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Il fondatore di Libera al Salone del libro: “Mafia è resilienza, non c’è mafioso che dice di non essere contro la mafia”

"Oggi, nel nostro Paese, la vera differenza la fa l'indifferenza. Siamo passati dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato. Grazie al fatto che c'è meno sangue e meno stragi, nella testa delle persone, quello delle mafie è diventato solo uno dei tanti problemi". Così, profondo e onesto come sempre, Don Luigi Ciotti ha parlato ai microfoni del quotidiano “La Stampa” durante il Salone del libro di Torino, incontro che ha visto anche la presentazione del suo ultimo libro: "C'è bisogno di te. Per costruire un mondo più bello e più giusto" (Piemme), scritto insieme a Stefano Garzaro. Il fondatore di Libera non ha usato mezzi termini per descrivere l’evoluzione retrograde di una società che “sta pagando il prezzo di una malattia terribile che si è sviluppata nel nostro Paese: i neutrali”. Un dato che trova conferma anche “nelle persone rassegnate e stanche di una politica che non rispetta le sue promesse - ha ribadito Don Ciotti-. Tant’è vero che gran parte di queste non vanno nemmeno a votare”. Nel Paese che “noi amiamo - ha ricordato - ci sono 6 milioni di poveri assoluti, 9 relativi e siamo all’ultimo posto in Europa per la povertà educativa, dispersione scolastica e precariato dei giovani”. Don Ciotti ha proseguito il suo intervento ricordando il codice di sopravvivenza dei mafiosi: la resilienza. “Poche righe sono apparse sui giornali” per raccontare le operazioni antindrangheta che recentemente hanno assicurato alla giustizia centinaia di mafiosi sparsi nel mondo; “gratitudine per tutto questo lavoro - ha sottolineato Don Ciotti -, ma pensare che tocchi sempre ai magistrati e alle forze di polizia, escludendo risposte come lavoro, cultura, politiche ambientali e molto altro, significa occuparsi dei sintomi senza estirpare la radice del problema”. E ancora: “Non c’è mafioso che dice di non essere contro la mafia. La parola antimafia è stata spesso esibita come un lasciapassare che ha messo in secondo piano la vera lotta, quella per la vita e la dignità. Dopo 150 anni di mafia e disuguaglianza, il nostro Paese, non è ancora del tutto libero”. Dello stesso parere anche il regista Pif, presente al fianco di Don Ciotti durante l’intervista con “La Stampa”. “Il termine antimafia può essere un’etichetta molto pericolosa: il ‘regista antimafia’, il ‘prete antimafia’ e via discorrendo, ma dovremmo essere tutti ‘antimafia’. Quando vado alle manifestazioni trovo sempre le stesse facce - ha osservato Pif -.Mentre il mafioso è coerente con il suo ‘lavoro’, al mio vicino di casa non gliene frega niente. Ecco, questo è il problema”. Alle parole del regista palermitano, seguono incalzanti quelle di Don Ciotti: “Se la politica non agisce contro le disuguaglianze e le ingiustizie, a sua volta, diventa una politica criminogena perché favorisce vuoti che vengono riempiti da altri.” - prosegue - “Noi abbiamo avuto delle leggi che hanno sempre fatto dei compromessi. Per fare un esempio, ricordo a tutti il sistema della prescrizione - ha precisato Don Ciotti - che non consente di poter arrivare fino in fondo, avvantaggiando chi cerca di guadagnare tempo” davanti ai processi. Don Luigi Ciotti ha ricordato anche latitanza di Matteo Messina Denaro come “responsabilità e fallimento dello Stato verso i latitanti”. “Il capo della squadra mobile di Trapani, Giuseppe Linares, stava per catturare Messina Denaro ma è stato ‘cacciato’ - ha sottolineato Don Ciotti ricordando la promozione di Linares a dirigente della divisione anticrimine -. Sorte analoga anche al prefetto Fulvio Sodano, ma in carcere c’è solo l'ex senatore di Forza Italia, Antonio D'Alì. Ricordiamo che D’Alì non ha agito da solo, con lui c’erano anche altre persone che oggi ricoprono ruoli importanti”. Infine, ricordando che la mafia si nutre anche di “massoneria deviata”, il fondatore Libera ha invitato a leggere il suo ultimo libro: “‘C'è bisogno di te’: un dialogo fatto di storie vere che parla ai nostri ragazzi - ha spiegato -. Attraverso la conoscenza dei problemi nasce la consapevolezza e la responsabilità di chi sceglie da che parte stare”.

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