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Viveva a Milazzo, a pochi chilometri dal resort dove l’ex tenente colonnello che fece sequestrare e torturare il padre si rifugia tuttora dalla giustizia argentina

E’ morto Mariano Biltes, italo-argentino di 42 anni. Una notizia che scuote sia la comunità di Milazzo dove abitava, che la comunità argentina in Italia. Mariano era padre di tre figli. Era un imprenditore di successo, già vice presidente dell’ANIB, Associazione Nazionale Italiana Bingo e poi direttore della sala slot e scommesse del Bingo del paese in provincia di Messina. Ma soprattutto era figlio di un ex desaparecido argentino. Il padre, infatti, Jorge Biltes, venne sequestrato nel marzo 1976 nel cuore della notte nella sua abitazione a San Juan insieme ai fratelli e al nonno, al tempo figura mediatica influente nella regione. Vennero tutti torturati dal plotone del RIM22 e poi rilasciati il giorno dopo. Tutti, tranne Jorge che subì torture di ogni tipo per ben 18 giorni prima di venire liberato. Dai pestaggi, alle scariche elettriche sulle gambe, alla simulazione di impiccagione e fucilazione. Tra i capi di quel plotone c’era il tenente Carlos Luis Malatto, su cui pende un mandato di cattura dell’Interpol per crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura di Videla. Malatto è uno dei quattro repressori latinoamericani rifugiatisi in Italia per scappare dalla giustizia dei loro paesi. La Repubblica Argentina lo accusa da anni di decine di omicidi, episodi di tortura e sequestri. Tutti i suoi crimini sono per lo più riportati nelle carte della cosiddetta “Megacausa de San Juan” dove il suo nome viene citato 283 volte e dove, però, Malatto non è stato mai rinviato a giudizio né condannato perché il sistema giudiziario argentino non prevede processi in contumacia. Infatti, il militare astutamente scappò in Sicilia nel 2011, precisamente a Porto Rosa, un resort privato in provincia di Messina, dove tuttora si gode indisturbato la pensione. Destino ha voluto che Mariano Biltes si trasferisse in Italia nel 2001, prima a Palermo per poi spostarsi proprio nel messinese. A Milazzo, che dista dieci minuti di macchina dal resort che ospita il gerarca argentino latitante. Una storia che ha dell’incredibile. Nel frattempo la madre Patricia Cejpek aveva scoperto che l’uomo al comando di quel rastrellamento era Carlos Luis Malatto. E solo per caso, diversi anni dopo il suo arrivo in Italia, Mariano venne a sapere di abitare a pochi chilometri dal torturatore del padre.





Questa storia se non fosse tragica sarebbe comica”, disse alle telecamere del movimento Our Voice in quella che può considerarsi la sua ultima intervista. Mariano ha lottato per anni per ottenere verità e giustizia. Era un uomo solare, estroverso, determinato. La sua forza di volontà per conquistare quella giustizia che la famiglia rivendica da quasi oltre 40 anni è stata tale da averlo spinto a stanare Malatto nel suo resort, davanti il suo appartamento, accompagnato dalla troupe di “Spotlight”. Mariano ebbe il coraggio di affrontare faccia a faccia il tenente che fece sequestrare e torturare suo padre. “Tutto il suo plotone è stato condannato, lei perché scappa?”, gli aveva chiesto mentre, inseguito dalle telecamere di “Spotlight”, l’ex tenente cercava di salire sulla sua Panda bianca per dileguarsi. “Mi deve dare una risposta!. Torni in Argentina e si faccia processare”, gli aveva gridato con tutta la rabbia in corpo. Il militare scappò, come del resto fa da dodici anni, chiamando la sicurezza del resort che fece allontanare Mariano. Ma la sua determinazione non è mai cessata, così come quella della madre Patricia, che nel frattempo alcuni anni fa, raggiunse il figlio per godersi i nipoti. Al movimento Our Voice, che a marzo scorso andò a Milazzo per intervistare i Biltes e fare un flash-mob di denuncia davanti casa Malatto, Patricia ribadì che l’ex tenente colonnello “deve pagare per ciò che fece, non può restare libero”. La sua però, non è sete di vendetta. “E’ sete di memoria per chi non c'è più, è sete di giustizia per i 30mila che non sono più tornati”. “Furono 30mila i desaparecidos, non dimenticatevi, non dimentichiamoci”, aveva aggiunto mentre a Mariano, intervistato insieme a lei, scendevano le lacrime dal viso. “Questi signori come Malatto devono spiegare quello che fecero, devono spiegare dove si trovano quelli che non sono mai tornati”, ha detto riferendosi ai desaparecidos. “Questi signori non possono morire tranquilli”. Al momento su Malatto pende una richiesta di estradizione della Repubblica Argentina su cui hanno sollecitato risposte al governo i deputati Fabio Porta e Lia Quartapelle Procopio con un’interrogazione presentata al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro dell'interno. Ma l’ipotesi più plausibile è che Malatto verrà processato in Italia. La Procura di Roma due anni fa ha avviato un'inchiesta, che nel frattempo è stata approfondita con nuove carte e nuove testimonianze, sull'ex tenente colonnello argentino, in relazione a una serie di crimini che gli vengono attribuiti tra cui la morte di una trentina di persone, scomparse e uccise nell'ambito del “Piano Condor”. Mariano credeva fortemente nella giustizia e nella magistratura. Sperava di vedere un giorno Carlos Luis Malatto dietro le sbarre, in Italia o in Argentina ma il destino non l’ha voluto. La redazione di ANTIMAFIADuemila si stringe attorno alla famiglia Biltes, ai colleghi e agli amici. La veglia funebre avrà luogo oggi presso il Bingo di via Acqueviole dalle 11 alle 17 per porgergli l’ultimo saluto.

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