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I Brics condannano l’assedio. Oms e Unrwa duramente colpite dai raid a Gaza

Si avvicina la possibilità di un accordo tra Israele e Hamas che prevede lo scambio di ostaggi per i detenuti palestinesi e un cessate il fuoco temporaneo. Sembra imminente ma le tensioni tra Israele, Arabia Saudita e Giordania non diminuiscono. Oggi si sono susseguite le indiscrezioni e le dichiarazioni relative a un'imminente intesa per il rilascio di parte dei 240 ostaggi rapiti da Hamas lo scorso 7 ottobre, accordo che deve essere approvato dal governo israeliano che si riunisce in queste ore. Secondo quanto riferisce il quotidiano israeliano "The Times of Israel", Hamas avrebbe 210 ostaggi nelle sue mani, mentre una trentina sarebbe nelle mani di un altro gruppo armato palestinese, la Jihad islamica. Le parti avrebbero negoziato un accordo per il rilascio di circa 50 ostaggi, in gran parte donne e bambini, in cambio di un cessate il fuoco di quattro giorni a Gaza e della liberazione di 150-300 prigionieri palestinesi, oltre all'ingresso di carburante e altri beni nell'enclave, secondo i resoconti dei media israeliani. Altri media riferiscono che gli ostaggi liberati potrebbero essere 80. Secondo una fonte governativa citata dal "The Times of Israel" gli ostaggi non dovrebbero essere rilasciati tutti insieme, ma dilazionati in gruppi di 12-13 al giorno, se reggerà il cessate il fuoco. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato oggi che Israele "sta facendo progressi" a proposito dell'accordo sul rilascio degli ostaggi detenuti dentro la Striscia di Gaza. Il primo ministro si è augurato “di avere presto buone notizie". Sul tema è intervenuto anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, affermando che un accordo per la liberazione di alcuni degli ostaggi catturati da Hamas dopo l'attacco sferrato il 7 ottobre scorso contro Israele è "molto vicino". "Stiamo lavorando da settimane per raggiungere un accordo: siamo molto vicini, e presto riusciremo a riportare alcuni di questi ostaggi a casa", ha detto. Questa mattina, un membro del movimento islamista palestinese Hamas, Izzat al Rishq, ha affermato che nelle prossime ore potrebbe essere annunciato un accordo di cessate il fuoco mediato dal Qatar. Secondo Al Jazeera l'accordo includerà anche "uno scambio di prigionieri per rilasciare le donne e i bambini palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane, in cambio di donne e bambini israeliani" tenuti in ostaggio da Hamas. Secondo quanto riferito da Al Rishq, la mediazione del Qatar permetterà anche l'accesso di aiuti umanitari nell'intera Striscia di Gaza e il trasferimento dei feriti in altri Paesi per essere curati. Il funzionario di Hamas ha anche dichiarato che "i colloqui proseguono da settimane" accusando Netanyahu di prendere tempo.


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Benjamin Netanyahu


L’ultradestra si oppone all’accordo per liberare gli ostaggi
Ad ostacolare l’accordo per un “cessate il fuoco” sono i partiti israeliani di estrema destra, “Sionismo religioso” e “Otzma Yehudit”, che si sono detti fortemente contrari al piano per la liberazione degli ostaggi nella sua forma attuale. “Sionismo religioso”, il partito guidato da Bezalel Smotrich, ha affermato che l'accordo proposto “è negativo e non deve essere accettato", indicando che il partito sostiene il proseguimento della guerra fino alla completa distruzione di Hamas, alla restituzione di tutti gli ostaggi e all'eliminazione delle minacce rappresentate dalla Striscia di Gaza. Quindi, all’uccisione - se necessario - di tutti i palestinesi dell’enclave. Secondo il partito, Hamas e il suo leader Yahya Sinwar stanno proponendo l'accordo perché sono alla disperata ricerca di "giorni di tregua per potersi organizzare per continuare i combattimenti". Per il partito di Smotrich, l'accordo abbandonerà gli ostaggi che non verranno liberati per un periodo di tempo indefinito, "alzerà il prezzo" del loro rilascio e darà ad Hamas l'opportunità di nasconderli più a lungo. Da parte sua, il partito Otzma Yehudit, guidato da Itamar Ben-Gvir, ha scritto che l'intesa deve includere il rilascio di tutti gli ostaggi. Il partito ha affermato che l'accordo esistente "si tradurrà in una significativa riduzione della possibilità di restituire il resto degli ostaggi tenuti da Hamas, compresi i nostri soldati".

