Salvatore Borsellino: "Sono perplesso e lo considero un depistaggio. Mi sembra impensabile che un carabiniere possa aver consegnato la borsa a un funzionario di polizia"
Ricettazione aggravata dal favoreggiamento alla mafia. E' questa l'accusa per cui la moglie Angiola ed una delle figlie di Arnaldo La Barbera (Serena, nonché funzionaria della presidenza del consiglio che si occupa di sicurezza nazionale) morto nel 2002, sono finite sotto indagine della Procura di Caltanissetta.
Come riportato stamane da Il Fatto Quotidiano i pm nisseni sospettano che abbiano avuto per anni la disponibilità dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, ipoteticamente acquisita illecitamente dall’allora capo della squadra mobile di Palermo il 19 luglio 1992.
Le indagini, per l'appunto, riguardano la scomparsa dell'agenda rossa del magistrato, introvabile proprio dal giorno della strage.
La notizia di ieri è che nei mesi scorsi le abitazioni dei familiari di La Barbera (secondo le sentenze ritenuto regista del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio), sono state perquisite dai carabinieri del Ros.
E a quanto pare anche altri familiari dell’ex prefetto sarebbero stati perquisiti ma come soggetti terzi e non indagati. Per il momento dell'agenda rossa non vi sarebbe nessuna traccia ma i militari del Ros avrebbero comunque raccolto una copiosa documentazione bancaria risalente agli anni Novanta che ora è al vaglio degli inquirenti.
Questa attività trarrebbe origine dalle dichiarazioni di un amico di famiglia dei La Barbera.
Ai magistrati della Procura di Caltanissetta, guidata da Salvatore De Luca, racconta di avere appreso, durante alcune conversazioni, avvenute dopo la morte del prefetto ma molti anni fa, della disponibilità dell’agenda di Paolo Borsellino da parte della figlia e della moglie di La Barbera.
Poi, nel 2018, una terza persona gli avrebbe raccontato che la famiglia voleva allocare l’agenda altrove.
A detta sempre del testimone, il cui nome resta al momento segreto, questo terzo soggetto gli avrebbe chiesto la disponibilità a tenere l’agenda rossa di Borsellino. Una proposta a cui si sarebbe rifiutato.
Tribunale di Caltanissetta
Lo spunto nel Borsellino quater
Già nelle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater i giudici della Corte di Assise di Caltanissetta (Presidente Antonio Balsamo, giudice a latere Janos Barlotti) avevano dato un primo input investigativo evidenziando dei "collegamenti" tra la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino e il depistaggio di Stato nelle indagini sulla strage di via D’Amelio.
Per quei giudici La Barbera ebbe un “ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell'agenda rossa”. C'erano le sue parole contro Lucia Borsellino nel giorno della restituzione della borsa ai familiari, così come quella dichiarazione lasciata all'Ansa nei giorni successivi la strage dove addirittura paventava l'ipotesi che l'agenda fosse andata distrutta con l'esplosione. Quindi il dato acquisito della presenza della borsa nell'ufficio di La Barbera già il 19 luglio.
La novità su cui si lavora parallelamente è nella ricostruzione dei movimenti che quella borsa ha fatto nel giorno della strage.
E' abbondantemente nota la vicenda della fotografia che ritrae l'allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangoli con la borsa in mano. Da quel momento contro il carabiniere è stato aperto un procedimento per il furto dell'agenda rossa concluso con il proscioglimento. Eppure il mistero è sempre rimasto aperto con lo stesso Arcangioli che non ha saputo colmare i tanti vuoti che emergevano nel suo racconto. Erano anche state recuperate delle immagini video in cui si allontanava dall’auto fumante in via D’Amelio verso viale dell’Autonomia, dove si trovava un suo superiore. Ma in tutti questi anni, ogni volta che è stato sentito, non ha mai saputo dire a chi avesse consegnato la borsa.
Ed è qui che si incastra la novità investigativa. Un funzionario della Polizia, del quale gli investigatori preferiscono non rivelare il nome, avrebbe raccontato ai pm di Caltanissetta qualche anno fa di averla presa lui in consegna.
Scrive Il Fatto Quotidiano che Arcangioli "avrebbe consegnato la borsa proprio al funzionario di Polizia sentito dai pm, che non è Maggi. Questo ufficiale di polizia ha raccontato in un verbale di sommarie informazioni che fu proprio lui a stoppare Arcangioli chiedendogli la borsa fumante di Borsellino perché la competenza sulle indagini era della Polizia e non dei Carabinieri. Sempre lui l’avrebbe consegnata a un superiore gerarchico, sempre della Polizia, che poi l’avrebbe portata al dirigente della squadra mobile La Barbera".
