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berlusconi-silvio-web10di Nicola Tranfaglia - 15 marzo 2014
E'  trascorso poco più di un anno dall'uscita del decreto legislativo del 31 novembre 2012, meglio noto come legge Severino (dal nome del Guardasigilli durante il governo Monti) e già l'ineffabile Cavaliere di Arcore, quattro volte presidente del Consiglio durante il populismo trionfante, annuncia con la potenza dei suoi strumenti mediatici che sarà capolista nelle cinque circoscrizioni previste per il prossimo voto alle Europee del 25 maggio 2014.
L'immagine che mi viene in mente pensando al modo in cui Berlusconi pensa agli elettori  italiani è il titolo di un libro - Sudditi, un programma per i prossimi dieci anni - curato dall'economista Nicola Rossi e uscito alla fine del 2012 che conteneva al suo interno numerosi interventi di parlamentari e di giornalisti tra i quali vale la pena ricordare l'articolo di Pietro Ichino che non a caso titolava, riferendosi all'imprenditore di Arcore: "Il Sovrano la legge non la applica, la cambia".

Ed è in realtà quello che vuol fare Berlusconi.
In attesa della pronuncia della Corte Europea di Giustizia che si pronuncerà il 10 aprile prossimo, scommette apertamente sul fatto che sarà assolto da quel collegio, che non potrà dedicarsi ai servizi sociali ("io, un uomo di Stato e di impresa - ha detto pressapoco - essere riabilitato con i Servizi Sociali, è un oltraggio al paese e a me che lo ho rappresentato più volte, a livello internazionale!).
Peraltro c'è anche il fatto che - come scrisse uno scrittore come Alberto Arbasino alcuni anni fa - il nostro è sempre stato ed ora, dopo un ventennio di populismo trionfante, lo è ancora di più, un paese senza memoria. Sicchè se tutti ricordano lui come un grande industriale dell'edilizia e non che non è mai stato un costruttore ma soltanto un grande manovratore di capitali non suoi che gli consentono di presiedere società edilizie di grandi dimensioni), pochi hanno memoria del fatto che la sua rapida ascesa di imprenditore televisivo nasce dal fatto che il doppio aiuto del gruppo andreottiano della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista di Bettino Craxi gli consente di trasformare in pochi anni la stazione locale di Telemilano, prima in Canale Cinque e, poi, nei tre canali televisivi della Fininvest, destinata qualche anno dopo a divenire l'attuale Mediaset. Gli italiani dovrebbero ricordare che il cammino rapido dell'uomo di Arcore ha luogo per un particolare di cui di solito non fruiscono i nuovi imprenditori e cioè che Berlusconi fruisce di una disponibilità di denaro sempre più ampia che non proviene dalla sua fortuna personale, molto scarsa all'inizio e nei primi anni di impegno ma dall'afflusso di risorse finanziarie che arrivano da misteriose società svizzere o da altre fonti più o meno imprecisate. Se a questi elementi aggiungiamo gli accertati rapporti con lo stalliere Mangano, con il futuro senatore Dell'Utri e con i comuni amici palermitani abbiamo un quadro più somigliante della fortuna dell'uomo e della sua veloce ascesa ad alcune tra le cariche più alte della nazione.
Di qui colpisce ancora una volta l'arroganza con la quale il proprietario di gran parte delle televisioni commerciali e della connessa pubblicità in Italia ha apostrofato gli italiani chiedendo per Forza Italia i sei-settecentomila voti che gli servono per un buon successo del suo personale partito-azienda. C'è da sperare che il progetto questa volta vada incontro a un clamoroso fallimento.

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