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di Karim El Sadi
Domani i cittadini saranno chiamati alle urne

Uno stato palestinese metterebbe in pericolo la nostra esistenza”. Senza alcuna remora a pronunciare queste parole è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Per questo motivo il primo ministro, alla vigilia delle elezioni anticipate nel Paese, ha promesso che in caso di vittoria ai seggi intende annettere la Cisgiordania allo stato d’Israele. Ignoti sono ancora i tempi e i modi per portare a compimento tale vasta operazione. La zona oltre ad essere molto “calda”, in virtù dei molteplici scontri, è particolarmente contesa tra le due parti. Dagli accordi di Oslo nei primi anni ‘90 ad oggi la regione è suddivisa in tre parti.
L’Area A, che comprende le metropoli palestinesi (Betlemme, Ramallah, Nablus) è, secondo gli accordi, a tutti gli effetti sotto il controllo dell’Autorità palestinese di Abu Mazen. Circostanza di fatto ignorata dalle forze di sicurezza israeliane che penetrano ogni giorno in Area A per effettuare arresti, e spesso avvertono le forze di sicurezza palestinesi solo a cose fatte.
L’ingresso nella regione A è proibito ai civili israeliani: la cosa viene segnalata da enormi cartelli stradali. Solo gli arabo-israeliani possono ignorarli. L’area B è un’area cuscinetto sotto controllo militare israeliano ma civile palestinese. Infine c’è la cruciale Area C, il 60 per cento della Cisgiordania ed è sotto controllo esclusivo dall’esercito israeliano che include tutti gli insediamenti israeliani illegali (quasi mezzo milione di abitanti) e alcune zone rurali circostanti con pochi abitanti palestinesi.
Ed è poprio dall’Area cosiddetta “C” che gli alleati oltranzisti di Netanyahu, come l’attuale ministro dell’istruzione Naftali Bennett, vorrebbero partire per l’annessione. L’idea è di espandere la sovranità israeliana offrendo la cittadinanza israeliana ad un numero contenuto di palestinesi, senza però mettere a repentaglio la maggioranza ebraica.
La Cisgiordania è stata militarmente, e secondo la comunità internazionale e le Nazioni Unite, illegalmente occupata da Israele dal 1967 in occasione della “Guerra dei sei giorni”. La regione costituisce, in qualsiasi piano di pace o risoluzione delle Nazioni Unite dal 1947 ad oggi, il cuore del territorio su cui dovrebbe nascere lo stato di Palestina. Ragion per cui se i piani di Benjamin Netanyahu dovessero realizzarsi, tale espansione, che con ogni previsione verrà aspramente criticata se non condannata dalle Nazioni Unite, darebbe il colpo di grazia alla soluzione a due Stati tanto ricercata e sempre più lontana.

Foto © Imagoeconomica

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