Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Nella giornata di ieri, a Palermo, ha avuto luogo un incontro dal titolo “Nunca mas” (trad. “Mai più”), in occasione del 48° anniversario della “Giornata della memoria per la verità e la giustizia” che segna il colpo di Stato argentino che, la notte del 24 marzo 1976, portò al governo il generale Jorge Rafael Videla.
Una strategia che rientrava all’interno del cosiddetto “Plan Condor”, un piano segreto orchestrato dagli Stati Uniti tramite la Cia il cui obiettivo era quello di sventare la “minaccia” comunista in Latinoamerica. Per fare ciò Washington realizzò operazioni clandestine di sabotaggio, finanziò e addestrò militari dei paesi del “Condor” (Cile, Bolivia, Perù, Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile) e coordinò, da dietro le quinte, i colpi di Stato e le dittature dei gerarchi. Regimi in cui oppositori politici, intellettuali, studenti, gente comune che non sottostava alla dittatura venivano rapiti, torturati e uccisi. Dando vita ai cosiddetti “desaparecidos”: persone scomparse per sempre dopo essere state rapite dai gendarmi.
Di tutto questo si è parlato ieri all'EPYC di Palermo accompagnando momenti di riflessione con un pranzo sociale con piatti tipici argentini, musica con canzoni censurate durante la dittatura, folklore e tango argentino a cura di Sebanico Torres e Joaquin Farizano e una lezione di tango di Marzia Marceau.





Durante il dibattito, invece, avuto con il Prof. Alberto Todaro, che si è occupato a lungo delle ricerche sugli scomparsi – anche siciliani – nella dittatura argentina; Karim El Sadi, redattore di ANTIMAFIADuemila, che ha raccontato della presenza di 4 torturatori (un uruguaiano e tre argentini) che hanno avuto asilo in Italia nonostante i mandati di cattura internazionale. Tra questi l’ex colonnello Carlos Luis Malatto, latitante in Sicilia, a Porto Rosa. Infine, il collegamento con Buenos Aires dove il giornalista Matias Guffanti di Our Voice dalla manifestazione de “Las Madres de Plaza de Mayo” ha raccontato i preparativi del corteo che di lì a poco avrebbe visto sfilare un serpentone di 400mila persone per chiedere verità e giustizia sugli oltre 30mila desaparecidos argentini.
Sapere che da Palermo in questo momento la comunità argentina si riunisce per fare memoria mi emoziona moltissimo - ha detto Matias Guffanti collegato telefonicamente -. È importante continuare a fare memoria. E anche manifestare. Oggi migliaia di persone denunceranno anche il governo in carica (di Javier Milei, ndr) per le sue politiche negazioniste che cercano di cancellare i fatti del passato e quindi la nostra storia”.
L’Argentina nel tempo ha avviato un percorso di verità e giustizia per le vittime della dittatura e oggi sono oltre mille gli imputati condannati per i crimini compiuti durante il regime. Fra questi compare anche Malatto. In Argentina è ritenuto uno dei più terribili gerarchi della dittatura. Responsabile, tra le altre cose, di decine degli oltre 30mila desaparecidos.


nunca mas 01 pb


Secondo i magistrati argentini, fu uno dei gerarchi ed alti ufficiali inseriti nel ‘Piano Condor’ - ha raccontato Karim El Sadi -. Per il tribunale federale di San Juan l'ex tenente ha dato il suo contributo al golpe del 24 marzo 1976, ‘partecipando attivamente a diverse procedure di detenzione ed è uno dei più indicati dalle vittime per la partecipazione a interrogatori sotto tortura’. Questo è scritto nero su bianco nella sentenza del 3 settembre 2013 della cosiddetta ‘Megacausa de San Juan’. Una sentenza piena di testimonianze dei sopravvissuti ai centri clandestini sui sequestri, sugli incappucciamenti e le sevizie, dalle finte fucilazioni alle scariche elettriche sui testicoli. Quella sentenza ha condannato i commilitoni di Malatto del RIM22, ma non ha partorito alcun provvedimento nei suoi confronti nonostante nel verdetto, confermato tre anni dopo in ultimo grado di giudizio, il suo nome venisse citato 283 volte”.
Questo perché Malatto nel 2011, nel momento in cui era indagato dal Tribunale di San Juan si diede alla fuga, all’estero, scappando prima in Cile poi qui in Italia. “E la legge argentina non prevede processi in contumacia, cioè processi in assenza dell’imputato - ha aggiunto El Sadi -. In questi 12 anni sui fatti di San Juan Malatto non è mai stato condannato, nonostante venisse citato centinaia di volte”. Malatto grazie alle sue origini abruzzesi in poco tempo ha ottenuto la cittadinanza italiana.


todaro alberto pb

Alberto Todaro


Giunto in Italia Malatto si trasferirà prima in una parrocchia di Genova, poi in un paesino in provincia di Enna. E infine, nel 2018, a Furnari, paesino in provincia di Messina. Qui in Sicilia - ha continuato il giornalista di ANTIMAFIADuemila -. Più precisamente a ‘Porto Rosa’, un resort privato, dove vive tuttora, con una sicurezza privata e una polizia privata, e dove da anni l’ex torturatore si gode indisturbato la sua pensione, con passeggiate al mare e in barca. In questa località si erano nascosti i capi mafia Nitto Santapaola e Bernardo Provenzano e quindi luogo presumibilmente coperto dai servizi segreti”.
Nel 2012 l’Interpol emana un mandato di cattura internazionale con l’accusa di privazione illegale della libertà, associazione a delinquere, torture, sparizioni e omicidio aggravato. L’Argentina avvia una richiesta di estradizione alle autorità italiane. Faranno seguito altri due mandati di cattura internazionale. 


nunca mas pub 05


Eppure, nessuna richiesta di estradizione ha raggiunto il suo obiettivo. “Nel frattempo, nell’ultimo anno all'attenzione dei magistrati sono finite centinaia di documenti dall'Argentina e un’integrazione di denuncia di 10mila pagine con cui si chiedeva di indagare su altri trenta casi avvenuti sempre a San Juan in Argentina dove le operazioni erano coordinate da Malatto. Delle 30 'nuove' vittime, 7 furono uccise e di 23 si sono perse le tracce. E le indagini avviate dalla procura di Roma nei suoi confronti sono state chiuse a settembre scorso. Il processo inizierà a Roma il prossimo 22 aprile, Malatto deve rispondere di otto omicidi compiuti durante la dittatura”, ha concluso Karim El Sadi dedicando il suo intervento alla memoria di Mariano Biltes, figlio di ex desaparecido, che lottava per assicurare Malatto alla giustizia ma è morto prima di riuscire nel suo intento.

Foto © Paolo Bassani

ARTICOLI CORRELATI

Muore Mariano Biltes, figlio di ex desaparecido, lottava per assicurare Malatto alla giustizia

''Plan Condor'': gli Stati Uniti declassificano documenti sul golpe di Pinochet

Lodato: ''Il governo lascia Ilaria Salis in catene e si tiene i torturatori argentini''

Il ministro fascista Nordio appoggia i repressori sudamericani

I tiranni, torturatori e assassini che pretendono di andare in Paradiso

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos