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Il giornalista ascoltato sull’intervista a Giovanni Aiello. In aula anche le audizioni a “difesa” di Gaetano Scotto

Una decina di anni fa intervistai Giovanni Aiello insieme al collega Salvo Palazzolo e un collega del ‘Quotidiano della Calabria’, perché negli anni precedenti avevamo sentito parlare non tanto di Aiello bensì di come lo chiamavano: ‘Faccia da mostro’, un personaggio giornalisticamente interessante. Credo fosse tra il 2012 e il 2013”.
E’ iniziata così la testimonianza di Attilio Bolzoni, sentito ieri mattina dinnanzi alla Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta (giudice a latere Monica Sammartino), nell'ambito del processo sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio.
Già giornalista del quotidiano “L’Ora” e “La Repubblica”, oggi firma del "Domani", Bolzoni, con Palazzolo, fu autore di quella intervista esclusiva su quell’ex agente di Polizia che al tempo era indagato da ben quattro Procure, sospettato di aver compiuto stragi e delitti come killer di Stato.


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Anche perché quel poliziotto sfregiato non sarebbe stato un volto “nuovo” per il giornalista che, così come aveva riferito alla Procura generale in precedenti verbali, ebbe l’impressione di averlo incontrato anche negli anni ’80 (periodo in cui quest’ultimo disse che non era più rientrato in Sicilia) nella zona Acquasanta-Arenella.
Ovviamente l’esame si è anche allargato ad altri temi. Del resto Bolzoni è tra i giornalisti storici che per anni si è occupato di mafia, a Palermo, negli anni della guerra di mafia, del maxi processo e quindi di tutto ciò che avvenne con le stragi in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Assieme a Bolzoni sono stati sentiti anche Carla e Marisa Benzi, a "difesa" di Gaetano Scotto, in quanto hanno dichiarato che lo stesso non si sarebbe mai spostato da Chiavari per recarsi al matrimonio di Nick Rizzuto in Canada. E, sullo stesso punto (citato dal difensore avv. Scozzola) è stato sentito anche Angelo Morana.
Infine, è stata la volta di Merenda Rosario, Capitano dei Carabinieri in servizio presso la Dia di Palermo, per parlare delle risultanze sul conto di Alfonso Salzano; sugli accertamenti riguardanti il costruttore Seidita e sui riscontri alle dichiarazioni rese da Vito Galatolo e quelle di Vito Lo Forte  su “Faccia da mostro”.


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L’incontro con “Faccia da mostro”
Risale ad una decina di anni fa l’intervista che Attilio Bolzoni, assieme a due colleghi giornalisti, fece a Giovanni Aiello, alias “Faccia da mostro”. “Lo intervistammo in provincia di Catanzaro nel paesino in cui abitava, mi pare si chiamasse Montauro - ha detto il giornalista in aula -. Andammo perché nei mesi, ma anche negli anni precedenti, avevamo sentito parlare tanto di ‘Faccia da mostro’. Il personaggio era giornalisticamente interessante perché c’era chi diceva che fosse coinvolto nell’attentato all’Addaura, chi invece che fosse coinvolto in altre stragi. Se non ricordo male avevamo letto qualcosa di Luigi Ilardo e qualcosa di un collaboratore di giustizia che si chiamava Vito Lo Forte. E poi avevamo informazioni su certe sue attività. Si parlava di attentati su treni o caserme nel Nord Italia e di un suo presunto coinvolgimento in alcuni delitti palermitani tra cui quello di Nino Agostino. Per cui era un personaggio estremamente interessante”.
Si trattava di un uomo “molto alto”, con una cicatrice in volto “ma in quell’occasione non era molto visibile perché il suo viso era molto particolare e deformato. Per questo la cicatrice si intravedeva solo da vicino”, ha continuato Bolzoni che quando lo vide presentandosi disse: “Ma io a lei la conosco”. Bolzoni ha detto di ricordare di aver incontrato Aiello ben prima di quella intervista “nella piazza dove c’è la questura di Palermo”. “L’ho localizzato su quel bastione che dalla questura arriva alla squadra mobile. Non ricordo quando ma il ricordo l’ho associato a quel luogo”.


