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20170502 125220di Davide de Bari - Video eFoto
Il pm Lombardo: “Da molti anni esiste la commissione nazionale e mondiale delle mafie

Il gemellaggio continuo...la rete delle scuole antimafia” è il titolo del dibattito avvenuto in contemporanea con diversi Istituti superiori di Partinico, Torino e Reggio Calabria, in occasione del 25esimo anniversario delle stragi di Palermo. L’incontro è stato organizzato dall'Istituto di Istruzione Superiore “Primo Levi” di Torino in collaborazione con Libera e Ass. Culturale Falcone e Borsellino, con il patrocino della città di Torino, per dibattere sul tema della presenza della mafia in Italia prima e dopo le stragi del ‘92 a distanza di 25 anni.
Durante l’incontro è intervenuto il magistrato reggino Giuseppe Lombardo: “Qual è l'errore che non dobbiamo fare? Pensare che il rapporto tra grandi mafie sia episodico, come la gestione di determinati affari: in realtà non è così. Paolo Borsellino una settimana prima di morire, aveva iniziato a interrogare un collaboratore di giustizia, Leonardo Messina. Fu ascoltato dalla Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante”, rispondendo a domande riguardo le intenzioni della mafia sulla ripresa della politica separatista e sull’esistenza di commissioni non solo provinciali e regionali, ma anche una commissione nazionale e mondiale, delle mafie.

video conf gemellaggio

La testa pensante
Se partiamo da qui - ha proseguito il pm della DDA di Reggio Calabria - troviamo risposta alla domanda della testa pensante, essa non è qualcosa di basso livello, perché se le mafie vanno lette come un unico sistema criminale integrato, in cui ognuno ha il suo ruolo, la cura di determinati territori, diventano qualcosa di diverso. La testa pensante della ndrangheta è nella provincia di Reggio Calabria”.
Secondo il giornalista della Gazzetta del Sud, Paolo Toscano, quando la ndrangheta non uccide più, ha raggiunto la cosiddetta pax mafiosa. “Ad esempio a Reggio Calabria – ha detto Toscano - viene stipulata la pax mafiosa sull'altare degli interessi che andrà a gestire”. Il giornalista ha sottolineato “il filo che lega Cosa Nostra alla ndrangheta: per ribadire che si tratta di un tutt'uno, ci sono inchieste della DDA di Reggio Calabria che confermano la presenza di Totò Riina nel 1991, travestito da frate, in cui partecipò al tavolo della pacificazione tra cosche, che avevano dato luogo alla guerra di ndrangheta con circa 700 morti”. “La strada ancora oggi è lunga, perché il fenomeno mafia è stato sottovalutato”.

Il Nord colonizzato dalle locali di ndrangheta
A spiegare il radicamento della ndrangheta al Nord, secondo alcuni non “vulnerabile all'infiltrazione mafiosa” è intervenuto il pm torinese Roberto Sparagna, secondo il quale la ndrangheta è presente nel territorio piemontese già dagli anni ‘60: “In Piemonte è successo come a Palermo con il Maxiprocesso, curato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nella prima decade del 2000 sono state fatte delle indagini in cui è stato affrontato il problema mafia. Oggi parliamo preventivamente di ndrangheta, dal punto di vista della sua struttura, grazie ai collaboratori di giustizia e alle intercettazioni che ci hanno permesso di comprendere il radicamento in Piemonte. Ci sono sentenze definitive che comprovano la presenza di locali di ndrangheta nella nostra regione, come se avessero stabilito delle colonie. Oltre al Piemonte anche in Lombardia sono presenti una quindicina di locali, accertate grazie a sentenze definitive”. “La mafia in Piemonte - ha aggiunto Sparagna - è un fenomeno giovane poiché copre un arco temporale di quattro generazioni”.

Il traffico dal Sud America
Al dibattito moderato dal Prof. Salvatore Bova della scuola “Primo Levi” di Torino, in simultanea con il Liceo “Leonardo Da Vinci” di Reggio Calabria e i ragazzi del Liceo “Santi Savarino” di Partinico è intervenuto Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila: “Una grande percentuale del traffico di cocaina nel mondo occidentale è nelle mani della ndrangheta. Da inchieste giornalistiche, la Calabria è la regione più ricca del mondo, perché la testa pensante è calabrese”. “Nel passaggio della cocaina dai porti dell’Argentina e del Brasile, non sono corrotte le forze di polizia, ma le Istituzioni, infatti sono stati offerti 200 mila dollari a un ministro per far passare le tonnellate di cocaina”.
In Sud America – ha aggiunto Bongiovanni -  il traffico è gestito della ndrangheta, mentre i grandi boss di Cosa Nostra fanno degli investimenti”.


Il futuro dei giovani
Bongiovanni, riferendosi agli studenti presenti in sala e collegati in video-conferenza, ha precisato l’importanza di “difendere lo Stato che davvero ci rappresenta, come i magistrati e i politici onesti, con le elezioni, le proteste civili, con la democrazia, l’eduzione alla legalità, la rivoluzione culturale. Dobbiamo cacciare lo Stato-mafia”. Anche il capo redattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari, è intervenuto dal Liceo “Santi Savarino” di Partinico, riferendosi a quanto sia di vitale importanza farsi delle domande riguardo i temi esposti dai relatori e non accontentarsi, ricercando e chiedendo sempre la verità: “La parola mafia non è più un tabù, lo dimostrano eventi come questi”. Pettinari ha poi ricordato l'integrazione della mafia nel tessuto economico-finanziario, “la criminalità organizzata è la prima azienda italiana con un fatturato di 150 mld l’anno, rinvestendo anche in attività legali. Si cerca – ha aggiunto Pettinari - il rapporto tra mafia e imprenditoria, che c’è sempre stato”. “È vero che la mafia non uccide più, ma ancora oggi alcuni magistrati sono oggetto di minacce di morte, come il pm Di Matteo e Lombardo. Per questo la guardia non deve essere abbassata”.
Toscano ha speso poi parole significative per far comprendere ai ragazzi l'importanza dell'unione davanti al fenomeno della mafia: “Gemellarsi significa camminare insieme, significa lavorare in sinergia e se l’obbiettivo è contrastare la mafia e la mentalità mafiosa, i risultati saranno migliori. Quando si lavora da soli è poco positivo. Lo sapeva benissimo Giovanni Falcone”.
Salvo Vitale, amico di battaglie di Peppino Impastato, assassinato dalla mafia il 9 maggio del 1978, è intervenuto insieme a Pettinari dal Liceo di Partinico: “Fare chiarezza è un elemento fondamentale, se vogliamo capire. Significa superare il velo dell’omertà e per superarlo bisogna parlare, come oggi stiamo facendo”. “Sostanzialmente perché la mafia se la prende con i giornalisti? - si è chiesto Salvo Vitale - Proprio perché fanno nomi e cognomi. Coloro che hanno il fegato di farlo, come quando Giancarlo Siani disse: 'Ci sono giornalisti-impiegati e giornalisti-giornalisti'”.

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