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Senza accordi con la politica, con il mondo della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria, Cosa Nostra, come tutte le principali organizzazioni mafiose, sarebbe solo una banda di gangster facilmente debellabile. E invece proprio grazie a questi ibridi connubi, codici d’onore e trattative segrete, Cosa nostra è riuscita nel tempo ad affermarsi come organizzazione mafiosa, a proliferare indisturbata, conquistando territori, prefetture, parlamenti. Questo spirito è presente da almeno 70 anni, vale a dire dagli anni della seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti si rivolsero a Cosa Nostra per essere aiutati nello sbarco in Sicilia. Quella fu la prima di una lunga serie di trattative intavolate da uno Stato con la mafia che in cambio, in questo caso, chiese non pochi favori. Ieri, ad "Atlantide", in onda su La7, il conduttore Andrea Purgatori ha raccontato quell’accordo stipulato tra Cosa Nostra americana e alleati avente lo scopo di facilitare le truppe di Washington nella risalita della Penisola occupata dai nazisti. Nel corso della trasmissione Purgatori e i suoi ospiti illustri, il senatore Roberto Scarpinato e lo scrittore Saverio Lodato, hanno spiegato qual era il contesto di quegli anni, gli affari della mafia del tempo oltreoceano, quale fu il protagonista della trattativa intavolata per organizzare lo sbarco, Lucky Luciano; e la gestione dei territori una volta conquistati. Secondo Lodato e Purgatori, però, l’indole trattativista tra Stato (in questo caso gli Usa) e la mafia è ancora viva ed oggi, con l’arresto di Matteo Messina Denaro, è addirittura “sotto gli occhi di tutti”.
La trattativa è ancora in corso, ci sono boss stragisti in carcere, come i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, Leoluca Bagarella e altri, che sono a conoscenza delle verità che si celano dietro le stragi del 1992-1993. Tra questi c’è anche Matteo Messina Denaro, depositario di questi segreti. Sono persone che se decidessero di rivelare quello che c’è stato dietro, i nomi dei complici esterni, costringerebbero questo Paese a fermarsi”, ha affermato l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato.


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L'ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato


La trattativa che non cessa mai
Restando, appunto, sul tema della trattativa tra capi mafia ed esponenti dello Stato, Scarpinato ha spiegato che i protagonisti mafiosi di questa trattativa sono a conoscenza di segreti indicibili e che anche il silenzio su questi segreti è a sua volta oggetto di trattativa.
Messina Denaro e i Graviano sanno chi erano i personaggi importanti che scesero in Sicilia e convinsero Riina a non uccidere Giovanni Falcone a Roma, ma a Palermo in prossimità delle elezioni del presidente della Repubblica e con quelle modalità con cui venne svolto”, ha ricordato Scarpinato. “Sanno chi è che ha preso l’agenda rossa di Paolo Borsellino. Sanno chi è il soggetto che assistette all’operazione di caricamento della Fiat 126 impiegata in via d’Amelio. Sanno chi erano gli obiettivi delle bombe al nord. Sanno chi aveva determinato l’urgenza di uccidere Paolo Borsellino. Una strage chiesta da soggetti esterni a Cosa Nostra”, ha detto ancora. “Oggi abbiamo persone che sono state complici delle stragi del 1992 e del 1993, che sanno quello che è successo ma hanno deciso di non parlare”, ha spiegato il senatore. “E questo è molto interessante, perché teoricamente, collaborando, avrebbero potuto riacquistare la libertà. Sono persone che hanno 50 anni circa, come i fratelli Graviano. Perché non hanno collaborato?”.
Secondo l’ex magistrato la ragione per cui questi boss hanno deciso di non collaborare e di non rispondere a determinate domande che i magistrati avrebbero potuto fare loro ha a che vedere con le conseguenze che le loro confessioni potrebbero scatenare in primis a loro stessi. “Dovrebbero tirare in mezzo certi personaggi”, ha affermato Scarpinato. “E quindi significherebbe rischiare”. “La storia - ha aggiunto - ci dice che alcuni boss che stavano collaborando sono stati uccisi mentre erano in carcere, ad altri invece sono stati ammazzati figli in incidenti stradali”. “E’ un gioco molto sottile che è ancora in corso”, ha avvertito il parlamentare. “Abbiamo Giuseppe Graviano che lancia messaggi criptati e cifrati nel corso del processo ‘Ndrangheta Stragista, che si sta concludendo ora. E lo stesso Graviano ha anticipato a novembre che Matteo Messina Denaro sarebbe stato catturato di lì a poco, cioè ha fatto un’anticipazione facendo una scommessa sulla sua credibilità. E quindi è presumibile che si riservi di fare altre rivelazioni e questo è un gioco al rialzo perché evidentemente vuole ottenere qualcosa”, ha affermato.


