Sull'abolizione dell'abuso d'ufficio: disegno per "dare vita a un diritto penale di casta"
“Di questi 220 miliardi (provenienti dal Pnrr, ndr), quale sarà la percentuale che andrà agli affaristi, ai lobbisti, alla mafia? Non lo sapremo, ma certamente queste sue riforme contribuiranno ad alzare moltissimo questo livello percentuale”.w
La seduta di ieri ha trattato un tema assai discusso: l’abolizione del reato di abuso d’ufficio e il ridimensionamento del reato di influenze illecite.
L’ex magistrato ha rilevato, come membro della commissione giustizia, che “la quasi totalità degli esperti che sono stati auditi ha evidenziato l'evanescenza delle motivazioni da lei addotte per questa riforma. La paura della firma non ha più alcuna ragion d'essere, tenuto conto che la riforma del reato di abuso d'ufficio del 2020 ha escluso radicalmente il sindacato del giudice penale su tutta l'amplissima gamma degli atti discrezionali della pubblica amministrazione. Quanto all'asserita inutilità del reato, che sarebbe dimostrata dall'elevato numero di archiviazioni e assoluzioni, le statistiche che sono state acquisite nel corso dell'audizione attestano che la percentuale media di archiviazione per tutti i reati è del 62 per cento e che tale soglia è stata superata nel 2021 per le archiviazioni (85% ndr) del reato di abuso d'ufficio, perché l'anno precedente, nel 2020, era stata approvata una riforma che ha depenalizzato tutta un'ampia gamma di comportamenti, che quindi sono stati archiviati. E un'ulteriore riprova dell'utilità del reato sono le 3.662 condanne definitive inflitte dal 1996 al 2020, una casistica impressionante di strumentalizzazioni affaristiche, nepotistiche e sopraffattrici delle funzioni pubbliche. Grazie alla sua riforma tutte queste condanne dovranno essere revocate. In sostanza, lo Stato e i cittadini onesti dovranno chiedere scusa a tutti questi abusatori conclamati per averli processati e condannati per comportamenti oggi ritenuti non più meritevoli di sanzione penale”.
A fronte di questo Roberto Scarpinato ha anche ricordato l’inerzia della maggioranza “governativa a dare impulso ad altre riforme ripetutamente richieste dall'Unione europea e da altri organismi internazionali per colmare il divario tra l'Italia e la quasi totalità dei Paesi europei in materia di regolazione delle lobby, di conflitto di interessi, strumenti essenziali di prevenzione della corruzione e per evitare che la politica si trasformi ogni giorno di più in cinghia di trasmissione di interessi di comitati di affari. È rimasto inascoltato il monito del Greco - ha detto - l'organismo anticorruzione del Consiglio europeo, che ha rilevato che l'Italia, insieme all'Ungheria e alla Slovenia, è l'unico Paese europeo a non avere una legge sulle lobby. È rimasto completamente indifferente all'ultimo report dell'associazione Transparency, che ha denunciato che oggi sono 97 i deputati e i senatori portatori di interessi privati, che hanno cioè partecipazioni in aziende o ruoli in consigli di amministrazione”.
Nordio, rispondendo, non si è posto il problema delle mafie e della sua radicale tendenza ad utilizzare i metodi dei colletti bianchi per fare affari e arrivare ad avere il controllo della cosa pubblica: nel suo discorso si è limitato ad affermare di “aver studiato a fondo la questione” per quanto riguarda le preoccupazioni dell'Europa sull'abuso d'ufficio e che sul punto della corruzione noi “abbiamo un arsenale normativo e repressivo che è all'avanguardia, come lei sa perfettamente, dell'Europa sia per quanto riguarda le fattispecie sia per quanto riguarda la gravità delle pene”.
Difficile non notare l’elusività della risposta. Difatti, il ministro forse non sa che le mafie hanno capito che “se non vogliono farsi processare e condannare, devono utilizzare gli stessi strumenti che i colletti bianchi hanno creato per garantire la propria impunità. Ormai c'è un termine corrente, si chiama ‘mafia - corruzione’”, ha sottolineato Scarpinato ricordando che il sacco edilizio di Palermo, quando in una sera erano state concesse più di tremila licenze edilizie, gran parte delle quali intestate ad una manciata di prestanome, dal sindaco della città Salvo Lima e dall'assessore ai lavori pubblici Vito Ciancimino, era stato fatto proprio con "l'abuso d'ufficio”.
