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Sabato 16 marzo il teatro di Verla si è riempito per ascoltare la testimonianza di Margherita Asta, vittima di mafia, ultimo di tre appuntamenti dedicati alla conoscenza del fenomeno mafioso organizzati dall’associazione giovanile “Noi Giovo”. Margherita Asta ha perso, quando aveva 10 anni, la mamma Barbara Rizzo e i due fratellini Giuseppe e Salvatore nell’attentato di Pizzolungo avvenuto il 2 aprile 1985. Casualmente la sua automobile si trovò a passare su quella strada nello stesso momento in cui transitava anche l’automobile del dott. Palermo, trovandosi tra questa e l’autobomba nel momento in cui i mafiosi, senza farsi alcuno scrupolo, premevano il telecomando che ha innescato l’esplosione. L’attentato aveva come obiettivo l’eliminazione del giudice Carlo Palermo, che aveva chiesto e ottenuto il trasferimento a Trapani nel febbraio di quell’anno, in sostituzione del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso dalla Mafia a Valderice il 25 gennaio 1983. Assassinio avvenuto tre settimane dopo che il dott. Montalto aveva incontrato a Trento proprio Carlo Palermo, per uno scambio di informazioni relative all’indagine che quest’ultimo stava conducendo dal 1979 sul traffico di armi e droga che attraversava la nostra regione. Indagine che, come ha ricordato Margherita Asta, gli fu tolta di mano nel momento in cui si era imbattuto in due società che facevano capo al Partito Socialista allora al governo. Proprio per tentare di riannodare i fili di quell’inchiesta, nella quale oltre alla Mafia turca erano implicate Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, il dott. Palermo si era trasferito da Trento a Trapani. Già nelle vicende processuali seguite a quell’attentato, ha evidenziato Margherita Asta, si intravvedevano le relazioni tra Mafia e settori “deviati” dello Stato, facendo velatamente un riferimento critico anche alla recente sentenza della Cassazione in merito alla sentenza sulla “trattativa Stato-mafia”. In tal senso va detto che pure l’indagine “Perfido” condotta dai Carabinieri del ROS ha portato alla luce i disinvolti rapporti intrattenuti con i presunti ‘ndranghetisti da parte di settori economici, di esponenti politici e pure di funzionari dello Stato, siano essi prefetti o giudici.
Una riflessione importante quella di Margherita Asta, davanti ad una platea affollata e attenta, uno stimolo ad uno sguardo disincantato sulla nostra valle e provincia che, fino a poco tempo fa, venivano presentate come immuni da presenze mafiose. Una iniziativa altrettanto importante quella dell’associazione “Noi Giovo” con il supporto finanziario dalla Comunità di Valle, il cui presidente si è rallegrato per le avvenute elezioni di una nuova amministrazione a Lona-Lases. Rallegramenti che stridono con quanto emerso dai tre incontri di Verla e, soprattutto, con il fatto che la lista che si accinge ad amministrare Lona-Lases, con Albiano ritenuto centro del “locale di ‘Ndrangheta, è composta da molte persone che nei decenni passati già hanno occupato seggi nel Consiglio comunale e scranni nelle varie giunte, compreso quello del sindaco. Persone senz’altro molto distratte, visto che sono stati questi gli anni nei quali gli attuali presunti mafiosi hanno fatto il loro “ingresso silente” nell’economia del porfido e nella Pubblica Amministrazione, giungendo a sedersi al loro fianco su quegli scranni. Mi consola apprendere che il vescovo di Trento, durante la processione in ricordo delle vittime di mafia tenutasi da Sanzeno a San Romedio, ha pronunciato parole di forte e decisa denuncia (e condanna) della presenza mafiosa in Trentino, andando decisamente contro corrente rispetto alla vulgata predominante e forse interessata. Un pubblico ringraziamento dunque a Margherita Asta, all’associazione “Noi Giovo”, ma anche a mons. Lauro Tisi per le sue coraggiose parole.

Foto © Deb Photo

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