nell'interesse di personaggi politici che ormai non avevano nessun potere e che erano assolutamente fuori gioco. Capisco che questa versione delle stragi piaccia tanto alla maggioranza di governo perché taglia i fili che riconducono le stragi del '92 e del '93 non ai partiti della prima repubblica ma ai partiti della seconda repubblica, utilizzatori finali e fruitori delle stragi del '92 come Forza Italia che arriva al potere grazie ai voti della mafia e alle strage del '92 e del '93. Capisco che la storia la scrivono e la riscrivono i vincitori ma neppure la forza e la politica possono perdere la logica e la verità storica dei fatti”.


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Il campo di guerra delle stragi

Quindi Scarpinato, padre dell’inchiesta “Sistemi criminali” quando lavorava a Palermo, ha parlato delle stragi che hanno insanguinato l’Italia dalla fondazione della Repubblica.

Le stragi del '92 e '93 sono gli ultimi episodi in ordine di tempo di una sanguinosa guerra del potere e per il potere che è stata combattuta dietro le quinte in Italia sin dall'inizio della Repubblica”, ha esordito Scarpinato. “La lotta politica nel nostro Paese si è svolta su due livelli. Il primo livello è quello della scena pubblica, alla luce del sole. Mi riferisco alla competizione per le elezioni politiche, ai dibattiti in Parlamento, alle manifestazioni anche violente di piazza, agli scioperi eccetera. Il secondo livello è quello della lotta politica svolta nel fuori scena, dietro le quinte, nell'ombra, con stragi, omicidi, intrighi di palazzo finalizzati in alcuni momenti di crisi a condizionare l'evoluzione del quadro politico. Questa occulta lotta per il potere è alla base dell'anomalia della storia italiana dal secondo dopoguerra”, ha affermato. “In nessun paese europeo si è infatti verificato, così come è avvenuto in Italia, dal secondo dopoguerra una sequenza così lunga e ininterrotta di stragi, di progetti di colpi di Stato, di omicidi politici, spesso camuffati come suicidi, omicidi mafiosi, così come è avvenuto in Italia. L'inizio della storia repubblicana è stato ottenuto a battesimo da una strage politico-mafiosa, la strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947, che inaugura la strategia della tensione e non a caso si è concluso nel '92-'93 con le stragi politico-mafiose. Tra la prima e l'ultima strage, una serie impressionante di altre stragi: la strage di Piazza Fontana di Milano del 12 dicembre 1969, di Gioia Tauro del 22 luglio 1970, di Peteano del 31 maggio '72, della Questura di Milano del 17 maggio '73, di Piazza La Loggia a Brescia del 28 maggio '74, del treno Italicus del 4 agosto '74, la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto '80, la strage del rapido 904 del 23 ottobre '84. Ve le ricordavate tutte queste stragi? Provate a non guardarle una alla volta, guardatele insieme. Non avete la sensazione di un campo di guerra? Ecco, guardatele insieme dalla prima all'ultima e vedete non una sommatoria aritmetica di eventi criminosi ma un campo di guerra”.

Foto © Emanuele Di Stefano

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