Sale il bilancio delle vittime a Gaza
Mentre l'accordo per il rilascio di parte degli ostaggi sembra sempre più vicino, sono risuonate le sirene nel centro di Israele, in seguito al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza. Nel nord di Israele si sono attivati i sistemi di allarme in seguito a una presunta infiltrazione con droni dal Libano meridionale. Intanto, il governo di Gaza ha aggiornato a 14.128 il numero dei morti palestinesi, tra cui almeno 5.600 minori e 3.550 donne, dall'inizio del conflitto con Israele lo scorso 7 ottobre. I feriti sono almeno 33 mila. Sul piano operativo, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno dichiarato di aver circondato il campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza. Circa 20.000 abitanti di Gaza stanno evacuando ogni giorno verso sud, hanno detto le Idf, aggiungendo che per ora non potranno tornare, anche se le operazioni si dovessero spostare nel sud dell'enclave palestinese. Nella Striscia di Gaza vengono uccisi “circa 160 bambini ogni giorno, uno ogni dieci minuti, in circostanze terrificanti”, ha detto in conferenza stampa il portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Christian Lindmeier. Sempre ogni dieci minuti, ha aggiunto, due bambini vengono feriti. Nella stessa occasione, l’Unicef (l’agenzia Onu per l’infanzia) tramite il portavoce James Elder ha avvertito che le morti potrebbero aumentare in modo drastico a causa di epidemie nella Striscia, sotto assedio senza acqua, elettricità e cure mediche.





L’Arabia Saudita stoppa l’invio di armi a Israele e i Brics condannano l’assedio
Il principe ereditario dell'Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, ha chiesto di fermare le esportazioni di armi a Israele. Durante un vertice straordinario virtuale dei Paesi membri del gruppo Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), l'erede al trono saudita ha chiesto l'avvio di un processo di pace "serio e completo per la creazione di uno Stato palestinese lungo i confini del 1967". Bin Salman ha ribadito che "non c’è modo di raggiungere la sicurezza e la stabilità in Palestina se non attraverso l'attuazione delle decisioni internazionali relative alla soluzione dei due Stati" e la condanna del suo Paese "all'offensiva di Israele nella Striscia di Gaza e allo sfollamento forzato dei palestinesi dall'enclave". Infine, il principe ereditario ha auspicato "sforzi collettivi per fermare il deterioramento delle condizioni umanitarie a Gaza".
Oltre all’Arabia Saudita, tutti i leader dei Paesi Brics, nella dichiarazione congiunta finale al vertice on line di oggi, si sono opposti alla “deportazione forzata dei palestinesi”. I Paesi Brics hanno discusso “gli atti di violenza contro i civili palestinesi e israeliani, in particolare i crimini di guerra” ed esprimono profonda preoccupazione per la grave situazione umanitaria nel “territorio palestinese occupato”. Il presidente cinese Xi Jinping ha addirittura chiesto una “conferenza di pace internazionale” per mettere fine alla guerra tra Israele e Hamas. Il primo ministro egiziano Mustafa Madbulya ha sottolineato quanto “ciò che Israele sta commettendo in Palestina rappresenta una minaccia alla sicurezza egiziana, qualsiasi spostamento forzato della popolazione della Striscia di Gaza rappresenta una chiara minaccia per lo Stato egiziano e l’Egitto non esiterà a utilizzare tutte le misure per garantire la protezione e la preservazione dei suoi confini”. Anche Vladimir Putin si è espresso, parlando di “catastrofe umanitaria” nella Striscia che desta “profonda preoccupazione”.

L’assedio israeliano non risparmia nessuno, neanche la comunità internazionale
Nello scenario internazionale non smette di farsi sentire Medici Senza Frontiere che ancora una volta si è detta “inorridita dall'uccisione di due suoi medici, il dottor Mahmoud Abu Nujaila e il dottor Ahmad Al Sahar, e di un terzo medico, il dottor Ziad Al-Tatari, a seguito di un attacco all'ospedale di Al Awda, uno degli ultimi ospedali funzionanti nel nord della Striscia di Gaza. Il nostro pensiero va alle loro famiglie e a tutti i colleghi in lutto per la loro morte". L'organizzazione sanitaria umanitaria, “in un comunicato, sottolinea come “il dottor Abu Nujaila e il dottor Al Sahar si trovavano nella struttura quando è stata colpita al terzo e al quarto piano. Anche altro personale medico, compreso quello di Msf, è rimasto gravemente ferito. Msf ha regolarmente informato le parti in conflitto che l'Al Awda era un ospedale funzionante e sulla presenza di suoi operatori all'interno della struttura. Anche le coordinate Gps sono state condivise ieri con le autorità israeliane. Condanniamo questo attacco con la massima fermezza e chiediamo ancora una volta il rispetto e la protezione delle strutture mediche, del personale e dei pazienti".


