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L’allarme del Nobel per la pace 2017: manca la volontà politica per fermare l’escalation

"Stiamo camminando nel sonno verso una catastrofe nucleare che distruggerà la civiltà umana. Ma questo non è il futuro che deve essere. Le armi nucleari non sono una forza della natura su cui non abbiamo controllo. Sono piccole macchine che abbiamo costruito con le nostre mani. Sappiamo come smontarle. Manca solo la volontà politica di riportarci indietro dal baratro. E sta a noi creare questa volontà politica". Pesano come macigni le parole di Ira Helfand, medico e membro del board della Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), vincitore del Nobel per la pace nel 2017, audito nei giorni scorsi alla Camera nelle commissioni Difesa ed Esteri di Montecitorio, sul disarmo nucleare. "Il pericolo di una guerra nucleare è più grande che mai - ha spiegato Helfand -. Nove nazioni detengono un totale di circa 12.000 testate nucleari, il 90% delle quali negli arsenali di Stati Uniti e Russia. Le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Russia, Stati Uniti e Cina, India e Pakistan, Israele e Iran, Corea del Nord e Corea del Sud sono tutti potenziali punti di innesco per una guerra nucleare. Studi recenti hanno dimostrato che anche una guerra nucleare limitata, come quella che potrebbe avere luogo tra India e Pakistan, immetterebbe nell'alta atmosfera una quantità di fuliggine sufficiente a causare un'alterazione del clima globale e una ‘carestia nucleare’ che potrebbe uccidere oltre 2 miliardi di persone in tutto il mondo, tra cui più di 30 milioni di persone in Italia. Una guerra su scala più ampia tra Stati Uniti e Russia ucciderebbe più di 5 miliardi di persone nel mondo e più di 55 milioni in Italia. Entrambi gli scenari significherebbero la fine della civiltà moderna".

Uno scenario apocalittico che, come ha sottolineato ai microfoni di Metropolis, di giorno in giorno potrebbe verificarsi anche per il perdurare delle tensioni tra Israele e Iran. “È difficile controllare l’escalation quando inizia, per questo Israele non deve rispondere all’Iran”, ha detto Helfand a Il Fatto Quotidiano che lo ha incontrato alla mostra Senzatomica di Roma, durante il suo tour italiano che lo ha portato anche a Montecitorio.


helfand yt the progressive magazine

Ira Helfand (frame tratto da The Progressive Magazine-YouTube)


Siamo più vicini che mai alla guerra nucleare e la politica sembra non capirlo. Negli anni 80 abbiamo mobilitato milioni di persone. C’erano 70 mila testate atomiche e ne abbiamo smantellate 50 mila. Ora dobbiamo finire il lavoro - ha aggiunto -. Siamo abbastanza sicuri che Teheran non abbia armi nucleari, ma sa dove si trova il reattore israeliano, a Dimona. Le conseguenze ricadrebbero anche sui palestinesi e gli Stati arabi limitrofi”.

Dal secondo dopo guerra, le armi atomiche sono state giustificate in quanto deterrenti nucleari. “È un dato di fatto che se Washington attaccasse la Russia o la Cina con l’atomica distruggerebbe anche il territorio americano - ha continuato -. In Ucraina non possiamo escludere che i russi usino l’atomica tattica, vista l’irresponsabilità dimostrata da Putin”.

Helfand ha ribadito che finché uno Stato avrà un’arma nucleare “ci sarà sempre il rischio che la usi”. Per questo motivo con ICAN lavora da tempo per affermare questo principio logico nel dibattito pubblico statunitense e per incentivare il disarmo.

Nel suo tour in Italia, Helfand ha incontrato anche il cardinale Michael Czerny in Vaticano a cui ha chiesto “di fare di più”. “Papa Francesco è stato chiaro, ma negli Usa pochissimi vescovi parlano di rischio nucleare. Ai politici italiani ho spiegato che l’Italia può giocare un ruolo molto importante, in quanto alleato degli Usa e membro Nato - ha concluso -. Può fare pressione su Washington, cominciando dalla ratifica del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Si può restare nella Nato anche chiedendo agli Usa di rimuovere le testate atomiche custodite nelle basi di Ghedi e Aviano”.

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