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Cesare Sirignano "riabilitato", ma restano vergognose le sue parole su Di Matteo

Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato è intervenuto sul provvedimento disciplinare che portò al trasferimento del magistrato napoletano Cesare Sirignano, dalla Direzione nazionale antimafia alla Procura di Napoli Nord, ad Aversa, annullando la decisione del Csm e del Tar del Lazio che avevano confermato la sanzione.
Una sentenza di tecnicismi che ravvisa un "vizio motivazionale della libera impugnata" che conseguentemente "va annullata, insieme a tutti gli atti conseguenti, fra cui la delibera del 15 luglio del 2020 con la quale il Csm ha trasferito la parte appellante (il sostituto procuratore Sirignano) presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord".
Già lo scorso dicembre il Consiglio Superiore della magistratura aveva posto in essere la propria "giravolta" approvando una delibera che "pur non producendo effetti" di fatto reintegrava Sirignano come sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
In quell'occasione il Csm si spaccò e non mancarono posizioni critiche come quella dell'allora consigliere togato Sebastiano Ardita, il quale aveva sottolineato la posizione "diametralmente opposta" del Csm rispetto a quella presa nel 2020: “C’è un mutamento strutturale delle scelte che sono state fatte”. Questo cambiamento “deve avere una spiegazione perché questo è un organo che ha anche una responsabilità politico-gestionale". "Questo consiglio - continuava - riesce a ribaltare la realtà, a ribaltare sé stesso. Qui si sta cercando di riportare indietro qualcosa perché evidentemente qualcosa è cambiato. Perché evidentemente non c'è una coerenza. Non c'è neanche un briciolo di coerenza delle scelte di questo consiglio e questa è l'ennesima riprova di quello che, purtroppo, in questi mesi abbiamo dovuto vedere".
Il Consiglio di Stato, nel suo nuovo giudizio, ha evidenziato come quella decisione del Csm "pur se non direttamente rilevante... non può non rappresentare un ulteriore elemento obiettivamente idoneo a dequotare la significatività della disposta incompatibilità".
Uno dei tanti "cavilli" passati in rassegna nella sentenza con cui si è giunti alla nuova decisione.
Le conversazioni intercettate tra Luca Palamara e Cesare Sirignano, al centro della questione per cui il Csm era intervenuto, vengono banalizzate a colloqui di "carattere sindacale" in quanto entrambi appartenenti allo stesso gruppo associativo, pur ammettendo che "in più momenti, entrambi abbiano superato i limiti della continenza (formale) e della correttezza (sostanziale)".


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Il magistrato Cesare Sirignano


Proprio come il Csm, guardando i cavilli e non i fatti, anche il Consiglio di Stato si fa Sinedrio.
Al di là delle cosiddette "carte a posto", dei tecnicismi e delle forme, è evidente che per l'ennesima volta, con un colpo di spugna, si dimostra che etica e morale sono valori che possono essere calpestati.
Di cosa parliamo? Lo abbiamo scritto in altre occasioni ed in particolare facciamo riferimento ad alcuni scambi telefonici avvenuti tra l'allora leader di Unicost, Palamara, e il magistrato Sirignano.
Il primo è avvenuto la sera del 6 maggio. Grazie ad un Trojan venne captata una conversazione whatsapp. “Questo gruppo per indagare sulle stragi tutti ne parlano. Ma c’era bisogno?” scriveva Palamara. La risposta del collega magistrato non si faceva attendere: “Sì ma non è per indagare sulle stragi, è per verificare eventuali collegamenti tra le indagini che potrebbero essere sfuggiti o non acquisti (acquisiti, ndr) Luca domani vediamoci nel tardo pomeriggio”.
Lo scambio proseguiva a strettissimo giro. “Ti dico che non è grande mossa” ribadiva Palamara. E Sirignano nuovamente: “Luca ma tu non hai capito che Federico (Cafiero de Raho, anche lui Unicost, ndr) rappresenta la nostra forza”. “Lo so. Ma non deve sbagliare mosse” concludeva Palamara.
Il giorno successivo, poi, vi fu una conversazione con pesanti considerazioni su Nino Di Matteo, al tempo sostituto procuratore nazionale antimafia, ma anche su Federico Cafiero de Raho e appunto sulla nascita del pool stragi-mandanti esterni. Dinanzi alla critica di Palamara sulla decisione del procuratore Cafiero de Raho di 'fare il gruppo con Di Matteo dentro'", cioè il pool stragi, Sirignano sbottava: "E voi l’avete portato come fosse il Padreterno in croce, è un mezzo scemo". E al contempo aggiungeva: "Bisogna parlare con Federico".
Il dato curioso è che quell'auspicio, poche settimane dopo, in qualche maniera divenne reale con l'allontanamento di Di Matteo, dopo la famosa puntata di "Atlantide" in cui Di Matteo, intervistato, passava in rassegna quelle anomalie già emerse nel corso di svariati processi, sulla strage di Capaci. Una vicenda quest'ultima rientrata poco più di un anno dopo con De Raho che revocò il provvedimento.
Rispetto a questi fatti avevamo anche ricevuto una lettera da Sirignano, di cui non abbiamo mai messo in dubbio l'impegno nella lotta alla mafia, che avevamo pubblicato con trasparenza e senza censura. Una lettera che riproponiamo negli articoli allegati.
In quella missiva si dava atto di un incontro avuto, a chiarimento delle sue parole, con il magistrato Nino Di Matteo.
Se davvero era tutto chiarito perché nei motivi di appello proposti da Sirignano vi era la censura relativa all'illegittima composizione del Plenum del Csm, per la partecipazione del Consigliere Di Matteo, a suo modo di vedere in "conflitto di interessi"? Un punto che lo stesso Consiglio di Stato ha ritenuto "infondato".
Il dottore Sirignano potrà anche non condividere, ma al di là delle spiegazioni offerte quei passaggi delle conversazioni avute con Palamara restano comunque gravi e offensive.

Foto © Imagoeconomica

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