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E in questa partita, ha spiegato l’ex procuratore, “i fratelli Graviano e Matteo Messina Denaro possono dare le carte perché sono tra i pochi che Totò Riina aveva messo a conoscenza delle motivazioni politiche che si celano dietro le stragi e dei mandanti esterni”. In cambio del silenzio su quelle verità indicibili, secondo Scarpinato, i capo mafia irriducibili stanno chiedendo allo stato di allargare le maglie della loro detenzione. “Questa è una partita in corso”, ha spiegato. L’obiettivo è “fare saltare il 41bis oppure trovare un modo per passare da 41bis all’alta sicurezza”. E su questo, ha affermato il senatore, “C’è una trattativa che è alla luce del sole”, ha detto Scarpinato riferendosi “all’annuncio fatto a novembre da Salvatore Baiardo a 'Non è l’arena' per conto di Giuseppe Graviano” in cui profetizzò l’imminente arresto dell’allora super latitante Messina Denaro in cambio di un possibile adeguamento della detenzione di Giuseppe Graviano, che Scarpinato considera il portavoce del boss di Brancaccio. “Quell’annuncio è stato un inedito nella storia della mafia, una cosa straordinaria perché tutti i telespettatori sono stati testimoni di un evento che sarebbe accaduto, cioè la cattura di Matteo Messina Denaro, con l’anticipazione che questa cattura rientrava in una trattativa che aveva come posta in gioco l’eventuale liberazione di Graviano”. “Se Baiardo dice queste cose è perché autorizzato a dirle. Non si possono dire queste cose in televisione senza autorizzazione di Graviano o Matteo Messina Denaro perché il giorno dopo sei morto. Quindi se lo fai - ha spiegato Scarpinato - è perché sei portavoce di qualcuno, quindi in realtà chi ci sta parlando è Graviano. E a ben pensarci Graviano dice qualcosa che poi si combina molto bene con il comportamento di Matteo Messina Denaro che viene dopo”, ha detto Scarpinato. Infatti, secondo il senatore che per 30 anni ha vestito la toga, il boss di Castelvetrano da essere “una specie di fantasma che se scriveva dei bigliettini li scriveva con un'altra grafia o dava appuntamenti solo a distanza di un mese si è improvvisamente trasformato in un uomo che non prende più precauzioni, si fa selfie, non si fa precedere da una staffetta, si incontra con delle donne. Tutti noi che in passato abbiamo fatto indagini su di lui abbiamo conosciuto un capo mafia che era un maniaco della discrezione, che non lasciava assolutamente traccia al punto che a volte i suoi stessi uomini del territorio pensavano che fosse morto. E invece ora abbiamo un boss che resta nella casa situata dove poco tempo prima, a un centinaio di metri, erano stati arrestati tutti i suoi uomini”. A detta di Scarpinato c’è un’anomalia “nel comportamento che secondo me richiede una riflessione”. “Cosa c’è dietro? Io credo che soltanto lo sviluppo degli eventi futuri ci consentirà di capire cosa accadrà. Bisogna avere la capacità di comprendere qual è la posta in gioco, che non è la liberazione o meno di qualche mafioso, ma la verità sulla storia di questo Paese. Chi sa continuerà a tacere in cambio di una qualche ricompensa? Questa è la posta in gioco. E questa trattativa, stavolta, è sotto gli occhi di tutti”, ha ribadito.


