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di Aaron Pettinari
Era il 26 maggio 2019 quando, con un provvedimento "immediatamente esecutivo", il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, decise di rimuovere dal pool che indaga "entità esterne nei delitti eccellenti di mafia" l'allora sostituto procuratore nazionale antimafia, ed oggi consigliere togato al Csm, Nino Di Matteo, per aver rilasciato un'intervista ad Andrea Purgatori, conduttore di "Atlantide", andata in onda su La7 il 18 maggio 2019 in occasione della commemorazione dell'attentato di Capaci. Un intervento in cui venivano proposti alcuni interrogativi su una serie di elementi, già noti ed emersi nel corso delle varie indagini sulle stragi del 1992.
All'epoca si disse che quella decisione del Procuratore nazionale antimafia fu presa perché così si era rotto il "rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia" impegnate nelle indagini sulle stragi.
Ad un anno di distanza da quei fatti, però, vengono alla luce nuovi elementi che riprendono alcune indiscrezioni, già emerse la scorsa estate, su delle intercettazioni in cui Luca Palamara, accusato di corruzione e considerato figura chiave nell’inchiesta che ha scosso l'intero Csm, parlava con un altro magistrato della Dna, Cesare Sirignano, di Di Matteo, di de Raho e del pool stragi. "Sì, però pure Federico non deve fare il gruppo (incomprensibile)… con Nino Di Matteo dentro" diceva il 7 maggio 2019.
Il dato curioso è che quell'auspicio, poche settimane dopo, verrà in qualche maniera reso reale con l'allontanamento di Di Matteo, dopo la puntata di "Atlantide".
Oggi come allora a raccontare l'episodio è "Il Fatto Quotidiano" che da giorni sta spulciando gli atti depositati nell'indagine di Perugia.
Così, dalle chat del magistrato Luca Palamara, si evidenziano nuovi elementi che permettono di ricostruire ulteriori passaggi su quanto avvenuto e che lasciano intravedere degli aspetti a dir poco gravi ed inquietanti.
Infatti il 26 maggio, quando venne pubblicato su La Repubblica lo scoop di Salvo Palazzolo sulla rimozione di Di Matteo dalla Procura nazionale Antimafia, vi fu uno scambio sempre tra Palamara e Sirignano, entrambi membri della corrente Unicost. Il secondo invia un file al primo (che potrebbe essere l'articolo di La Repubblica se non il provvedimento stesso di de Raho, ndr) e Palamara commenta nel giro di pochi minuti: “Grande Federico”. E pochi secondi dopo Sirignano replica con due battute: “Noi siamo seri”.
Il magistrato della Dna, raggiunto da Il Fatto Quotidiano, ha giustificato quello scambio via chat con queste parole: “Non c’era alcun ragionamento precedente al provvedimento del Procuratore Cafiero de Raho tra me e Palamara. Lo dimostra il fatto che io invio un file che lei mi dice potrebbe essere l’articolo. Quindi Palamara non ha saputo nulla da me prima e il provvedimento era stato fatto alcuni giorni prima. Io lo seppi a cose fatte comunque perché ero a Vienna e il Procuratore non me ne parlò. Quel ‘Siamo seri’ è una frase breve di una chat che doveva restare privata e non ha nessun altro riferimento se non forse alla serietà di atteggiamento in generale”.
Ma non è questo l'unico elemento emerso dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Perugia. In altre conversazioni Palamara manifestava il proprio dissenso nei confronti di Di Matteo, ricordando di essersi schierato contro l'approdo del magistrato alla Procura nazionale antimafia, quando era ancora Csm. Ed ugualmente manifestava i propri malumori nei confronti della corrente di Autonomia e Indipendenza ed uno dei componenti più autorevoli, Sebastiano Ardita, ovvero uno dei principali sostenitori di Di Matteo per l'elezione al Csm dell'ottobre 2019.

Quel pool stragi non s'ha da fare
Un altro elemento captato tramite il trojan riguarda proprio l'esistenza di quel pool che indaga sulle stragi di mafia ed i mandanti esterni. Proprio in quei primi di maggio il gruppo di lavoro era divenuto operativo e a quanto pare Palamara non ne aveva gradito l'esistenza.
La sera del 6 maggio 2019 il leader di Unicost scriveva a Sirignano: “Questo gruppo per indagare sulle stragi tutti ne parlano. Ma c’era bisogno?”. La risposta del collega magistrato non si faceva attendere: “Sì ma non è per indagare sulle stragi, è per verificare eventuali collegamenti tra le indagini che potrebbero essere sfuggiti o non acquisti (acquisiti, ndr) Luca domani vediamoci nel tardo pomeriggio”.
Lo scambio proseguiva a strettissimo giro. “Ti dico che non è grande mossa” ribadiva Palamara. E Sirignano nuovamente: “Luca ma tu non hai capito che Federico (Cafiero de Raho, anche lui Unicost, ndr) rappresenta la nostra forza”. “Lo so. Ma non deve sbagliare mosse” concludeva Palamara.
Abbiamo già ricordato che è del giorno dopo quel riferimento specifico su Di Matteo. Anche se al tempo la prima preoccupazione non era tanto quello che accadeva all'interno della Dna se non la futura nomina del Procuratore di Roma. Infatti in un altro passaggio della conversazione tra i due si leggeva: “Vabbè mo andiamo con ordine (…) La Dna, mo non c’abbiamo tempo … dobbiamo risolvere ste grane (…). Adesso c’hai l’emergenza che è il Procuratore di Roma e due Aggiunti… lo capisci o no che devo chiudere questo!”.
E' chiaro che sulla Procura di Roma era in gioco una partita, dentro e fuori dal Csm. Non è dato sapere se un'altra potesse riguardare anche le strategie sulle indagini da seguire sulle stragi di mafia.

