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La storia di Falcone raccontata a Tg2 Dossier "Dopo 30 anni"

Ancora qualche giorno e sarà il 23 maggio. A quasi trent'anni di distanza dalle stragi del 1992, quelle di Capaci e di via d'Amelio, non è ormai più ammissibile ritenere che quei delitti siano stati frutto della sola mente perversa di Totò Riina e dei suoi sodali. Non è più ammissibile affermare che dietro a quelle stragi vi fosse solo l'interesse di Cosa nostra.
Le prove acquisite, i processi, le inchieste, le testimonianze, i frammenti di verità fin qui ottenuti grazie all'impegno di abili ed indomiti magistrati ed investigatori che hanno raccolto il loro testimone nella lotta al Sistema criminale, fanno emergere in maniera chiara ed evidente che vi furono mandanti esterni dietro le stragi.
Quei terrificanti minuti, quei giorni e gli anni precedenti della vita di Giovanni Falcone sono stati mostrati ieri a Tg2 Dossier. "Dopo 30 anni" è il titolo della trasmissione andata in onda su Rai 2, tre decenni dopo massacro dell'autostrada. Lunga la lista delle persone intervistate: da Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato da Cosa Nostra a Salvo Andò, ex ministro della Difesa. Da Alfredo Morvillo, ex procuratore di Trapani e fratello di Francesca, anche lei magistrata e moglie di Falcone, alla scrittrice Marcelle Padovani che ha scritto "Cose di Cosa nostra". E ancora: la testimonianza piena di dolore di Angelo Corbo, uno dei sopravvissuti dell'attentato. La perseveranza di Tina Montinaro vedova di Antonio, caposcorta di Falcone. Le dichiarazioni di Gaspare Mutolo, collaboratore di giustizia.
E, infine, quelle dell'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato e del professore emerito di diritto penale all'Università di Palermo, Giovanni Fiandaca.
Cosa è cambiato dopo trent'anni? E chi ha voluto morto Falcone?
"La mafia sicuramente voleva uccidere Giovanni" ha detto Maria Falcone, ma sullo sfondo di quella strage c'era, e c'è, "una convergenza di interessi": "Un pensiero va alla grande finanza e alla politica contaminata".
Un intero sistema si era mosso per assassinare quel magistrato: negli "anni c'era stata una diminuzione anche della forza difensiva della sua personalità" ha detto Angelo Corbo. Nel mentre c'erano state le delegittimazioni, l'isolamento, i 'veleni' degli 'amici', il tritolo dei nemici e infine i depistaggi. La verità doveva essere nascosta ad ogni costo.
"Una verità - ha detto Roberto Scarpinato - che andava al di là del livello militare. Altrimenti perché far sparire l'agenda rossa? Altrimenti perché creare falsi collaboratori? Per nascondere l'identità dei mandanti esterni. Falcone e Borsellino non sono stati uccisi soltanto da Riina e Provenzano. Loro sono stati i macellai. Dietro ci sono state 'menti raffinatissime'". "Un potente sistema criminale che ha utilizzato Riina e Provenzano come braccio armato ma aveva un progetto politico molto ampio" ha concluso.

L'eredità di Falcone
L'eredità di Falcone, secondo la sorella del magistrato ucciso, è stata raccontata dagli italiani, ma "solo in parte", come ha detto poi Giovanni Impastato, fratello di Peppino. "Il movimento antimafia piano piano si è un po' indebolito", ha continuato. E infatti gli effetti sono ormai visibili. "Oggi ci andiamo a cercare persone notoriamente vicine ad ambienti mafiosi. Perché? Per il miraggio del potere, per il miraggio della carica politica, per il miraggio di andare a comandare", ha detto Alfredo Morvillo senza fare nomi. In questi gironi infatti nelle cronache siciliane, emerge che, in vista delle elezioni comunali e regionali, si sono impegnati a tessere relazioni e trattative Marcello Dell'Utri e l'ex presidente della Regione Totò Cuffaro.
Il primo condannato in via definitiva per concorso esterno a cosa nostra (pena scontata) e il secondo invece - Cuffaro - per favoreggiamento a Cosa nostra.
E mentre i movimenti e l'attenzione verso il fenomeno mafioso calano, la mafia continua a crescere in silenzio.
"Trent'anni fa la mafia spadroneggiava a Palermo oggi si devono nascondere - ha detto Scarpinato - Ciò nonostante ci sono. Hanno capito che la violenza non paga. Anzi la violenza ti fa finire sui media" e "quindi oggi hanno un rapporto diverso con la città: ti vendono la droga, ti vendono il gioco d'azzardo, continuano a fare l'estorsioni e gli imprenditori salvo rare eccezioni non denunciano. Questo perché sanno che non sono i processi che possono cambiare la realtà, ma è la politica: finché ci saranno quartieri poveri e degradati che offrono manovalanza continua per la mafia non riusciremo a uscirne fuori da questa storia".
Una storia che va avanti ormai da tempo, troppo tempo.

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