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La denuncia nell'inchiesta di Presadiretta

La foresta Amazzonica, da sempre, è definita come il Polmone della Terra. Da tempo viene martoriato da una continua deforestazione causata dall'uomo tra incendi, produzione di legno ed operazioni per fare spazio a pascoli o terreni agricoli. I numeri sono impietosi, con 513.016 chilometri quadrati di foresta amazzonica andati distrutti fra il 2000 e il 2018, ed è ovvio che gli occhi sono puntati verso quei Paesi che più di altri importano certi beni. Così il programma Presadiretta, condotto da Riccardo Iacona, lo scorso 8 febbraio, ha compiuto un reportage dal titolo "Guerra all'Amazzonia" in cui ha affrontato direttamente il problema.
Una battaglia che vede un forte impegno di magistrati e popoli indigeni con delle vere e proprie pratiche illegali che vengono perpetrate da uomini senza scrupoli disposti a bruciare parte della foresta alla ricerca di guadagni facili.
In questo disastroso quadro non mancano anche le multinazionali, pronte a rilevare i terreni proprio per poterli utilizzare in maniera intensiva per le produzioni di mais, soia, o pascolo. Tutto con il sostengo delle politiche promosse dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Il quale, non a caso, è stato denunciato per crimini contro l’umanità dai leader indigeni Raoni Metuktire, capo della tribù Kayapó, e Almir Narayamoga Surui, capo della tribù Surui Paiter.
Nell'inchiesta il team di reporter ha seguito alcune operazioni della polizia ambientale, sul traffico illegale di legname ed ha ricostruito il percorso della soia, dal campo fino ai porti.

Allevamento illegale
Un'inchiesta che è poi continuata approfondendo, con il servizio "Troppa carne a buon mercato”, il tema della provenienza della carne brasiliana.
Gli allevatori hanno riferito che sia tutto tracciato, ma secondo un’intervista fatta al procuratore federale Rafael Da Silva Rocha è emerso che non vi è una completa chiarezza sulla reale provenienza della stessa con denunce formali che non vengono effettuate. E così diventa complicato capire se certi pascoli siano o meno frutto di produzioni illegali.
Tra le problematiche anche quella della burocrazia con una totale assenza di documenti che attestano l'origine degli animali. Infatti, se la polizia non redige verbali che evidenziano le infrazioni, di fatto non è possibile impedire a quel bestiame di andare al macello e, di conseguenza, finire nel mercato legale.
Tra i metodi utilizzati dai criminali anche quello del "lavaggio del bestiame" con cui vengono "mescolati" quelli provenienti da allevamenti legali, con quelli illegali. Per contrastare questo fenomeno gli organi inquirenti stanno adottando nuovi metodi con l'utilizzo di immagini satellitari, ma ancora non è sufficiente.

Il mercato del legno
Altro allarme è stato lanciato per quanto concerne il disboscamento. Quello del legname è un’attività abbastanza redditizia; così sono stati erosi terreno e spazi preziosi ai popoli nativi.
Ci sono popolazioni come quelle nello stato brasiliano del Maranhao, e la tribù di Guajajara. Popoli nativi che non si sono "piegati" al Sistema e che hanno voluto difendere il loro territorio nel bosco dall’invasione delle multinazionali, sempre alla costante ricerca delle materie prime presenti in abbondanza e si sono definiti “Guardiani della foresta”.
La tribù Guajajara attraverso le proprie azioni è riuscita ad attirare l’attenzione internazionale, anche se nelle loro azioni sono deceduti diversi appartenenti.
Durante gli anni molte tribù hanno seguito la strada della resistenza, come i Surùi (tra Rondonia e Mato Grosso) dove Ubiratan (un appartenente al gruppo) si è espresso riguardo ai crimini dei trafficanti: "Questa è la prova che quando i taglialegna entrano non è vero che prendono solo qualche albero. Distruggono tutto quello, che trovano”.
Diverse le immagini mostrate dai nativi a dimostrazione delle violazioni sistematiche ai danni della foresta. Prove per lungo tempo negate dai governanti.
"Eccole le prove - ha proseguito Ubiratan - le foto, abbiamo tutto. Se non intervengono è perché non gli interessa fare qualcosa”.
Il meccanismo è innescato. Sembra difficile una vittoria sia per i magistrati brasiliani che per i nativi della foresta, ma è possibile denunciare questi crimini e sostenere coloro che portano avanti la loro battaglia. Senza aspettare. Perché a rischio non c'è solo il futuro di un popolo, ma dell'umanità.

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