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Lucky Luciano, boss dei due mondi
Sempre restando sul tema “trattative” Andrea Purgatori, intervistando Saverio Lodato allo storico "Hotel delle Palme" di Palermo, ha parlato dello sbarco degli alleati in Sicilia, tema cardine della puntata. Secondo Purgatori, per l’appunto, lo stesso sbarco svolto nelle coste orientali dell’Isola tra il 9 e il 10 luglio 1943 “ha i germi della trattativa Stato-mafia”. Difatti, ciò che precede l’arrivo delle truppe statunitensi nella regione, in una quantità seconda solo allo sbarco in Normandia (arrivarono in nave 160mila soldati), è un accordo con il boss Lucky Luciano, boss dei due mondi, che Purgatori e Lodato configurano “come il primo esempio della trattativa tra Cosa Nostra e Stato, nello specifico quello degli Stati Uniti”. L’operazione "Husky", così venne nominato l'arrivo delle truppe militari, ebbe facile realizzazione, (“non trovarono praticamente alcuna resistenza e la conquista si concluse in circa un mese"), grazie alle indicazioni preziose del boss Lucky Luciano. Ma chi era Lucky Luciano? “Luciano era un immigrato italiano giunto a New York da Lercara Friddi con la famiglia. Di lui rimangono fotografie in cui vediamo il volto di un uomo che è segnato da arabeschi, le cicatrici del vaiolo ma soprattutto i segni di un’aggressione che venne fatta nel 1929 quando lo massacrarono e gli tagliarono la gola, da parte a parte. Ma Luciano non morì perché venne salvato da un poliziotto che si trovava sulla spiaggia dove era stato abbandonato dai suoi esecutori. Da qui nacque la leggenda, Lucky, perché fortunato”. Luciano capì in poco tempo che “la malavita organizzata in America doveva camminare su tre gambe: i siciliani, gli ebrei e gli irlandesi”, ha spiegato Lodato. Negli Stati Uniti il fenomeno mafioso iniziò a comparire nei primi anni del 1900 e la mafia del tempo veniva chiamata “La mano nera”, "che costringeva i commercianti a pagare il pizzo”, ha aggiunto sul punto Lodato. “Inizialmente ne fecero parte gruppi isolati di malavitosi”, ha spiegato il giornalista e scrittore. “Ma presto diventò un’organizzazione del crimine costituita da ebrei e irlandesi che facevano traffici e poi da milioni di immigrati italiani che sbarcavano nel porto di New York. Col crescere dell’organizzazione mafiosa crescevano anche i delitti. E Luciano nel 1929 partecipò a un primo summit della mafia americana ad Atlantic City per la suddivisione del traffico di alcolici. Gli Stati Uniti erano nel pieno proibizionismo, c’era una gestione coeva di quel gangsterismo che vede da una parte Al Capone, con cui in quella fase nessuno voleva scontrarsi perché era troppo potente, dall’altra parte Lucky Luciano. Quello è il primo summit in cui si dividevano il traffico di super alcolici. Nel frattempo Luciano scalò i vertici della mafia siciliana americana, intervenne pesantemente nella guerra dei castellammaresi. E inventò la prima commissione delle cinque famiglie americane. E nel 1957 impose questa struttura anche a Palermo stabilendo, inoltre, che anche Campani e Calabresi potessero far parte di Cosa Nostra”. Insomma divenne personaggio d’élite della mafia italo-americana. “Nel 1936 finalmente un procuratore americano, tale Dewey, si incaponì e volle arrestare Luciano. Della serie - ha affermato Lodato con tono ironico - che anche in America, prima di arrestare il latitante bisogna trovare qualcuno che voglia farlo perché sennò non si spiega la lunghezza delle latitanze”.


