di Davide Frattini
Gerusalemme Per due anni le urla sotto le finestre di casa si sono sovrapposte alle parole sussurrate nel giorno più sacro, quando Avichai Mandelblit è riunito in preghiera con la famiglia. I manifestanti sbraitavano perché il procuratore generale dello Stato prendesse la decisione che è arrivata ieri: stabilire se le prove raccolte dalla polizia in tre casi (denominati 1000, 2000, 4000, come un’ascensione piena di insidie verso i vertici del potere) fossero sufficienti a incriminare Benjamin Netanyahu. Mandelblit ha annunciato di voler procedere contro il primo ministro israeliano per abuso di fiducia e frode, anche per corruzione nel 4000. Le carte possono essere formalizzate solo dopo il voto del 9 aprile perché il premier deve essere ascoltato (di nuovo). "Sono vittima di una caccia alle streghe politica, smonterò le accuse. La sinistra aiutata dai media mi vuole incastrare per prendere il potere", reagisce in diretta tv il capo del governo.
L’accusa di corruzione ruota attorno alla presunta intesa tra Netanyahu (anche ministro delle Telecomunicazioni tra il 2014 e il 2017) e Shaul Elovitch, proprietario del gigante Bezeq. Elovitch avrebbe ottenuto il passaggio di leggi che gli hanno garantito oltre 200 milioni di dollari in cambio di articoli favorevoli al premier e alla famiglia pubblicati dal sito Walla, sotto il suo controllo. Gli altri casi sono legati a sigari e champagne rosé ricevuti in regalo da uomini d’affari e al presunto baratto di favori tra Netanyahu e Arnon Mozes, a capo del colosso editoriale che pubblica Yedioth Ahronoth, il giornale più letto nel Paese. Gli analisti cercano di capire quanto la decisione di volerlo incriminare influirà sul voto che potrebbe dare a Netanyahu il quarto mandato consecutivo. Un sondaggio effettuato prima dell’annuncio indica che la maggioranza degli elettori di destra è convinta sia solo un complotto per rimuoverlo.
Tratto da: Il Corriere della Sera
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