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Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho


Secondo quanto emerge dalle carte di Perugia è sempre più evidente che Palamara fosse portatore di svariati interessi, con la capacità di condizionare, sfruttando il peso della propria corrente, anche le scelte sulle nomine dei magistrati, e non solo. Perché in altre chat, sempre pubblicate da Il Fatto, emerge il sostegno per la nomina del vicepresidente del Csm, David Ermini. Vi sarebbero anche scambi di chat tra Palamara e l'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti, in cui si commenta la mancata nomina di de Raho a Napoli (Palamara scrive a Minniti i voti: “9 voti Cafiero, 14 Melillo, 2 astensioni, Votato ora”. “Perfetto” risponde Minniti, “Cerchiamo adesso di salvare il soldato de Raho. Il risultato in qualche modo lo consente”).
Proprio nel giorno del voto per la Procura di Napoli, il 27 luglio 2017, de Raho e Palamara si scambieranno dei messaggi. “Ho lottato insieme a te fino all’ultimo. Persa una battaglia non la guerra” scriveva Palamara. E Cafiero de Raho rispondeva: “Carissimo Luca sono convinto che ancora dobbiamo lottare insieme. Grazie, comunque, per avermi assecondato nella scelta, che non condividevi, di andare avanti (…) Un forte abbraccio”. Pochi mesi dopo ci sarà la nomina alla Procura nazionale antimafia, in cui concorreva con il Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato.
Il 5 ottobre la commissione incarichi direttivi del Csm, con 5 voti contro uno, propose Cafiero de Raho procuratore nazionale antimafia. Scarpinato, in novembre, ritirò la propria candidatura anche per favorire la nomina all'unanimità del nuovo procuratore nazionale antimafia, per dargli una piena legittimazione, necessaria visto il ruolo delicatissimo che ricopre nella lotta alla criminalità organizzata.

Quel messaggio sulla trattativa Stato-mafia
Infine vi è un'altra chat di Palamara, l'11 maggio 2018, con l'allora Procuratore nazionale antimafia. Un commento di una parola ("Bravissimo!!!!!!") con sei punti esclamativi accompagnato da un lancio di agenzia Ansa di pochi giorni prima, dal titolo "Stato-mafia: De Raho, pm che lavora non si aspetti sostegni".
Questo il testo di quell'agenzia, pochi giorni dopo la sentenza sulla trattativa Stato-mafia che il 20 aprile 2018 aveva portato alla condanna in primo grado di boss, politici e ufficiali dell'Arma: "'Quando si portano avanti determinate indagini, il pm, convinto dell'accusa, la sostiene fino alla sentenza, ma non ci si può mai attendere che nello svolgimento delle proprie attività il Csm e l'Anm intervengano a favore di un magistrato, soprattutto quando non si tratta di accuse infamanti'. Lo ha detto Federico de Raho, procuratore nazionale antimafia, intervenendo all'istituto salesiano Don Bosco Ranchibile di Palermo durante un incontro con gli studenti. 'E' evidente - ha aggiunto - che sulla trattativa ciascuno abbia il suo punto di vista, ma associarsi o sostenere un pubblico ministero vorrebbe dire già avere una tesi, sostenere il pubblico ministero avrebbe fatto pensare che si è tutti in una direzione finendo con incidere e sostenendo una tesi nell'ambito del processo. Per quanto mi è riguardato ogni volta che il clan dei Casalesi mi ha rivolto delle intimidazioni o minacce, non mi sono mai sentito intimidito o minacciato, chi svolge un ruolo di garanzia per il cittadino non può sentirsi minacciato o condizionato. Chi ha un ruolo come il nostro non può mai essere influenzato da una minaccia, noi abbiamo il compito di rappresentare lo Stato'. 'Poco prima della sentenza il magistrato Nino Di Matteo è venuto a rappresentarmi le sue ansie - ha concluso - e io gli ho espresso la certezza che il magistrato che svolge il suo lavoro deve essere solo soddisfatto di quello che ha fatto perché dare una verità e consentire che si svolga il processo è un passo importante, a prescindere dalla sentenza'". A Palamara, in quell'occasione, de Raho non rispose.

Foto © Imagoeconomica

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