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Ancora fango e illazioni diffamatorie contro l’ex Procuratore Generale di Palermo

"Ho dato incarico ai miei legali di sporgere querela nei confronti del direttore de L'Unità Piero Sansonetti per la pubblicazione in data odierna di un articolo, a sua firma, nel quale ripete falsità diffamatorie nei miei confronti per le quali è già stato condannato dal Tribunale di Avezzano". Così in una nota l'ex Procuratore Generale di Palermo e oggi Senatore Roberto Scarpinato. Sansonetti nell'articolo, ha scritto Scarpinato, "afferma falsamente che l'inchiesta mafia-appalti fu archiviata mentre, come è documentato, non fu mai archiviata e furono disposti centinaia di arresti, di rinvii a giudizio, di richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di mafiosi, imprenditori, anche nazionali, politici, pubblici amministratori, con numerose condanne. Afferma che la richiesta di archiviazione che riguardava solo alcuni indagati, fu presentata dopo la morte di Borsellino pur essendo documentato che era stata presentata prima. Inoltre, Sansonetti omette di dire che alcuni dei soggetti archiviati furono arrestati pochi mesi dopo al sopravvenire di nuove prove.


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Piero Sansonetti, direttore de L'Unità


Afferma che io avrei promosso l'inchiesta denominata Trattativa Stato-mafia per depistare le indagini, nonostante sia documentato che quella inchiesta fu promossa dalla Procura di Palermo, in adempimento dei doveri di ufficio, quando io ero procuratore generale a Caltanissetta, e sia peraltro noto che io sono stato l'artefice della inchiesta ‘Sistemi Criminali’ che individua causali delle stragi del 1992 e del 1993 diverse dalla Trattativa, connesse ad un piano di destabilizzazione politica ordito dalla mafia insieme a entità criminali esterne. Ancora, Sansonetti afferma falsamente che il Gip di Caltanissetta avrebbe sconfessato me sull'affare del depistaggio del collaboratore Avola, mentre è noto che le indagini su tale vicenda sono state condotte dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta quando io ero Procuratore Generale di Palermo, ed è stato accertato che Avola si trovava a Catania con un braccio ingessato nei giorni della strage di Via d’Amelio, alla quale affermava di avere partecipato attivamente. Sono tutte falsità che travalicano la mia persona e si inscrivono in una più vasta campagna di delegittimazione nei confronti di quella componente della magistratura che in adempimento dei doveri di ufficio e del principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, ha esercitato il controllo di legalità anche nei confronti di soggetti appartenenti al mondo del potere".

Foto © Imagoeconomica

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