Il tribunale federale Argentino di San Rafael ha emesso una nuova richiesta di estradizione nei confronti di Don Franco Reverberi, il parroco italo - argentino accusato di tortura, crimini contro l'umanità, concorso in omicidio e privazione della libertà.
La nuova ordinanza del tribunale è arrivata dopo otto anni il rifiuto della precedente richiesta di estradizione negata dalla Corte d'appello di Bologna il 20 ottobre del 2013 rappresentando un nuovo segnale di speranza per le vittime della dittatura Argentina che da quarant'anni aspettano ancora giustizia.
A testimoniare contro il parroco Reverberi sono stati altri quattro ex detenuti politici: Mario Bracamonte, Sergio Chaqui, Roberto Rolando Flores Tobio ed Enzo Bello Crocefisso i quali hanno raccontato che mentre venivano torturati era presente il sacerdote Reverberi (al tempo della dittatura cappellano militare). In particolare Mario Brancamonte ha dichiarato che nel 1976, quando aveva solo 28 anni, venne portato nel centro clandestino di San Rafael e che durante un interminabile sessione di tortura riconobbe fra i presenti il sacerdote, il quale assisteva alle atrocità invitando i torturati a collaborare con i propri aguzzini tenendo una Bibbia in mano.
"A me non interessa nemmeno che Reverberi vada in carcere" - ha detto Mario - "voglio solo che risponda alle domande. Se ha partecipato alle nostre torture, era sicuramente presente anche quando facevano sparire i corpi dei morti. Io voglio solo che mi dica dove sono i miei compagni scomparsi, non chiedo altro. Voglio che risponda alle domande per ritrovare i compagni che oggi non possono più essere qui con noi".
Don Reverberi visse per oltre quarant'anni a San Rafael - città argentina a sud di Mendoza - dove durante gli anni della dittatura di Jorge Rafael Videla fu cappellano militare al centro clandestino di tortura e sterminio denominato "Casa Departamental", il solo tra i 340 centri di detenzione che venne installato all'interno di un tribunale.
Durante il regime di Videla vennero uccisi o fatti scomparire oltre 30mila oppositori politici, i "desaparecidos", uomini e donne che furono sequestrati e fatti sparire.
I militari assegnati alla "Casa" ricevettero uno speciale addestramento nelle tecniche di tortura le quali comprendevano lo stupro, pestaggi a morte, scosse elettriche e spesso i detenuti vennero appesi alle pareti e seviziati fino allo stremo.
Chi riusciva a sopravvivere rimase rinchiuso per anni oppure caricato su un aereo per essere poi buttato in mare con i "voli della morte" e fatto sparire.
Centri come la "Casa" ufficialmente non esistevano perché tutto quello che il regime permetteva dentro quelle mura doveva essere e rimanere un segreto.
Nel 2010 venne istruito un maxi processo dove vennero giudicati i responsabili delle efferatezze commesse dentro le mura dei centri di detenzione. Don Reverberi si dichiarò innocente e completamente estraneo ai fatti ma le autorità argentine continuarono ad indagare e il 14 giugno 2011 il procuratore federale José Maldonado lo convocò con un mandato di comparizione.
Tuttavia il 10 maggio 2011 il parroco volò in Italia, più precisamente a Sorbolo, un piccolo paese in provincia di Parma, dove officiò messa per anni.
Al fine di evitare di presenziare al procedimento penale, Don Rafael spedì al tribunale una dichiarazione di impossibilità a viaggiare allegata ad una una cartella clinica che attestava problemi cardiaci.

Fonte: La Repubblica

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