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Il capo della Dda di Catanzaro risponde sulle misure in tema giustizia del governo Meloni: “Mi aspettavo cambiamenti radicali della riforma Cartabia”

Sono onorato. Si tratta di una realtà complessa. Il mio impegno è quello di dare il massimo per proseguire il percorso fatto dai miei predecessori e di valorizzare al meglio tutte le professionalità e le risorse presenti”. A dirlo, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano, è il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri commentando la sua recente nomina a procuratore della Repubblica di Napoli.

Dopo trent’anni e oltre di servizio in magistratura nella sua Calabria, ora il capo della Dda di Catanzaro si trasferirà in Campania a dirigere la procura più grande d’Italia, posto prima ricoperto da Giovanni Melillo, ora Procuratore Nazionale Antimafia.

Il metodo di lavoro e gli strumenti investigativi sono gli stessi”, ha spiegato Gratteri confrontando la sua esperienza con la nuova sfida in toga. “Ovviamente ciascuna organizzazione ha le sue peculiarità. Normalmente, quando si cambia Ufficio, occorre colmare un fisiologico deficit di conoscenza sul territorio in cui si arriva. Metterò a disposizione la mia esperienza maturata in altri contesti, confrontandomi con quella dei colleghi”. E rispetto alle paranze dei giovani, alle baby gang presenti nel capoluogo campano. Secondo Gratteri “non basta la repressione. La criminalità giovanile si previene, o comunque si contiene, con la presenza dello Stato in tutti i settori della società. I ragazzi devono avere modelli di riferimento alternativi, che solo l’impegno della scuola può fornire. Bisogna educare sin dall’inizio al senso civico. E anche le famiglie, soprattutto quelle in difficoltà, devono avere il sostegno delle istituzioni. Per questo cerco di dedicare tempo agli incontri nelle scuole, spiegando ai ragazzi che delinquere non conviene”.

E sulle accuse di essere un magistrato-sceriffo, il procuratore ha risposto: “Non ho mai capito cosa vuol dire. Ho sempre lavorato con il codice in mano, se non ci sono le condizioni per arrestare o processare, sono il primo a fermarmi. Ciò che non tollero è non indagare o fare distinguo, per ragioni metagiuridiche. Tutti sono uguali di fronte alla legge. Se ci sono le prove si procede, altrimenti no”. E sulle accuse di cercare visibilità con operazioni-show Gratteri ha ribattuto: “Rispondo con le sentenze. Le cosiddette operazioni show, approdate a giudizio, stanno ottenendo conferme in primo grado, appello e Cassazione. Chi mi accusa di fare indagini che finiscono nel nulla, cita sempre le stesse due o tre. Come se avessi fatto solo queste”.

Dopodiché Gratteri ha risposto in merito alle misure antimafia intraprese dall’attuale governo Meloni.

Se non si fanno riforme serie per velocizzare i processi e per dare certezza della pena, le cosiddette ‘svolte securitarie’ rimangono sulla carta”, ha affermato in merito alle contromisure impiegate dal governo dopo lo scandalo sessuale di Caivano e le “stese” dei quartieri del napoletano.

Sull’abuso d’ufficio Gratteri è categorico: è sbagliato abolire il reato. “Andremmo contro le indicazioni dell’Europa. E poi resterebbero irragionevolmente impunite condotte riprovevoli e non riconducibili al reato di corruzione. Se un tecnico comunale rilascia un permesso di costruire illegittimo al fratello, ovviamente senza farsi pagare, perché dovrebbe essere impunito? Perché un pubblico ufficiale che fa vincere un concorso a un conoscente dovrebbe essere esente da colpe? Gli esempi sono infiniti”.

Lo stesso vale per le intercettazioni, non vanno cancellate.

La criminalità si sta evolvendo e noi andiamo indietro. Gli altri Stati stanno investendo per ‘bucare’ le piattaforme telematiche con cui le mafie comunicano, e noi dovremmo tornare all’investigatore con la lente d’ingrandimento?”. Al massimo, Gratteri, in tema intercettazioni è d’accordo “sul fatto che le misure cautelari e le informative di reato debbano contenere solo i dati rilevanti e che si faccia attenzione a non coinvolgere terze persone. Ciò posto, se si adottano queste doverose accortezze, le intercettazioni, come tutti gli atti non più coperti da segreto, devono poter essere pubblicate, per consentire una informazione precisa e soprattutto esatta”. E sulla riforma della Giustizia promossa dal ministro Carlo Nordio ha commentato: “Mi aspettavo cambiamenti radicali della riforma Cartabia, visto che gli esponenti di FdI più volte avevano precisato, in campagna elettorale, di non aver votato e sostenuto questa riforma che sta creando solo problemi e una malagiustizia a tutti i livelli. Già i primi dati dimostrano che non solo i processi non si sono velocizzati, ma molti tribunali sono in sofferenza e non certo per colpa dei magistrati, ma perché mancano le risorse necessarie. E questo accade in tutti i settori. Come si può pensare di avere processi telematici se i sistemi ogni due giorni si bloccano?”. Infine Gratteri ha ribadito la propria contrarietà alla divisione delle carriere, altra campagna, questa, promossa dal ministro Nordio.

Il cambio di funzione arricchisce professionalmente il magistrato e non fa perdere al pubblico ministero la cultura della giurisdizione. Si criticano spesso i pubblici ministeri di non acquisire le prove in favore della difesa. Si pensa che con questa riforma le cose miglioreranno? La verità è che la separazione delle carriere è l’anticamera della sottoposizione del pm all’esecutivo”, ha concluso.

Foto © Deb Photo

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