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Stella Moris: “Sentenza di oggi primo passo verso giustizia”

"Abbiamo apprezzato la decisione di non estradare Julian Assange negli Usa e riteniamo importante che la Corte abbia riconosciuto che, a causa delle sue condizioni di salute, Assange avrebbe rischiato di subire maltrattamenti nel sistema penitenziario statunitense". A dirlo è Nils Muižnieks, direttore per l'Europa di Amnesty International, commentando la decisione di oggi della corte londinese di respingere la richiesta di estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti. "Constatare che la decisione della Corte è corretta e salva Assange dall’estradizione non assolve le autorità del Regno Unito dall’aver voluto prendere parte a un procedimento politico nell’interesse degli Usa e aver mandato a processo la libertà d’informazione e la libertà d’espressione. Si è trattato in ogni caso di un terribile precedente di cui gli Usa sono responsabili e il Regno Unito è complice", ha concluso Muižnieks. La richiesta di estradizione da parte degli Usa si basava su accuse che derivano direttamente dalla diffusione di documenti riservati nell’ambito del lavoro giornalistico di Assange con Wikileaks. "Rendere pubbliche informazioni del genere è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica ad avere accesso a informazioni di interesse pubblico. Tutto questo dovrebbe essere oggetto di protezione e non di criminalizzazione", scrive Amnesty International in una nota. Se estradato negli Usa, Assange avrebbe potuto affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. "Avrebbe anche rischiato gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura", sottolinea Amnesty, ricordando che Assange è stato il primo soggetto editoriale a essere incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio. Anche Stella Moris, compagna del giornalista australiano, ha commentato la sentenza di questa mattina. "La vittoria di oggi è una vittoria per Julian ed è il primo passo verso la giustizia. Siamo contenti che il tribunale abbia riconosciuto la gravità e la disumanità di ciò che ha patito e di ciò che dovrebbe affrontare, ma non dimentichiamoci che l'incriminazione negli Usa non è stata ritirata", ha detto la donna parlando con i giornalisti fuori dal tribunale. La Moris ha quindi lanciato un appello al presidente americano Donald Trump affinché "metta fine ora" alla vicenda. "Signor presidente, abbatta le mura di questa prigione. Lasci che i nostri bambini abbiano un padre. Liberi Julian, liberi la stampa, ci liberi tutti", ha detto la donna. Cautela è stata espressa anche da Kristinn Hrafnsson, direttore di Wikileaks, per il quale il successo ottenuto oggi in tribunale "non è necessariamente una vittoria per il giornalismo". Per Hrafnsson, "la battaglia non sarà conclusa fino a quando Julian non potrà andare a casa e stare con la sua compagna e i ragazzi".

Foto © Espen Moe/Flickr

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