Giovanni Arcangioli
Questioni irrisolte
Un dato tanto clamoroso che apre ad innumerevoli interrogativi. Perché soltanto ora il funzionario rivela una circostanza simile che, tra le altre cose, prefigurerebbe anche un reato?
Come si incastra nel racconto del funzionario ciò che invece ha riferito un altro agente di Polizia, Francesco Paolo Maggi, il quale fu autore di una relazione di servizio, seppur consegnata a distanza di mesi (il 29 dicembre 1992) alla Procura di Caltanissetta che indagava sulla strage, nella quale sosteneva di avere preso lui dalla macchina di Borsellino la borsa e di averla portata su indicazione di un suo superiore (Paolo Fassari) nell’ufficio del dirigente della squadra mobile della Polizia Arnaldo La Barbera?
Come è possibile che tra processi ed inchieste, nessuno dei testimoni fin qui noti, che il 19 luglio ebbero a che fare con la borsa di Borsellino (il capitano Arcangioli, l’ex magistrato Giuseppe Ayala che era presente in via D’Amelio, i superiori di Arcangioli sentiti al processo come Emilio Borghini e Marco Minicucci, lo stesso ex agente Maggi), abbia mai parlato di questo "trasferimento della borsa" dalle mani dell'Arma a quelle della Squadra Mobile?
E' davvero plausibile che un carabiniere accetti di consegnare a un funzionario di polizia la borsa di Borsellino senza aver coinvolto i suoi diretti superiori?
Nelle testimonianze di Minicucci al Borsellino quater, riferì che in un primo momento, visto la grande confusione, "tutti facevano tutto".
Solo in un secondo momento arrivò la comunicazione che la Polizia di Stato avrebbe diretto le indagini.
L'ex agente di polizia Francesco Paolo Maggi
"Ebbi disposizione dall'allora colonnello Colavito che era il vice comandante operativo della Regione Carabinieri, di non proseguire nella nostra attività perché avrebbe continuato il nostro organo speciale, quindi il Ros, e comunque soprattutto la Polizia di Stato, considerato che per una questione anche di rispetto, visto che la scorta era della polizia e i morti erano della polizia avrebbero proseguito loro l'attività di sopralluogo. Noi ci saremmo dovuti fermare, ovviamente relazionando sulle attività che avevamo fatto materialmente con la sezione rilievi (...) Io ho ricevuto questa disposizione alla quale mi sono adeguato perché mi veniva da un superiore gerarchico" aveva riferito il 30 aprile 2013. Quella comunicazione Minicucci l'avrebbe poi trasmessa anche ai suoi sottoposti. Da quel momento tutto ciò che era stato fatto, o sarebbe poi stato fatto, dalla squadra rilievi, in cui Arcangioli era inserito, doveva essere trasmesso con relazioni documentate.
Ma sulla borsa di Borsellino, è un dato di fatto, i militari non effettuarono alcuna relazione di servizio.
Il silenzio su quell'episodio è durato per anni, riaperto solo dopo l'apparizione del frame con Arcangioli e la borsa. Oggi c'è questa nuova testimonianza che apre a nuovi scenari.
Salvatore Borsellino © Deb Photo
Il commento di Salvatore Borsellino
Il Fatto Quotidiano ha provato a sentire per un commento gli avvocati di Angiola e Serena La Barbera, Giuseppe Panepinto (già difensore del funzionario di Polizia Mario Bo nel processo per il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio - concluso con la prescrizione in primo grado - e del poliziotto Vincenzo Maniscaldi, indagato dalla Procura di Caltanissetta per falsa testimonianza resa nel processo depistaggio stesso) e Maria Grazia De Leo. Entrambi, però, hanno preferito non lasciare dichiarazioni.
Diversamente Salvatore Borsellino, intervistato dallo stesso giornale, è stato particolarmente netto sulla nuova pista investigativa: "Sono perplesso e anzi la considero un depistaggio. L’unica certezza che abbiamo è che quella borsa (che conteneva l’agenda rossa) l’ha presa un carabiniere, e mi sembra impensabile che possa averla consegnata a un funzionario di polizia. Sono perplesso sulla tempistica, un po’ strana. E non credo sia casuale che la notizia salti fuori nel momento in cui si cerca di santificare Mario Mori dopo l’assoluzione in Cassazione sulla trattativa Stato-mafia".
Foto di copertina © Imagoeconomica
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