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Il magistrato intervistato da La Repubblica Firenze

"I responsabili sono stati individuati e condannati con sentenze passate in giudicato, ma restano alcuni interrogativi: perché cessarono gli attacchi, nel gennaio del 1994? Cosa Nostra era ancora nel pieno delle sue forze, aveva disponibilità di uomini e mezzi per ripetere gli attentati, ma non lo fece". Lo afferma, in un'intervista all'edizione fiorentina della "Repubblica", il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, che, insieme al procuratore Luca Turco, è titolare dell'inchiesta sui mandanti occulti delle bombe del 1993-94 che vede indagati l'ex Premier Silvio Berlusconi e l'ex senatore Marcello Dell'Utri (già condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa, pena scontata).
Nei giorni in cui la città toscana torna ad omaggiare le cinque vittime della strage mafiosa dei Georgofili, Tescaroli, nella conversazione con Luca Serranò di "Repubblica", ribadisce l'impegno della Direzione distrettuale antimafia per colmare le lacune nella ricostruzione di quegli attacchi, di quella strategia di terrore senza precedenti che travolse la vita democratica del Paese. "Perché fu scelta Firenze? Come Roma e Milano è una delle città più note al mondo. Fu una strage pianificata da Cosa Nostra per imporre un assetto di potere ritenuto funzionale alle proprie aspettative, riannodando il rapporto politico-mafioso che era stato chiuso con altri referenti - spiega Tescaroli - L'attacco ai Georgofili fu voluto per condizionare governo e parlamento, per ottenere vantaggi sul terreno carcerario e del pentitismo e l'abolizione del carcere duro. Un ricatto a suon di bombe per indurre lo Stato a trattare, in un periodo di sfaldamento dei partiti di governo, falcidiati dalle indagini su Tangentopoli. Cosa Nostra voleva mandare un messaggio a tutti gli italiani, nessuno poteva più ritenersi sicuro nemmeno a casa propria, come in tempo di guerra. È quello che accadde alla famiglia Nencioni e a Dario Capolicchio, morti nel sonno in casa". A proposito dei possibili vuoti da colmare con la nuova indagine in corso da parte della Dda di Firenze, il procuratore Tescaroli dichiara: "Se grazie a inchieste e processi si è dimostrato che la genesi della campagna stragista è legata alla risposta dello Stato alle morti di Falcone e Borsellino, e in particolare al carcere duro, processi e dibattimenti hanno lasciato quesiti irrisolti, primo fra tutti proprio il motivo per cui gli attacchi si sono improvvisamente interrotti. Altro aspetto è il motivo per cui Paolo Bellini (estremista nero di Avanguardia nazionale condannato all'ergastolo per il concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, e legato secondo il pentito Brusca ai servizi segreti, ndr) si incontrò con il boss Antonino Gioè mentre erano in corso i preparativi per la strage di Capaci. Fu in questo contesto che fu instillato il proposito di attaccare il patrimonio artistico?


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Il Tribunale di Firenze


E poi ancora la stessa fine di Gioè, morto nel carcere di Rebibbia la notte tra il 28 e il 29 luglio del 1993, il giorno dopo la strage di via Palestro. Le circostanze in cui avvenne quella morte sono rimaste oscure, tanto più se si considera che Gioè lasciò una lettera-testamento in cui menzionava proprio Bellini".
Quanto ai passi avanti nelle indagini, Tescaroli osserva: "Posso dire che c'è il massimo impegno di tutto l'ufficio per verificare se sia esistita una convergenza di interessi da parte di soggetti diversi a Cosa Nostra nell'ideazione ed esecuzione delle stragi. È stata istituita una unità in seno alla Dda, con più magistrati che sono dedicati a questa attività".
Circa la presenza di una donna sul luogo delle stragi, spiega Tescaroli: "Riguardo la strage di via Palestro diversi testimoni oculari ne hanno parlato, uno in particolare dichiarò di ricordare con certezza di aver visto una donna bionda scendere dal lato guida di una Fiat Uno". Le indagini intendono poi chiarire "se esistono correlazioni tra i 7 attentati del biennio 1993-'94 e il rinvenimento, il 2 giugno del 1993 nelle immediate vicinanze di Palazzo Chigi, di una Fiat 500 con all'interno una busta di plastica nera con una carica esplosiva e un sistema di attivazione elettronico".
L'inchiesta su Berlusconi e Dell'Utri è stata prorogata più volte dal giudice per le indagini preliminari su richiesta dei magistrati della Procura di Firenze. L'ultima volta sarebbe avvenuta lo scorso dicembre con le vicende che hanno riguardato Baiardo e il cosiddetto Caso Giletti e la presunta foto dell'incontro tra Silvio Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale Delfino.
I pm l'hanno motivata fornendo al Gip nuovi elementi che sostengono la necessità di continuare ad indagare sull'ex premier e sul suo amico e co-fondatore di Forza Italia.

Foto © Imagoeconomica

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