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Una curiosa intervista
Bolzoni ricorda che quella ad Aiello fu una lunga intervista pianificata con cura e controllando i movimenti di “Faccia da mostro”.
La prima cosa che mi disse riguardava proprio la cicatrice. Mi parlò di un presunto scontro a fuoco in Sardegna con la banda di Graziano Mesina (alias “Gratzianeddu”). Dico ‘presunto’ perché io avevo letto qualcosa secondo cui non andarono così le cose ma non ho mai approfondito - ha riferito Bolzoni alla Corte -. Poi mi ha raccontato a lungo di com’era stato arruolato, ed io pazientemente lo ascoltai perché da qualche parte doveva arrivare la chiacchierata. Aveva presentato domanda per Polizia e che non aveva ricevuto inizialmente risposta: era stato anche preso in giro dal padre (che gli disse ‘non sei buono manco per fare poliziotto’) e invece poi gli arrivò una convocazione per fare un corso. E mi disse una cosa un po’ curiosa: ‘Mi hanno assegnato ad un reparto che avrebbe dovuto partecipare al ‘Piano Solo’’. La cosa mi sorprese molto perché il ‘Piano Solo’ era il tentato golpe. Si chiamava così perché era solo dei carabinieri e lui era un poliziotto. E quindi i conti da una parte non mi tornavano mentre dall’altra continuavo a non capire perché me lo avesse detto”.


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Secondo quanto riferito dal giornalista, Aiello rimase molto vago sulle spiegazioni e cambiò discorso. “Iniziò a parlarmi di un’altra cosa che per me era abbastanza incomprensibile in quel momento: mi raccontò di alcune rapine fatte a Palermo negli anni ’70. Io arrivai a Palermo a lavorare nel giornale l’Ora nel ’79 e ne avevo sentito parlare di queste rapine, le chiamavano ‘rapine all’arancia meccanica’ ma non me ne ero mai occupato. E non capivo perché insistesse tanto a parlarmi di questo. Poi mi disse che ad un certo punto arrestarono anche uno di questi rapinatori e mentre inseguiva uno di questi un pastore tedesco lo azzannò alla gamba e venne anche fotografato da un fotografo. Poi cambiò discorso”.
Una volta tornato a Roma, Bolzoni cercò quell’articolo del giornale “L’Ora”, “ed effettivamente c’era in prima pagina quella foto con il jeans strappato e mi sono andato a leggere le sette colonne di piombo che c’erano nella pagina interna. In tutto questo scritto c’era un solo nome: quello di un poliziotto che avevo conosciuto a Palermo nei primissimi anni ’80. Era un poliziotto che dalla Questura andò a lavorare ai servizi segreti all’alto commissariato assieme al dottore Contrada. Questa persona si chiamava Effisio Puddu”, ha detto il teste.
Aiello, inoltre, mi disse un’altra cosa molto curiosa: ‘Se avessi compiuto alcune delle cose di cui mi accusano sarei di casa al Ministero dell’Interno. E invece al Ministero dell'Interno ci sono andato solo una volta per sbrigare faccende riguardanti la mia pensione’”.





Quello scoop su "Falcone spiato”
Ultimo argomento trattato nell’arco della testimonianza del giornalista Attilio Bolzoni è stato lo scoop su “Falcone spiato”. “Con  il dr. Falcone e il dr. Borsellino ci si vedeva frequentemente in quegli anni e non si parlava solo di Addaura ma di ciò che stava accadendo. Dopo l’Addaura la cosa che ricordo di più è la vicenda legata a quel testimone che stava ascoltando Falcone in quei mesi: Volo”. L’avvocato Fabio Repici ha poi spostato l’attenzione su un altro argomento scottante: l’attività di spionaggio ai danni di Giovanni Falcone all’ufficio istruzione. Argomento ben noto al teste. “La mattina del 5 agosto dell’89 ricevetti un intero rapporto giudiziario che era stato presentato la mattina stessa alla procura della Repubblica. E quando mi fu consegnato rimasi sbalordito prima perché mi consegnarono un rapporto appena presentato alla procura della Repubblica e non è tanto normale - ha detto Bolzoni -. Me lo consegnarono due persone. Uno dei due era Arnaldo La Barbera, l’altro nome non posso dirlo per segreto professionale. Quel rapporto sosteneva che il dottor Falcone era spiato”.


