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Il 59,14% degli ecuadoriani ha votato contro lo sfruttamento petrolifero. Lo Stato avrà un anno per chiudere tutti i pozzi

Tra qualche mese, l’Ecuador avrà il suo nuovo presidente. Il prossimo 15 ottobre, Luisa González, 45 anni, fedelissima dell'ex presidente progressista Rafael Correa, e Daniel Noboa, 35 anni, figlio di uno degli imprenditori più ricchi del Paese, si sfideranno al secondo turno. González, la candidata di sinistra del partito Movimiento Revolución Ciudadana, infatti, ha ottenuto al primo turno il 33,17% delle preferenze, mentre il 35enne Noboa, dell'Alleanza Adn, ha ottenuto il 24,12%. I risultati elettorali, secondo la presidente del Consiglio elettorale nazionale Diana Atamaint, rappresentano una nuova tendenza: se al giro elettorale del prossimo 15 ottobre vincerà González, sarà la prima donna eletta alle urne come primo presidente; mentre, se toccherà a Noboa - ha spiegato Atamaint - sarà il presidente più giovane nella storia dell’Ecuador. Nonostante l’affluenza storica (l’82%), i risultati delle elezioni presidenziali in Ecuador sono arrivati in un momento drammatico che ha segnato in maniera profonda il popolo ecuadoriano. Gli elettori si sono recati alle urne dopo che i Narcos hanno ucciso tre politici in tre settimane. Il profilo politico più alto tra le vittime appartiene al candidato presidenziale e sostenitore della lotta alla corruzione, Fernando Villavicencio, ucciso in pieno giorno il 9 agosto scorso da un commando di sicari.

Vince il no alle trivellazioni in Amazzonia
Ma gli ecuadoriani - ha reso noto Ansa - si sono recati alle urne non solo per scegliere chi dovrà guidare il Paese, ma anche per esprimere il loro voto attraverso un quesito referendario che potrebbe rovesciare le sorti dell'Amazzonia in relazione alla dipendenza dal petrolio. Così, il 59,14% degli ecuadoriani, con quasi il 58% dei voti scrutinati, si è espresso contro lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi all'interno del Parco Nazionale Yasuni, presenti nell'Amazzonia ecuadoriana. Un risultato che sancisce un vero e proprio trionfo per Yasunidos, il gruppo di ambientalisti che ha promosso la consultazione per proteggere Yasuni, dichiarato riserva della biosfera dall'Unesco nel 1989 e lotta contro le attività minerarie, petrolifere e agro-industriali che devastano l’ambiente. Inoltre, il risultato raggiunto con il referendum avvantaggia anche il popolo Waorani e altre comunità indigene che hanno scelto volontariamente di isolarsi all’interno del Parco. Meno favorevoli - ha fatto sapere il quotidiano “La Hora” - sono le previsioni di istituzioni come Petroecuador e la Banca Centrale dell'Ecuador (BCE), che hanno presentato studi che stabiliscono che lo Stato perderà tra i 14 e gli oltre 16 miliardi di dollari di entrate nei prossimi due decenni. Sta di fatto che lo Stato e il governo avranno un termine di un anno per chiudere tutti i pozzi petroliferi che si trovano all’interno del parco nazionale amazzonico, una delle sacche di biodiversità più ricche al mondo.

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