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Il fronte milanese
Nonostante “tutta la buona volontà” dei loro referenti, Antonio Piromalli e Aldo Miccichè devono quindi arrendersi di fronte alle “difficoltà dovute al particolare momento in cui si viveva e che limitava obbiettivamente l’ambito della loro operatività”. Lo sottolineano ancora i magistrati nel decreto di fermo, spiegando come il Miccichè non mancava però di adoperarsi per “trovare ulteriori vie per la soluzione del problema”. “Ho l’impressione – è la voce dello stesso indagato – che non si riesce a manovrare bene ... qua dovremo forse a mio avviso fare un altro tipo di rapporto”. Ovvero, si legge, ricorrendo alla Massoneria, alla strada “sia pure segretissima del Vaticano” o alla necessità di aprire un “fronte milanese” per allargare ulteriormente la possibilità della cosca di risolvere i propri problemi utilizzando la via istituzionale.
Per quest’ultima occorrenza, il faccendiere cambia versante politico ed entra in contatto con uno dei maggiori esponenti del partito di opposizione pro tempore: il senatore Marcello Dell’Utri. E’ con lui, e per il tramite dell’amico Aldo, che il 2 dicembre del 2007 parla al telefono Gioacchino Arcidiaco. Ed è con lui che il boss fissa un appuntamento a Milano, in piazza San Babila, al quale prenderà parte anche l’avv. Francesco Lima, più volte contattato dal Miccichè per i suoi “agganci notevoli” e, sembrerebbe, per la sua disponibilità verso le cosche.
In vista di quell’importante incontro, come già accennato, lo stesso Miccichè impartisce all’Arcidiaco precise direttive sul tipo di discorso da intrattenere con il senatore. Su cosa chiedere e su cosa offrire in cambio, in un periodo in cui il Partito delle Libertà si sta riorganizzando.
“E’ importante che capisca chi siamo”, è la voce del Miccichè, “fagli capire che quando Aldo era segretario provinciale della Dc tutti i comuni della provincia di Reggio, 100 erano democristiani... secondo: Aldo pigliava 105.000 voti”. “La Piana è cosa nostra facci capisciri… il Porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi, insomma! Hai capito o no? Fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi, mi hai capito?  ... ”.
Gioacchino, però, non è convinto e chiede delucidazioni: “...adesso l’oggetto che... voglio capire... è stato lui a cercare noi tramite te... perché avesse bisogno di qualcosa giù”... E Micciché si spiega meglio: “Sono stato io a collocare i miei due pupilli, Gioacchino ed Antonio (Arcidiaco e Piromalli ndr.), in mano loro quando ho capito che la loro forza politica che si stava svolgendo in questo senso...”. “Ora fagli capire – prosegue - che in Calabria  o si muove sulla Tirrenica o si muove sulla Ionica o si muove al centro ha bisogno di noi … hai capito il discorso? E quando dico noi intendo dire Gioacchino ed Antonio, mi sono spiegato  ..”?
Il successivo passo dell’intercettazione spiega quale sarebbe stata una delle principali richieste che l’Arcidiaco avrebbe rivolto al senatore nell’interesse del “cugino” Antonio Piromalli. E che consisteva nel far ottenere l’immunità allo stesso Piromalli attraverso il conferimento di una funzione consolare per conto di un qualsiasi stato estero. Che sia “russo, vietnamita, arabo, brasiliano, non mi interessa”, sottolinea Arcidiaco, “perché se c’è zio fuori e pure lui ... eh ... poi siamo rovinati!”.
In riferimento alla presenza dell’Avv. Lima all’appuntamento Miccichè sottolinea: così “capisce che non sei l’ultimo arrivato! Mica è facile parlare con Marcello Dell’Utri, parliamo chiaro... parlare con Marcello Dell’Utri significa l’anticamera di Berlusconi”.
E ancora aggiunge: “...Lui vorrà che si facciano i centri della Libertà...” “...e tu gli dici che noi siamo a disposizione che quando deve partire l’operazione per i Centri lui deve venire incontro”.
Il giorno dopo, 3 dicembre 2007, sono ancora le intercettazioni a confermare che quella riunione è realmente avvenuta.
E’ Marcello Dell’Utri a sentirsi con l’Arcidiaco, che in presenza di Antonio Piromalli lo chiama e viene intercettato. La conversazione tra i due non solo conferma l’avvenuto incontro, ma consente di accertare quale fosse stato uno degli oggetti del summit: “La piena disponibilità offerta dall’Arcidiaco all’uomo politico di organizzare le basi del partito (Circoli) nel territorio di Gioia Tauro, ed altri luoghi, e pienamente accolta dal Dell’Utri”.
mastella-clemente-web.jpgLo stesso giorno, al telefono con Arcidiaco, Miccichè riferisce di un colloquio avuto con il senatore in riferimento alla riunione tenuta poco prima. Dell’Utri “mi ha chiamato... era entusiasto”, e di Arcidiaco aveva detto: “pensa a quante cose possiamo fare... un giovane meraviglioso”.
