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Migliaia di palestinesi tornano nella città ma trovano solo macerie e polvere. Al Cairo proseguono i negoziati, l'Egitto parla di progressi ma Israele nega

A sei mesi dall’inizio della guerra, l’esercito israeliano ha ritirato le proprie truppe dal sud della Striscia di Gaza. I palestinesi sfollati a Rafah, al confine con l’Egitto, che hanno fatto ritorno a Khan Younis hanno trovato però una città ridotta in macerie, spettrale, con centinaia di palazzi sventrati dalle esplosioni o in cenere. Le truppe della 98esima divisione di Tel Aviv, ovvero 15 mila soldati nelle divisioni delle brigate Commando, Givati e la Settima, hanno lasciato l’area a sud di Wadi Gaza. Ora in tutta la città sono rimaste le unità della brigata Nahal, che controlla il corridoio Netzarim. Secondo l’intelligence israeliana 18 dei 24 battaglioni di Hamas sono stati distrutti. Ne rimangono 4 a Rafah e due nell’area speciale. “Quel che bisognava fare l’abbiamo fatto. Ma la guerra non è ancora terminata”, ha detto il generale Herzi Halevi. “Abbiamo un piano e lo attueremo al momento giusto”. L’esercito ha anche difeso l’incursione nell’ospedale di Al-Shifa, condannata da tutti gli organismi internazionali.
Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, ritenuto uno dei più estremisti al governo, ha chiesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di convocare immediatamente una riunione del gabinetto di sicurezza per far luce sugli ultimi sviluppi della guerra in corso nella Striscia di Gaza dopo l'annunciato ritiro dei militari dell'Idf dal sud dell'enclave. Smotrich ha affermato che ''l'unico forum autorizzato a prendere decisioni significative in guerra è l'intero gabinetto di sicurezza, ma sfortunatamente non è stato così e stiamo assistendo a decisioni prese dal gabinetto di guerra più ristretto senza approvazione, senza aggiornare l’intero gabinetto, sotto la pressione internazionale''. E questo, secondo Smotrich, ''sta danneggiando la guerra e i nostri interessi di sicurezza''.
Intanto l’agenzia di stampa palestinese Wafa afferma che almeno sette persone sono morte e diverse altre rimaste ferite in un bombardamento israeliano che stamattina ha colpito il campo profughi di Shujaiya, nel centro della Striscia di Gaza. Altre sei persone erano rimaste uccise ieri sera in un raid a sud del campo di Nuseirat, sempre secondo la Wafa. Il bilancio delle vittime nell'enclave palestinese dal 7 ottobre è di almeno 33.175 morti e circa 75.886 feriti, rende noto il Ministero della Sanità locale gestito da Hamas.

Media egiziani, progressi significativi negoziati Gaza

I negoziati per una tregua nella Striscia di Gaza e per la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas hanno registrato "progressi significativi". Lo riporta Al-Qahera News, di orientamento filogovernativo egiziano, citando una fonte dei servizi di sicurezza del Cairo. Le delegazioni del Qatar e di Hamas sono ripartite dalla capitale egiziana e vi ritorneranno entro un paio di giorni per finalizzare i termini dell'accordo, spiega Al-Qahera News. Anche le delegazioni americana e israeliana lasceranno Il Cairo nelle prossime ore.
Hamas la cui delegazione si è incontrata ieri sera con il direttore generale dell'intelligence egiziana Abbas Kamel ha ribadito le sue richieste: la completa cessazione dell'aggressione da parte delle forze israeliane, il ritiro di queste dalla Striscia, il libero ritorno degli sfollati dell'enclave palestinese alle loro aree e luoghi di residenza, soccorsi per i palestinesi e inizio della ricostruzione, un accordo per il rilascio dei prigionieri palestinesi in cambio degli ostaggi israeliani.
Da parte israeliana non c’è chiarezza rispetto all’incontro odierno. Se una fonte dell’emittente israeliana Channel 12 afferma che “erano mesi che non eravamo così vicini a un accordo”, un’altra fonte israeliana ha riferito a Ynet di non vedere “ancora nessun accordo all'orizzonte. La distanza tra le parti è ancora grande".
Sul tema dei negoziati, intanto, il cardinale Matteo Zuppi ha affermato che per il rilascio degli ostaggi in Medio Oriente "bisogna negoziare. E' l'unica via”. Il presidente della Cei ha parlato nel programma Start su Sky TG24. Per Zuppi "l'insistenza di Papa Francesco" su questo "non è cedevolezza" ma "è proprio l'unica via".

Rivendicata uccisione capo forze speciali Hezbollah, Onu chiede de-escalation al confine

L'esercito israeliano ha confermato l'uccisione nel Sud del Libano del comandante delle forze Radwan, il corpo d'elite della milizia sciita Hezbollah, un miliziano identificato come Ali Ahmed Hasin, ucciso insieme ad altri due presunti membri del gruppo. L'attacco è avvenuto nella zona di Sultaniyeh, nel sud del Libano, e secondo Israele Hasin aveva un grado equivalente a quello di comandante di brigata ed era stato "responsabile della pianificazione e dell'esecuzione di attacchi" contro i civili israeliani nel nord del Paese.
Funzionari delle Nazioni Unite hanno affermato che sei mesi di violenza al confine tra Israele e Libano “devono finire”, sollecitando la de-escalation e "maggiore spazio per la diplomazia". “Sono passati sei mesi da quando sono iniziati gli scontri a fuoco lungo la Linea Blu, e continuano senza sosta, mietendo pesanti perdite da entrambe le parti”, hanno affermato in una dichiarazione congiunta la coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano, Joanna Wronecka, e Aroldo Lazaro, capo della Forza provvisoria delle Nazioni Unite in Libano (Unifil). 

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