Uccisi 66 palestinesi, tra cui un giornalista all’ospedale di Al Shifa. Pericolo carestia, l’Oms avverte: “La fame provocata può essere crimine di guerra”
Anche l’Irlanda sosterrà la causa intentata dal Sudafrica alla Corte di Giustizia Internazionale che dovrà stabilire se da parte di Israele siano in corso o ci siano state violazioni della Convenzione sul genocidio nei confronti della popolazione palestinese. L’annuncio ufficiale è arrivato dal ministro degli Esteri e della Difesa, Micheal Martin, mercoledì sera a Dublino: “Dopo l’analisi delle questioni legali e politiche emerse nel caso e la consultazione con i partner internazionali - si legge in un comunicato dell’esecutivo - il tanaiste (vicepremier irlandese, ndr) ha ordinato ai funzionari di iniziare i lavori su una Dichiarazione di intervento ai sensi dell’articolo 63 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia. L’intenzione è che la Dichiarazione di intervento sia inviata una volta che il Sudafrica avrà depositato la sua memoria. È probabile che ciò richieda diversi mesi. L’Irlanda collaborerà strettamente con una serie di partner che hanno confermato la loro intenzione di intervenire”. Intanto anche dall’Onu si ipotizzano crimini di guerra legati alle condizioni di inedia nelle quali è costretta la popolazione di Gaza.
Nel testo, Martin spiega che secondo il governo di Dublino, tutto ciò che è successo dal 7 ottobre, dall’attacco di Hamas e poi con la reazione violenta di Israele, non può più essere accettato: “Spetta alla Corte stabilire se si stia commettendo un genocidio - afferma -, ma voglio essere chiaro nel ribadire che ciò che abbiamo visto il 7 ottobre in Israele e ciò che stiamo vedendo ora a Gaza rappresenta la palese violazione del diritto umanitario internazionale su vasta scala. La presa di ostaggi, il rifiuto intenzionale dell’assistenza umanitaria ai civili, il prendere di mira i civili e le infrastrutture civili, l’uso indiscriminato di armi esplosive nelle aree popolate, l’uso di beni civili per scopi militari, la punizione collettiva di un intero popolo. L’elenco potrebbe continuare, invece deve finire. Il punto di vista della comunità internazionale è chiaro, quando è troppo è troppo”.
Continuano i raid nonostante la risoluzione Onu
Nonostante gli appelli internazionali che si rincorrono e la risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu su un cessate il fuoco immediato a Gaza, continuano i massicci bombardamenti di Israele sulla Striscia. Nella notte i raid, secondo quanto riferito dal ministero della Sanità locale, hanno provocato almeno 66 vittime (tra i quali il giornalista palestinese Muhammad Abu Sakhil, ucciso all'ospedale al-Shifa di Gaza City), mentre anche in Cisgiordania si registrano scontri a fuoco. Ma ad uccidere, nella Striscia, non sono solo i missili e i proiettili (i morti sarebbero 32.552): il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha messo in guardia sulla “incombente carestia” nella Striscia di Gaza a causa dei “bombardamenti in corso” da parte delle forze di Israele. “La fame e le malattie - ha scritto sul suo account X - continuano a devastare la popolazione. Ora è necessaria un’azione immediata e concertata. Ciò significa consentire e accelerare la consegna di cibo e di altre fonti nutritive e medicinali, proteggere gli ospedali in modo che i medici possano prendersi cura dei pazienti che soffrono di fame, malattie e lesioni”. Così anche le Nazioni Unite, con l’alto commissario per i diritti umani Volker Türk, ha affermato in un’intervista alla Bbc che Israele ha una responsabilità significativa sulla catastrofe umanitaria a Gaza e che esiste un caso “plausibile” secondo cui Israele stia usando la fame come arma di guerra a Gaza. Türk ha affermato che se l’intento fosse dimostrato, ciò equivarrebbe a un crimine di guerra.
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