Nel corso di quella lunga telefonata il politico del Pdl  e Micciché parlano di Berlusconi, di azioni da intestare al figlio di Marcello, di una faccenda riguardante il petrolio e del noto politico calabrese e avvocato Armando Veneto. In riferimento agli asseriti rapporti che il Veneto avrebbe con ambienti legati alla criminalità organizzata, il senatore – sorprendentemente - ritiene che siano positivi. Ma commette un errore, che il suo interlocutore si affretta a evidenziare: “Quelli che gli possono dare la copertura completa, le cose nostre sono segrete, ricordatelo, sono le persone che tu hai ricevuto (i boss della famiglia Piromalli ndr), mi hai capito o no?... che erano contro di lui”.
E della straordinaria forza di quella cosca Dell’Utri avrà piena conferma nei mesi a venire, quando potrà constatare con mano il buon andamento dell’attività posta in essere dai consociati per lo sviluppo dei Circoli della Libertà. O almeno così apparirebbe, ancora una volta, in uno dei tanti dialoghi intercorsi tra Gioacchino Arcidiano e Aldo Micciché, nel corso dei quali è il secondo a dichiarare: “Politicamente va benissimo e bisogna incrementarli al massimo in modo tale da riuscire a fare, grazie alla riconoscenza del Senatore per i Circoli, ciò che loro intendono ottenere”.

A completissima disposizione
Il tempo intanto scorre inesorabile e si avvicina a grandi passi la data del 1° febbraio in cui verrà ucciso Rocco Molè. Un evento storico inserito in un contesto in piena trasformazione nel quale fondamentale importanza assumeva la necessità di un concreto ritorno di Giuseppe Piromalli alla guida della sua “famiglia”. Poiché solo lui, con l’autorevolezza e la saggezza del capo, avrebbe potuto riportare l’ordine all’interno di un sodalizio che, in mano ad esponenti più giovani e più intolleranti, mostrava segni di turbolenza.
Aldo Miccichè ne è perfettamente cosciente e in una corsa contro il tempo tenta affannosamente di attivare tutti i suoi contatti politici ed istituzionali, pur se impossibilitati a risolvere la situazione per una serie di problemi dovuti sia alla paura di muoversi in un terreno così pericoloso che alle difficoltà giudiziarie del Ministro della Giustizia. Lo stesso “Senatore – si evince dalle intercettazioni - in questo campo si può muovere poco perché è combinato male”.
E tra i contatti illustri del Miccichè il documento di fermo evidenzia quello con l’on. calabrese Mario Tassone, già esponente della Democrazia Cristiana e dell’Udc, sottosegretario e viceministro della Repubblica, ex vicepresidente della Commissione Antimafia nella scorsa legislatura e ancora oggi deputato.
E’ Antonio Piromalli, lo si apprende dalle intercettazioni, che lo deve incontrare  per sottoporgli una serie di questioni, ivi compresa quella del padre. Ed è al Tassone che Miccichè si riferisce quando ad Antonio afferma: “Si è messo a vostra completissima disposizione”, prima di comunicargli che darà a Gioacchino Arcidiaco i numeri di cellulare “riservati” per contattarlo (cosa che poi avrebbe fatto ndr) e di aggiungere che anche il consigliere regionale Nucera aspetta Antonio “a braccia aperte per tutto quello che avete bisogno”.
In successive conversazioni telefoniche il riferimento all’on. dell’Udc come di persona “a disposizione” torna insistentemente e in una di queste Miccichè esclama: “Ti stanno aspettando a braccia aperte, da Casini a scendere”, prima di sottolineare: “L’aria di elezioni dovrebbe far cambiare la situazione” e soprattutto ora che “ci sarà il congresso provinciale a Reggio Calabria e Antonio ha la possibilità di gestire tutto il partito (l’Udc ndr.) a suo piacimento!”.
Nel prosieguo della conversazione Antonio chiede ad Aldo se “per l’altro discorso la situazione è andata avanti o si è fermata” e dopo aver appurato che il giovane faceva riferimento a “Pinuccio” (Giuseppe Piromalli ndr.) si affrettava a rispondere: “Fatti i cazzi tuoi... ti voglio bene, non parliamo per telefono”.

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