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Favore chiama favore
Luciano nel 1936 venne arrestato e condannato a una pena che oscillava dai 30 a 50 anni per sfruttamento della prostituzione. Nel 1942, mentre era in carcere, gli ufficiali del servizio informazioni della Marina degli Stati Uniti contattarono Luciano, su raccomandazione di Joseph "Socks" Lanza, il boss dei sindacati del porto di Manhattan, perché li aiutasse a indagare sul sabotaggio di diverse navi nel porto di Manhattan compiute da spie naziste infiltrate tra i portuali. “Dopo l’intervento di Luciano - ha ricordato Lodato - questi attentati cessarono e vennero trovati tutti i responsabili che verranno condannati in America a pene pesantissime perché colludevano con i nazisti”. Quella però fu solo l’anticipo di un’altra richiesta che di lì a poco gli Stati Uniti fecero a Luciano. Infatti di lì a poco sempre i servizi della Marina chiesero al boss di facilitare, tramite i suoi contatti, lo sbarco delle truppe in Sicilia. In cambio di ciò questi ottenne alcuni favori come la scarcerazione anticipata e posti di comando ai suoi sodali una volta liberata la Sicilia.
La stragrande maggioranza dei comuni, soprattutto della Sicilia Occidentale che si costituisce all’indomani della liberazione della Sicilia, furono consegnati a mafiosi divenuti sindaci”, ha ricordato Saverio Lodato. “C’era un governatore americano, Charles Poletti, che gestì gli aiuti e le ricostruzioni delle ferrovie che aveva come traduttore Vito Genovese, boss dell’omonima famiglia Genovese. Poletti sarà poi presente 40 giorni dopo lo sbarco alla firma dell’armistizio a Cassibile, e verrà fotografato con quest’ultimo. E Poletti accettò che tutti i mafiosi indicati dalla mafia divenissero sindaci. Divenne sindaco Don Calò Vizzini, Genco Russo. E’ cosa risaputa anche grazie a grandi scrittori che all’epoca vivevano lì, come Leonardo Sciascia. Gli americani - ha affermato il giornalista - vennero con l’elenco dei mafiosi che dovevano fare i sindaci”. E questa fu la cambiale concessa a Lucky Luciano che si fece solo 10 anni di carcere.
Lo stesso procuratore Dewey, che aveva impiegato 20 anni per farlo condannare per traffico di prostituzione, ne ordinò la scarcerazione”, ha ricordato Lodato.
Gli americani non conoscevano la Sicilia e quindi il contributo di Lucky Luciano fu fondamentale quando nella notte del 9 luglio 1943 sbarcarono tra Gela e Licata”, ha spiegato Lodato. “I soldati vennero favoriti dal passaparola dei capi mafia dell’epoca. Tra questi c’era Don Calò Vizzini di Villalba, capo mafia indiscusso della Sicilia, e si narra di un aereo che poco prima dello sbarco degli alleati fece cadere sulla sua masseria un foulard con la lettera 'L' di Lucky. Don Calò si schierò apertamente a favore dello sbarco degli alleati in Sicilia il passaparola diventa ‘questi sono amici degli amici’”.


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La prima trattativa tra mafia e Stato
Secondo Saverio Lodato, Lucky Luciano è dunque “il primo rappresentate della prima trattativa della mafia non con uno ma con due Stati, quello americano e quello italiano che si stava disfacendo dopo la guerra e dopo il passaggio a nord degli americani”. Quindi, ha ribadito, “la prima grande trattativa passò attraverso Lucky Luciano. Il quale, poi, quando venne scarcerato nel ’46, andò a Napoli con l’indicazione che non dovrà mai più mettere piede in America e venne accolto proprio da Vito Genovese che era suo compagno d’armi in America. Lucky Luciano poi andò a Palermo e infine in Venezuela, Brasile e Colombia, piazze nevralgiche del traffico di droga già all’epoca. E nel 1946, lui che fu l’inventore della commissione di Cosa Nostra, organizzò a L’Havana, all’Hotel Nacional, un summit per la suddivisione, non più del traffico di alcolici, ma di eroina. Luciano venne cacciato da Cuba, tornò in Italia a Lercara Friddi, ma dovrà scappare perché la popolazione lo accoglie in maniera talmente festosa che lui diventa un problema di ordine pubblico. Si bloccarono tutti i paesi della Sicilia, e al ministero degli Interni dicono che in Sicilia non può stare perché la gente era con lui. Quindi lo mandarono a Roma dove stette diversi anni e dove fece piccoli traffici di droga per i quali venne regolarmente incriminato e regolarmente scagionato. Arriviamo al 1957, il boss tornò a Palermo all’Hotel delle Palme perché nel frattempo a Cuba la rivoluzione Castrista aveva vinto. Cuba non era più terra d’affari perché Castro fece chiudere i Casinò, impedì il narcotraffico e i giri di bordelli. Quindi Luciano decise di trovare una nuova valvola di sfogo che diventò la Sicilia. All’Hotel della Palme si decise, in un summit di quattro giorni, dal 12 ottobre al 16 ottobre 1957, con la partecipazione di Joe Bananas, della famiglia Lucchese, Genovese, di Santo Sorge, e delle famiglie di Detroit. Quindi le famiglie italo-americane e quelle siciliane di Castellammare e di Palermo”. Ricostruita la storia del capo mafia dopo la sua scarcerazione nel ’46 Lodato si è chiesto come ha fatto per 16 anni, (morì a Napoli nel 1962), “a muoversi indisturbato in Italia con passaporti, lascia passare e connivenze della polizia dell’epoca? La risposta è che fu capace, perché lui era l’uomo delle trattative, di tutte le trattative possibili e immaginabili. Lucky Luciano - ha ricordato Lodato - è morto nel suo letto”.


