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Morto per aver denunciato alla magistratura diverse irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti ed essere riuscito ad ottenere l’annullamento della gara.
Questa, in sintesi, è la storia dell'omicidio dell'imprenditore salernitano Gennaro Musella ucciso in quel 3 maggio 1982 con una bomba installata sulla sua Mercedes alle 8 e mezzo del mattino, a soli due giorni dall'assassinio di Pio La Torre e tre mesi esatti prima di quello del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. L'auto si accartocciò su se stessa, volando in aria per poi tornare al suolo. Sull'asfalto si formo una voragine che ancora oggi, quando piove molto, riaffiora. Musella, padre di quattro figli, portò tutta la famiglia a Reggio, coltivando progetti di sviluppo della sua impresa che avrebbero fatto il bene della Calabria. La sua ditta si stimò che fosse la seconda impresa di edilizia marittima del sud. L'attentato, secondo quanto emerse dalle indagini, segnò l'alleanza tra la mafia catanese e la 'Ndrangheta: un rapporto dei carabinieri indicò che vi era di mezzo una delle più potenti famiglie di 'Ndrangheta, i De Stefano, che scalpitava per fare un favore al boss catanese Nitto Santapaola e all'imprenditoria siciliana legata a Cosa Nostra.
Nello specifico Musella partecipò ad una gara d'appalto per la costruzione del nuovo porto turistico di Bagnara, sul Mar Tirreno.
L’appalto andò a una impresa siciliana. Questioni di prezzo, di massimo ribasso.
L'imprenditore campano, che non era stupido, capii subito che il listino prezzi della ditta che si era aggiudicata l'appalto aveva prezzi troppo bassi per essere sostenibili. Infatti contestò scientificamente la propria esclusione a opera dell’azienda vincitrice, legata a Carmelo Costanzo, uno dei celebri 'cavalieri del lavoro' che allora impazzavano nell’economia meridionale godendo di altrettanto celebri appoggi mafiosi.
A seguito della denuncia la gara d'appalto fu annullata e riproposta.
Ma avrebbe vinto un’altra azienda catanese legata al gruppo Graci, di nuovo i cavalieri del lavoro. Stavolta non fece in tempo a verificare i conti della concorrenza perché prima della chiusura della gara, giusto quel 3 maggio, l'imprenditore venne assassinato.
Oggi, a ricordarlo a Reggio Calabria è stato don Luigi Ciotti nel corso di una celebrazione eucaristica a lui dedicata. Tra gli interventi anche quello di Simona dalla Chiesa, figlia del generale e prefetto di Palermo.

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