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Dopo la lettura del rapporto Bolzoni decise di scrivere un articolo e all’indomani uscì un titolo in prima pagina: “Falcone spiato”. Ma qualcosa andò storto. “Tutti smentiscono. Io rimasi un po’ perplesso perché il rapporto era vero ed era stato presentato. Non capivo perché smentivano. Il giorno successivo uscì un’intervista su ‘la Repubblica’ ad un alto funzionario di Polizia, il Capo della Polizia Vincenzo Parisi, che al giornalista Giuseppe d’Avanzo disse che Falcone non era spiato ma spiatissimo. Il mio collega è morto ma nel corso degli anni ne abbiamo parlato, ma non abbiamo mai capito se siamo stati in qualche modo lo strumento di qualcuno - ha continuato Bolzoni -. Questo perché giornalisticamente abbiamo incassato il risultato, lo scoop, ma non ci bastava. Volevamo capire cos’era successo. E non abbiamo capito se quel rapporto - che era vero -, se quella vicenda volesse in qualche modo aiutare il dottore Falcone per mantenere alta l’attenzione in quel periodo in cui lo stesso Falcone era molto esposto o se fosse stato un segnale al contrario per delegittimarlo. Nel corso degli anni abbiamo sempre pensato che la prima ipotesi fosse la più credibile ma non abbiamo avuto mai contezza”.


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Gaetano Scotto in Canada? Sì, però No… Boh
Dopo Attilio Bolzoni è stata la volta delle sorelle Carla e Marisa Benzi. Due teste a "difesa" di Gaetano Scotto, in quanto hanno dichiarato che lo stesso non si sarebbe mai spostato da Chiavari, in quel periodo in cui la madre ebbe una relazione con il boss dell’Arenella (al tempo latitante), per recarsi al matrimonio di Nick Rizzuto in Canada.
Secondo il collaboratore di giustizia Oreste Pagano, sentito in videocollegamento la settimana scorsa dinnanzi alla medesima Corte nell’ambito di questo processo, ai festeggiamenti del matrimonio fra Nick Rizzuto ed Eleonora Ragusa avrebbe partecipato anche il capomafia de l’Arenella Gaetano Scotto. Ed è in quell’occasione che Alfonso Caruana gli disse: “‘Questo (Scotto, ndrè ricercato come te, tu per fattori che non avevi fatto e lui invece per l’omicidio di un poliziotto assieme alla moglie in stato interessante’ (incinta, ndr)”.


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Ho conosciuto Scotto Gaetano non come tale ma come Pino ma che in seguito a vicissitudini giuridiche e attraverso i media ho saputo che non era Pino, ma Gaetano Scotto - ha detto Carla Benzi -. L’ho conosciuto tra il ’94 e il ’96 perché frequentava mia mamma che risiedeva a Chiavari in provincia di GenovaTra mia mamma e ‘Pino’ nel tempo hanno avuto una relazione sentimentale. Per come l’ho sconosciuto io, sotto quelle matite spoglie non faceva pensare che fosse implicato in fatti così terribili. Certo, c'erano delle cose della sua vita che erano nascoste. Inoltre ogni tanto faceva il muratore ma della sua vita si sapeva molto poco”. “Rispetto alla latitanza di Scotto non posso dire di saperlo. Sapevo che non poteva lasciare Chiavari", ha continuato.
Le testimonianze delle sorelle Benzi, figlie di Maura Tamagna, che al tempo con Scotto aveva una relazione sentimentale, sono state al limite della contraddizione in particolare nel momento in cui non sono riuscite a dare delle chiare spiegazioni ad alcune intercettazioni contestate dal sostituto procuratore generale De Giglio, in cui facevano riferimento ad una serie di questioni che riguardavano lo Scotto: sia sul periodo di frequentazione tra lo stesso e la madre, ma anche le eventuali conoscenze sul viaggio in Canada di Scotto.


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Entrambe, nonostante le contestazioni, hanno negato di aver mai saputo degli spostamenti avuti dal boss. Certo hanno anche ammesso che vi sono stati dei periodi in cui la relazione terminò. Non solo. Entrambe hanno definito la madre come “una bugiarda” che “quando dice le cose se le aggiusta”.
Particolarmente complessa è stata anche la testimonianza di Angelo Morana che ugualmente ha dichiarato che con Scotto si frequentava a Chiavari per andare a ballare nei fine settimana. Ma non ha potuto escludere che lo stesso potesse essere assente in determinati periodi. Non solo. E’ anche emerso che lo stesso ha dato a Scotto una Sim telefonica, “a titolo d’amicizia”. E quando il Presidente Gulotta ha evidenziato l’anomalia di un tale gesto il teste ha detto di “aver commesso un errore”.
Il processo è stato rinviato al prossimo 22 aprile dove saranno sentiti la signora Tamagna, il collaboratore di giustizia Giuseppe Marchese, Alfonso Caruana e l’ex commissario Saverio Montalbano.

Video © Emanuele Di Stefano

Edited by Riccardo Caronìa

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