Tutte queste licenze edilizie erano state “rilasciate infatti con l'abuso di ufficio. Proprio così. Il reato da contestare, oggi non lo potremmo contestare più. La mafia non fa più le estorsioni di una volta, ma si comporta come i colletti bianchi. Ha capito che bisogna farsi classe dirigente. Sono furbi. Perché rischiare con il traffico di stupefacenti e con le estorsioni e non ricorrere a corruzione o concussione, grazie al fatto che la vostra maggioranza sta impedendo alla magistratura di portare alla luce questi reati con il trojan? Il vulnus alla privacy, il vulnus alla collettività al fatto che c'è una grande corsa alla distribuzione di 220 miliardi. Ci sono comitati d'affari, lobby e mafie che hanno il bavaglino, il coltello e la forchetta per la nuova corsa all'oro e in una fase come questa la maggioranza cosa fa? Da una parte dilata al massimo la discrezionalità incontrollata nell'affidamento di appalti pubblici multimilionari, abolisce il controllo concomitante della Corte dei conti, si prepara ad abolire quello successivo e lei cosa fa? Invece di rafforzare i presidi per evitare che questi soldi vadano a finire nel buco nero della corruzione e dello sperpero clientelare, normalizza l'abuso d'ufficio. Normalizza il conflitto di interesse. Lei normalizza il conflitto di interesse perché abolisce l'abuso d'ufficio anche nella forma residuale che consiste nella violazione dell'obbligo di astenersi”.
“Noi - ha continuato Scarpinato - diciamo allora al Paese, perché la politica criminale è una politica di orientamento culturale, che da questo momento in poi si può abusare del proprio potere, si può praticare il conflitto di interesse e poi ridimensiona, in una fase come questa, il traffico di influenze. Depenalizza il traffico finalizzato all'abuso di potere e il traffico di influenze finalizzato alla corruzione per atti d'ufficio, depenalizzando il traffico di influenze per tutte le utilità che non siano a carattere patrimoniale. Lei forse si sta occupando del problema della disoccupazione, perché aumenterà il numero dei lobbisti in modo assolutamente sproporzionato. Sotto questo profilo, il problema della disoccupazione di una parte significativa del malaffare l'abbiamo risolto. Naturalmente, però, signor Ministro, ciò peserà moltissimo sul Paese in termini economici: altro che differenza tra corruzione percepita e corruzione reale, come lei ha detto alla Conferenza di Atlanta", ha concluso Scarpinato.
Disegno per "dare vita a un diritto penale di casta"
L'ex procuratore generale di Palermo ha ricostruito il quadro di quanto sta accadendo anche sul quotidiano 'Avvenire': "C'è un disegno ampio e organico per dare vita a un diritto penale di casta, separando la gente comune dai 'signori' vicini al potere. Criminalizzano organizzatori e partecipanti ai rave party, prevedendo intercettazioni e misure antimafia, poi si mettono il guanto di velluto quando si tratta di punire amministratori e politici. Una violazione palese dell'articolo 3 della Costituzione, che dimostrano di non sapere neanche cosa sia".
Per l'ex magistrato l'abolizione del reato di abuso d'ufficio è parte di un processo di regressione "dello Stato, che esiste proprio per garantire il cittadino di fronte al potere. È stata abolita anche la parte della norma che imponeva al pubblico ufficiale l'obbligo di astenersi in presenza di un interesse privato, elemento che molti sindaci avevano chiesto di mantenere. Stiamo diventando il Paese di don Rodrigo, cioè del prototipo del potente che ha una concezione padronale del potere, con il paradosso che lo Stato dovrà chiedere scusa a tutte le persone condannate finora". Per di più, ha continuato, l'Italia, "assieme alla Slovenia e all'Ungheria, è uno dei pochi Paesi europei a non avere una legge sulle lobby e una normativa seria sul conflitto di interessi, mentre 97 parlamentari sono titolari (o partecipano al Cda) di un'azienda. Governo e maggioranza procedono a passo spedito per indebolire il contrasto al malaffare e sono immobili su conflitto d'interesse e regolamentazione delle lobby. È chiaro che questo vuoto verrà occupato da rapporti di forza che regolano l'attività affaristica sui territori, dove le mafie sono da sempre presenti”, ha detto l’ex magistrato.
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