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L’intuizione, la determinazione, il sogno di Pio La Torre, nonostante tante difficoltà e problemi, a quarant’anni dalla sua uccisione si sta finalmente realizzando. L’esempio italiano di confisca dei beni alle mafie ha persino varcato i confini italiani”. Così Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, in occasione dell’evento intitolato “Il valore etico e culturale del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie” svoltosi lo scorso 28 aprile a Cinisi, presso Casa Felicia. Un incontro volto ad approfondire una vicenda spinosa come quella sui beni confiscati alla mafia a partire dal valore storico avuto dalla legge 646/1982, detta “Rognoni-La Torre”.

In questo 40° anniversario l’intuizione di Pio La Torre deve essere sottolineata - ha detto Don Ciotti ai nostri microfoni -. D’altra parte, però, ci sono ancora molti limiti e difficoltà. L’agenzia si sta allargando perché ha bisogno di più professionalità e competenze. Sono stati fatti passi notevoli in avanti ma credo che serva ancora uno scatto in più. Ci sono ancora delle lacune e dei ritardi”. La politica, ha sottolineato con fermezza, “è chiamata a fare la propria parte e noi cittadini dobbiamo essere disposti a collaborare con le istituzioni se fanno le cose bene, e allo stesso tempo essere una spina nel fianco e chiedere conto se c’è troppa burocrazia, troppi ritardi e troppe tasse”. Serve “una memoria viva, che si traduca tutti i giorni in responsabilità e impegno”, c’è bisogno di “assunzione di responsabilità da parte di tutti”. “Sono troppi cittadini a intermittenza - ha continuato il fondatore di Libera -. Abbiamo bisogno di cittadini più attenti e responsabili. Ancora una volta dal basso è necessario più movimento. Non bastano i cortei e le cerimonie che hanno un loro significato. C’è bisogno di un impegno costante, una lotta costante perché nel Paese oggi vi è un dato inquietante: rispetto a questi temi tutte le ricerche ci hanno consegnato la normalizzazione. Le mafie, la corruzione, il problema della droga. C’è la normalizzazione di questi temi. E credo che molte delle iniziative, dei percorsi e delle realtà che abbiamo realizzato in questi anni non reggono più l’urto del tempo. È necessario fermarci, riflettere e interrogarci su cosa è necessario fare in più oggi”.

Teme la retorica delle commemorazioni e delle celebrazioni Don Ciotti. Un pericolo che va evitato soprattutto “per rispetto di tutte quelle vittime innocenti e di tutti coloro che in questi anni si sono spesi”. E poi il suo pensiero va a Rita Atria, “una giovane che si era ribellata alla famiglia mafiosa e aveva trovato un altro papà in Paolo Borsellino, il quale aveva colto la sua testimonianza e l’aveva accolta come una figlia”. Don Ciotti ha anche voluto ricordare gli sfregi subiti una volta sepolta la bara. “Oggi noi la vogliamo ricordare perché altrimenti ricordiamo solo alcuni e ci dimentichiamo di altri che, come lei, hanno pagato con il sacrificio della loro vita un prezzo immane”, ha concluso il fondatore di Libera.

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