Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 13-04-2024.
Due anni. E' il tempo trascorso da quando Letizia Battaglia, donna, madre, nonna, artista rivoluzionaria, fotografa, politica, dissidente si è spenta nella sua Palermo.
Il suo costante essere fuori dagli schemi, le sue parole, i suoi sorrisi, le sue riflessioni piene delle passioni di chi ha assaporato gioie e dolori, come i suoi scatti, rimangono scolpiti nella nostra memoria.
Abbiamo avuto la fortuna di conoscerla. Di essere compagni di cammino e di lotta. Di essere amici.
Vucciria (Palermo), Piazza del Garraffello.
Letizia Battaglia insieme ad alcuni componenti della redazione.
Da sinistra: Emanuele Di Stefano, Aaron Pettinari e Marco Cappella © S. F.
Quest'anno, per onorarla e ringraziarla di ogni attimo che ci ha dedicato, vogliamo ricordare una giornata speciale dell'estate 2007. Erano i giorni prossimi alle commemorazioni di via d'Amelio e come sempre la redazione tutta scendeva a Palermo dalle Marche, dove avevamo la nostra sede principale. I tempi tra eventi, manifestazioni e il nostro convegno che all'epoca si celebrava alla facoltà di Giurisprudenza, erano stretti, ma non si poteva rinunciare alla disponibilità straordinaria che Letizia ci aveva dato. Era un'immensa opportunità. E ricordo che il nostro direttore, Giorgio Bongiovanni, assieme a Lorenzo Baldo ed Anna Petrozzi, spinse affinché soprattutto noi più giovani cogliessimo quel dono inaspettato.
L'occasione per conoscere la città con gli occhi di Letizia. L'appuntamento era a Piazza San Domenico. Senza perdere troppo tempo ci eravamo subito immersi nel caratteristico mercato della Vucciria, al tempo ancora vivo e non luogo della movida notturna. Ho bene in mente i suoi consigli a noi, giovani aspiranti cronisti e fotografi, per cogliere ogni sfumatura e dettaglio.
Qualche parola scambiata con qualche commerciante. Un'altra con il venditore di "pane e panelle". Ovunque posavi lo sguardo osservavi vita semplice. E poi giù, via dopo via, fino alla Piazza del Garraffello. Forse era stanca o voleva semplicemente approfittare di un attimo per fumare l'immancabile sigaretta. Così ci siamo seduti per qualche minuto.
Per quei luoghi si era fortemente spesa quando era assessore alla Vivibilità (negli anni Ottanta nei Verdi, con la giunta Orlando, ndr).
"Per me Palermo non sono i palazzoni nuovi, è il centro storico" ci diceva.
Così aveva iniziato a raccontarci la storia di quei posti, quelle che furono le sue battaglie per opporsi al degrado.
Letizia cercava sempre la bellezza. La cercava nei luoghi, nei volti, nelle conversazioni.
E in quegli attimi era riuscita a trasmetterci tutto l'amore che provava per Palermo.
Andando oltre a quelle pagine dolorose che aveva vissuto nel corso degli anni.
Letizia negli uffici della sede marchigiana di ANTIMAFIADuemila insieme al vicedirettore, Lorenzo Baldo © ACFB
“Ho sognato spesso di bruciare i miei negativi della cronaca degli anni '70, '80 e un po’ dei '90. Per disgusto, forse per disperazione. Per annullare dalla mia vista lo schifo che aveva vissuto Palermo. - ha detto pochi anni fa presentando la mostra "Gli Invincibili" - Un giorno del 2004 mentre stavo guardando con rabbia e tristezza una grande foto di una madre e tre figli poveri, coricati a letto perennemente per il freddo e per la fame, mi venne come un guizzo. Io queste foto, quelle che girano per il mondo, potevo distruggerle. Cioè potevo farle diventare altro: una vita, un corpo nudo, un sorriso mescolato alla foto di cronaca. Così dal 2004 sono nate le ‘Rielaborazioni’. Rielaborando le mie foto di cronaca nera in modo diverso. Ancora oggi le uso come fondali di altre foto, non più protagoniste".
Anche quello, evidentemente, era un modo per guardare avanti.
Da sinistra: Aaron Pettinari, Maria Loi, Silvia Cordella,
Emanuele Di Stefano e Letizia Battaglia
Ma torniamo a quella giornata. Ovviamente, parlammo anche del suo ricordo di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, Ninni Cassarà ed i tanti martiri che lungo il percorso aveva conosciuto. Ma erano parole fugaci. Perché in quei ricordi c'erano anche ferite che si riaprivano. Ho ancora impresso il suo straziante dolore quando ci ha portati in via Notarbartolo, non davanti all'Albero Falcone, dove comunque andammo, ma vicini alla lapide che ricorda Calogero Zucchetto, ucciso nel 1982. Due parole con l'edicolante, il racconto che si fa sempre più serio quando ricorda la disperazione dei giovani poliziotti che sbattevano i pugni sulle volanti vedendo la fine tragica che aveva fatto il giovane collega.
La redazione ospite a casa di Letizia in uno scatto di Shobha, figlia della fotografa palermitana
E' in quel momento che la voce di Letizia si ruppe. "Basta, per oggi. Ritorniamo a casa". La soglia del dolore era stata abbondantemente superata.
Dopo allora ci furono ovviamente altre occasioni di incontro. L'impegno nella ricerca della verità e della giustizia non si era certo fermato lì. La sua era una presenza costante. Nei convegni, ma anche nel sostegno ai magistrati che quotidianamente si impegnavano nel lavoro, mettendo a rischio la propria vita.
Letizia Battaglia in aula bunker del carcere Pagliarelli in attesa della sentenza di primo grado del processo "Trattativa Stato-Mafia" © ACFB
E ricordo perfettamente la sua grande forza, poi divenuta gioia, nel giorno della sentenza di primo grado del processo trattativa Stato-mafia. Quella data in qualche maniera era divenuta il simbolo di un cambiamento possibile. Di una nuova Primavera. L'esito del processo lo conosciamo così come il colpo di spugna che la Cassazione ha dato, al di là delle assoluzioni, cancellando i fatti. Chissà come avrebbe reagito Letizia a questa ennesima indecenza. Chissà cosa direbbe oggi di fronte a questo mondo in guerra. Forse avrebbe ripetuto quelle stesse parole che disse a Lorenzo, il nostro vice direttore: "Andiamo avanti, continuiamo a lottare e vediamo che succede, giorno per giorno...".
Palermo, Scorta civica a sostegno dei giudici della procura palermitana.
Tra gli altri, il direttore Giorgio Bongiovanni insieme a Letizia
Foto di copertina © Franco Zecchin
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