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"Potevi vedere il suo volto che era diventato viola, aveva difficoltà a respirare, gli occhi erano rivolti verso l'alto. Sentivo che non potevo fare niente. Lì c'era una forza più grande ed io mi sentivo come se lo stessi tradendo". Sono le parole della giovane 18enne Genevieve Hanson che filmò la scena del pestaggio e del soffocamento di George Floyd. La ragazza, sentita ieri nel terzo giorno del processo per l'uccisione da parte della polizia di Floyd, ha deposto senza essere ripresa dalle telecamere perché, all'epoca della morte, l'anno scorso, era minorenne. "Mi sono resa conto subito che c'era qualcosa di sbagliato - ha aggiunto - così ho cominciato a registrare con il cellulare. Quell'uomo diceva che non respirava, poi ha cominciato a chiedere aiuto alla mamma. Si vedeva che aveva difficoltà a respirare, stava cercando di farlo. Era chiaro che se quel poliziotto avesse continuato a mantenere il ginocchio sul suo collo, Floyd sarebbe morto". Nel corso dell'udienza non sono mancati i due confronti con gli avvocati della difesa e ha ribadito l'utilità di aver preso il telefonino per filmare quello che stava accaddendo. In una prima deposizione, ancora scioccata dagli eventi, la ragazza aveva parlato di quattro non tre poliziotti che si accanivano contro Floyd. Incalzata dalla difesa su questa 'contraddizione' la ragazza ha ribattuto: "ecco perché è stato importante filmare tutto. L'emozione e la memoria possono ingannare ma qui è stato tutto filmato". La Hansen ha anche rilevato il tempo "di risposta anormale" dei soccorsi. Sia i medici di emergenza che i vigili del fuoco, ha detto, sembrano essere arrivati sulla scena in più tempo di quanto non fosse possibile. La stazione dei vigili del fuoco più vicina, ha sottolineato, era a soli tre isolati di distanza e ha aggiunto: data l'entità dell'emergenza, sia un'ambulanza che i vigili del fuoco sarebbero dovuti arrivare sulla scena in circa tre minuti.

Foto © "File:George Floyd (49941413868).jpg" by Chad Davis from United States is licensed under CC BY-SA 2.0

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