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"In questo momento, più di 200 pazienti sono ancora all'ospedale di Al Awda senza poter ricevere le cure di cui hanno bisogno - si legge -. Questi pazienti devono essere evacuati immediatamente e in sicurezza in altri ospedali ancora funzionanti, sebbene da ottobre tutti gli ospedali di Gaza stiano lavorando oltre le loro capacità a causa della carenza di forniture, degli attacchi e del carico di lavoro estremamente elevato. Questo è l'ennesimo incidente che ha colpito il personale di Msf negli ultimi giorni. I nostri colleghi, che assistono centinaia di pazienti a Gaza, stanno affrontando momenti estremamente difficili per fornire le poche cure mediche che possono. È estremamente tragico vedere medici uccisi accanto ai letti degli ospedali e questo deve finire subito". "Gli attacchi alle strutture mediche sono una grave violazione del diritto internazionale umanitario e nelle ultime settimane sono diventati sistematici", ha fatto sapere Msf, ribadendo il suo appello per un immediato cessate il fuoco a Gaza, ora più che mai, per la fine dell'assedio e per la protezione delle strutture sanitarie e del personale medico. Msf lavora ad Al Awda dal 2018, con interventi di chirurgia ricostruttiva per gli adulti e di chirurgia traumatologica per i bambini. Rendiamo omaggio al coraggio dei nostri colleghi e li ricorderemo sempre".

Ong: “Oltre cinquanta giornalisti morti, mai così tanti in un conflitto”
Anche i giornalisti nella Striscia di Gaza continuano ad essere uccisi dai raid israeliani. Ayat Khadoura era una giornalista freelance palestinese. È stata uccisa insieme ai suoi familiari il 20 novembre, durante un attacco delle forze aree israeliane contro la sua casa di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza. “Avevamo grandi sogni, ma il nostro sogno ora è di essere uccisi tutti interi, in modo che sappiano chi siamo” scriveva sui social il 6 novembre, in quello che definiva “il mio ultimo messaggio al mondo”. Con la morte di Khadoura è salito a oltre cinquanta il numero di giornalisti uccisi nel conflitto tra Israele e Hamas scoppiato il 7 ottobre scorso. Le cifre diffuse dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) fotografano il mese più sanguinoso da quando l’ong per la libertà di stampa ha iniziato a monitorare le morti dei reporter, nel 1992. Il bilancio va conteggiato con i due cronisti deceduti il 21 novembre in un raid israeliano nel sud del Libano, che portano il totale ad almeno 53: come riferisce il Cpj, 46 sono palestinesi, quattro israeliani e tre libanesi.
I numeri di questo conflitto segnano una “triste pietra miliare” per la categoria: il confronto con la guerra in Ucraina, dove sono stati uccisi “solo” 15 reporter in quasi due anni, è allarmante. Il giorno più mortale è stato proprio il 7 ottobre, l’inizio della nuova escalation, quando tra le vittime civili ci furono anche sei reporter. Il secondo lo scorso sabato, quando ne sono stati uccisi cinque. “I giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante durante i periodi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in guerra”, ha affermato in una nota Sherif Mansour, coordinatore del Cpj per il Medio Oriente e il Nord Africa. Oltre ai morti, segnala l’ong, 11 giornalisti sono rimasti feriti e tre risultano dispersi. Almeno 18 sono stati arrestati.
Su Twitter, invece, il commissario generale dell’Unrwa Philippe Lazzarini ha scritto che dal 7 ottobre sono stati uccisi 108 membri dell’organizzazione sotto l’assedio israeliano. Inoltre, sono state colpite quasi 67 strutture dell’organizzazione, 17 delle quali direttamente. “La maggior parte di queste si trovava nelle zone centrali e nel sud, dove alle persone veniva promessa sicurezza”, sottolinea. “Non possiamo nemmeno proteggere le persone sotto l’egida delle Nazioni Unite”, incalza. Si ritiene che 176 persone rifugiate nelle strutture dell’Unrwa siano state uccise e almeno 778 siano quelle rimaste ferite negli attacchi israeliani, compresi quelli recenti contro due scuole gestite dall’organizzazione.

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