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Anche Roberto Scarpinato, intervenuto dallo studio, ha parlato della trattativa tra Luciano e gli Stati Uniti. Ma lo ha fatto citando la relazione della Commissione Parlamentare Antimafia sul punto.
La commissione scrisse che a seguito dello sbarco degli americani in Sicilia si ebbe una rinascita della mafia che era rimasta acquiescente durante tutto il tempo del fascismo e la commissione del Santo americano accertò che Luciano, durante il periodo in cui era detenuto, per circa 15-20 volte incontrò agenti del servizio segreto della Marina mercantile durante i quali furono fatti accordi”, ha ricordato il Senatore. “Sta di fatto che dai documenti secretati dall’amministrazione Clinton si trovano spunti interessanti. Gli americani dopo lo sbarco avevano il problema del presidio del territorio perché dovevano risalire la Penisola. E quindi si trovarono dinnanzi all’alternativa di rivolgersi ad alcune persone che potessero controllare il territorio al posto delle unità militari. E da un documento desecretato dell’agosto 1943, cioè subito dopo lo sbarco, risulta che gli americani ritenessero l'esistenza di due mafie in Sicilia: l’alta mafia costituita da latifondisti, agrari e professionisti e la bassa mafia, quella della manovalanza. Un anno dopo viene fatto un altro documento segreto in cui risulta che i servizi segreti americani hanno avuto incontri con i capi dell’alta mafia. Fecero un incontro a Caltanissetta con Don Calò Vizzini e uno all’Hotel Sole di Palermo con l’on. Volpe che era un altro esponente”, ha ricordato l’ex procuratore generale. “Gli americani collocarono in punti cardine della Sicilia alcuni dei più importanti capi mafia del tempo, Vizzini, Genco Russo, Michele Navarra ed altri. Quindi questi capi mafia riprendono il controllo del mercato nero, riprendono il comando e da quel momento in poi confluiscono prima nel separatismo siciliano e poi convogliano i voti verso i partiti di maggioranza. Ritornano ad essere una delle forze politiche reali del tempo”.
Anche gli storici “sono concordi sul fatto che gli Stati Uniti si fecero dare le indicazioni dei personaggi a cui affidare il controllo del territorio e delle autorità locali, cui i vescovi, i latifondisti, gli agrari. Insomma l’alta mafia. La stessa che coltiva il sogno della separazione della Sicilia e che poi si gettò nel grande gioco politico partecipando anche alla lotta politica in Italia in modo occulto, partecipando a colpi di Stato ed omicidi eccellenti”. La Commissione Parlamentare antimafia, ha detto Scarpinato tornando a parlare della scarcerazione di Luciano dopo che aiutò gli alleati, “ha accertato che insieme a Luciano furono graziati altri 60 mafiosi che poi tornarono in Italia. Quindi lui è l’esponente più importante. Lucky Luciano è l’uomo cerniera tra mafia americana e mafia Sicilia, tra i servizi segreti americani e i servizi italiani. Quindi è uno snodo attraverso il quale passano tante mediazioni, tante trattative segrete e quindi poté godere di coperture che sono rimaste segrete per tutti quegli anni”.

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La rubrica di Saverio Lodato 


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