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L'intervento di Salvatore Borsellino al convegno "Strage Borsellino, l'Agenda Rossa e i Mandanti Esterni"

"Non credo di aver vissuto un anniversario peggiore di questo, né un periodo peggiore di questo. Le ultime esternazioni del Ministro della Giustizia Carlo Nordio sono state un colpo gravissimo. Il Guardasigilli, mentre a parole dice di onorare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, nei fatti vuole distruggere il patrimonio di leggi che Paolo e Giovanni ci hanno lasciato per dare alla magistratura le armi necessarie per poter combattere la mafia. Questo attacco al reato di concorso esterno in associazione mafiosa è veramente un attacco alla memoria di Falcone e Borsellino. E se la Meloni scenderà a Palermo per la commemorazione di mio fratello gliene chiederò conto". Sono state queste le parole di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino, durante il suo intervento al convegno organizzato da questo giornale "Strage Borsellino, l'Agenda Rossa e i Mandanti Esterni". "Come può conciliare – ha detto - ciò che a parole dice di essere il suo impegno per cui afferma anche di essere entrato in politica dopo la strage di via D'Amelio, e poi dare spazio e non censurare come dovrebbe un ministro che fa queste affermazioni che sono un vero e proprio attacco sia al patrimonio di leggi che i due magistrati ci hanno lasciato sia all'indipendenza della magistratura. Purtroppo si tratta di una riforma che si va ad aggiungere a quelle precedenti, come quella dell'ex ministra Marta Cartabia. Quella riforma, che sancisce l'improcedibilità, per me è una rinuncia dello Stato ad essere uno Stato di diritto. Di questo si tratta. Lo Stato manifesta la sua impotenza a condurre al termine un processo nei tempi giusti e dovuti e stabilisce l'improcedibilità, non rendendo giustizia né a chi è vittima né a chi è accusato di un reato. Il processo non potrà più essere condotto. Una riforma che stabilisce, inoltre, un doppio binario per la giustizia. Da un lato quella per coloro che possono pagarsi avvocati importanti o testimoni, e che quindi possono procrastinare all'infinito i processi in cui sono imputati, fino ad arrivare alla possibilità di intervenire per morte sopravvenuta, però con i funerali di Stato che rappresentano una vergogna per questo Paese. Funerali di Stato per una persona che era ancora inquisita dalla procura di Firenze per un processo che adesso potrà continuare solo nei confronti del suo sodale, cioè di quel Marcello Dell'Utri che vede la salvezza se verrà veramente cambiato il reato di concorso esterno, cosa che farebbe fermare gran parte dei processi attualmente in corso. È un periodo veramente difficile perché le ultime sentenze hanno mostrato una magistratura giudicante in stato confusionale, che è riuscita a dare in tre gradi di giudizio tre sentenze completamente diverse.
Ci fu un'accelerazione della strage di via D'Amelio per impedire a Paolo di rivelare all'opinione pubblica di quella trattativa che lui sicuramente aveva scoperto. Immaginate cosa sarebbe successo nel '92 quando l'opinione pubblica era indignata per la strage di Capaci, se Paolo avesse rivelato all'opinione pubblica che pezzi dello Stato stavano trattando con gli assassini di Giovanni Falcone. Ci sarebbe stata una guerra civile in Italia. Inoltre si volle impedire a Paolo di andare a Caltanissetta per testimoniare, come chiese, davanti ai giudici nisseni per ciò che aveva scoperto, lui che era il miglior amico di Falcone, lui che fu l'unico ad aver letto i suoi diari nella sua interezza. Aveva chiesto espressamente di poter deporre all'autorità giudiziaria. Sono convinto che questa è la seconda causa accelerante della strage di via D'Amelio, non quel dossier ‘mafia-appalti’ di cui Paolo sicuramente si era occupato ma che non avrebbe giustificato l'accelerazione. E soprattutto non avrebbe giustificato la sottrazione di quell'agenda rossa che portava sempre con sé in quei 57 giorni. Un'agenda sottratta perché senza di essa uccidere Paolo non sarebbe servito a nulla. E il fatto che oggi, a 31 anni di distanza, non ci sia stato un processo specifico per la sparizione di quell'agenda rossa è la dimostrazione che in questo Paese non si vuole né la verità né la giustizia. L'ultima sentenza della magistratura giudicante dice "assolti per non aver commesso il fatto". Quindi non perché il fatto non costituisce reato, ma perché il fatto non è stato commesso. Una sentenza della Cassazione che riporta ai tempi di Corrado Carnevale. Una sentenza tombale. Vengono prescritti anche i reati della controparte mafiosa. Viene sancita in via definitiva la rinuncia dello Stato di accertare giustizia e verità. Il nostro Stato non è, e forse mai stato, uno Stato di diritto. Siamo stati degli illusi a credere che lo Stato potesse processare sé stesso perché il fatto c'è stato. Ci sono state le stragi, il furto dell'agenda rossa, ci sono stati i depistaggi, ma non ci sono i colpevoli. O meglio, i colpevoli ci sono, ma sono dentro alle stesse strutture di questo Stato assassino e depistatore. E quindi sono intoccabili. Non può essere questo lo Stato per cui si è sacrificato mio fratello. E solo per rispetto al suo sacrificio non posso e non devo aggiungere altro. Perché giustizia è fatta, ma è cambiato qualcosa dopo la sentenza della Cassazione sul processo Trattativa Stato-mafia che ha sancito l'autoassoluzione dello Stato-mafia. Dopo questa sentenza si è rafforzata dentro di me quella sensazione che forse mai avrei voluto confessare neanche a me stesso, e che mi ha portato in questi anni a combattere per una giustizia che dentro di me sapevo che non sarebbe mai arrivata. Da oggi non parlerò più di trattativa, perché non si è trattato di trattativa, ma di complicità tra la mafia e lo Stato. E mi sembra inutile oggi aggiungere l'aggettivo ‘deviato’. Mafia e Stato che nel progettare le stragi hanno agito di concerto, da complici quali sono sempre stati, a partire da Portella della Ginestra. Fino a quel definitivo: ‘Grazie a loro ci hanno messo il paese nelle mani’. In questi giorni, con questa sentenza di Cassazione c'è stato il sigillo definitivo a questo patto di sangue. Non ci sono colpevoli, perché è lo Stato stesso ad essere colpevole, quello che dovrebbe amministrare la giustizia. Lo Stato si autoassolve ed assolve anche i suoi complici. Se questa è giustizia allora giustizia è fatta".

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