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46 anni dopo, pagherà per il sequestro e la tortura di Hernan Abriata

Come anticipato in un precedente articolo, l'ispettore in pensione della Polizia Federale argentina Mario Sandoval era indagato per il sequestro, la tortura e la scomparsa del giovane studente di architettura e militante del JUP Hernan Abriata.
Sandoval era un vice ispettore e all'epoca lavorava presso il Dipartimento degli affari politici della Sovrintendenza alla sicurezza federale. Era al comando dell'operazione che fece irruzione nella casa dei Dittmar, suoceri di Hernan, e poi nell'appartamento dello stesso Hernan Abriata il 30 ottobre 1976. Mario Sandoval e il suo gruppo per compiere il rapimento erano stati guidati dal padre di Abriata, preso precedentemente in ostaggio.
Nei giorni scorsi, la Corte Federale numero 5 ha stabilito per lui la condanna a 15 anni di reclusione, riconoscendolo coautore del sequestro e delle torture subite da Abriata, i cui resti non sono ancora stati ritrovati e risulta ancora desaparecido.
La lettura della sentenza definitiva è stata affidata al direttore del Tribunale, Fernando Canero, affiancato dai colleghi Adriana Palliotti e Daniel Obligado, che lo hanno accompagnato nel dibattito.
Insieme hanno stabilito che i crimini fossero classificati come crimini di lesa umanità, anche se hanno rifiutato di classificarli come crimini di genocidio, come richiesto nelle denunce presentate dall'Associazione degli Exdetenuti Desaparecidos e dalla Segreteria nazionale per i diritti umani, che avevano anche richiesto una pena tra i 20 anni di reclusione e l'ergastolo.
Tuttavia, una richiesta accolta è stata quella avanzata nelle denunce del Centro per gli Studi Legali e Sociali (CELS), del collettivo KAOS e dell'AEED affinché il Ministero della Sicurezza esoneri Sandoval dalle forze di polizia.
Per arrivare a questo processo è stata percorsa una lunga strada, come si evince dai 46 anni trascorsi dai crimini e dal fatto che questo è il sesto processo per crimini di lesa umanità che si svolge per i reati commessi durante l'ultima dittatura civico-militare presso la Scuola di Meccanica dell'Armata (ESMA), dove operava il più grande centro di detenzione clandestino dell’ultima dittatura argentina.
Sebbene non sia stato possibile processare il repressore ‘Churrasco’ Sandoval per un più lungo elenco di vittime, pur avendo indicazioni della sua partecipazione in multipli casi e essendoci sopravvissuti che lo ricordano nelle loro testimonianze, oggi c’è stata una svolta per il caso Abriata, sebbene la corte non abbia intenzione di considerare il rapimento come un crimine di genocidio.
Questo caso, tuttavia, presenta diversi capitoli.
In primo luogo, Sandoval è stato trovato a Parigi, dove sarebbe fuggito dopo l’istaurazione della democrazia, dove aveva ottenuto la cittadinanza nel 1997. Si era specializzato in Intelligenza Economica, contribuendo a fondare organizzazioni, rappresentando quel Paese in conferenze e convegni, diventando professore universitario. Fu estradato nel 2019 dopo una lunga battaglia legale.
È stata la famiglia di Hernán Abriata, i Dittmar e i sopravvissuti che condivisero con lui la prigionia, a chiedere che il processo si svolgesse in terra argentina.
Sergio Torres, giudice federale incaricato del caso ESMA, chiese la sua cattura internazionale nel 2012, anche se avvenne solo nel 2019, esclusivamente per il caso Abriata. Da allora, Sandoval sta scontando la custodia cautelare in una cella del carcere VIP di Campo de Mayo.
Questo processo è iniziato a metà settembre di quest'anno ed è durato tre mesi. In questo periodo Sandoval ha parlato molto ed è apparso sempre coperto con occhiali, mascherine, guanti e altro. Ha ascoltato le accuse, le ha negate, ha replicato il tribunale e alla fine ha accettato la sentenza a testa bassa, tornando nella sua cella per scontare le conseguenze delle sue azioni.

Foto di copertina: canalabierto.com.ar

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