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L'Europa che muore e lascia morire

Eccoli. "Sono lì da tre giorni". Il frutto delle politiche dell'Europa. Alcuni sono bimbi molto piccoli. Il mare dopo averli presi li ha restituiti senza vita, gonfi e in stato di decomposizione. Due bambini piccoli e una donna: uno ha il volto seminascosto dalla sabbia, ha indosso una tutina di quelle che portano fino a un anno di vita; un altro ha i piedi scalzi e sulla sabbia sembra riposare; la terza foto ritrae una donna. Ecco, le fotografie pubblicate su Twitter dal fondatore della Ong catalana Open Arms, Oscar Camps che non danno spazio a scuse o a discorsi diplomatici. "Sono ancora sotto choc per l'orrore di queste immagini - ha twittato Oscar - bambini piccoli e donne che avevano solo sogni e ambizioni di vita. Sono stati abbandonati per più di tre giorni su una spiaggia di Zuwara, in Libia. A nessuno importa di loro". I corpi, ha scritto la giornalista Nancy Porsia esperta di Libia, sono stati trovati sabato scorso e lo stesso giorno sono stati recuperati dai militari e seppelliti nel cimitero di Abu Qamash, a ovest di Zuwara. Poco dopo il fondatore di Open Arms fa una dichiarazione al quotidiano 'La Stampa': "I governi europei, e anche molta informazione, dicono spesso che queste persone 'sono morte'. In realtà, sono state 'fatte morire'. Non si tratta di 'incidenti' o di 'disgrazie' imprevedibili. L'Europa ne dovrà rispondere. Perché queste tragedie si ripetono sotto lo sguardo delle autorità nel Mediterraneo".
Secondo Camps, "queste persone non sono state 'fatte morire' solo dai trafficanti, ma da quei governi che con la mafia libica hanno negoziato. Così hanno legittimato le organizzazioni criminali, in cambio di qualche barile di petrolio in più e di qualche migrante in meno. Senza chiedere in cambio neanche il minimo rispetto dei diritti umani fondamentali nei campi di prigionia. E ora i clan mafiosi libici alzano di nuovo il prezzo e ricattano i nostri governi". E poi ancora: "ogni volta che uno di questi migranti viene torturato o lasciato morire in mare nell'interesse dei nostri Paesi ritorna in mente una domanda a cui prima o poi dovremo rispondere: 'chi siederà alla corte dell'Aia?'" Il 13 maggio, la portavoce a Ginevra dell'Oim, Safa Msehli scriveva di "almeno 17 migranti annegati al largo delle coste tunisine, secondo le due persone sopravvissute e salvate dalle autorità. L'imbarcazione sarebbe partita da Zuwara due giorni fa". Quindi l'11 maggio. Poi è sempre Msehli a riferire martedì 18 maggio di un secondo naufragio, sempre davanti le coste tunisine: "Almeno 50 migranti annegati, dopo essere partiti dalla Libia domenica, secondo i 30 sopravvissuti salvati dalle autorità tunisine". Quei corpi trovati sulla spiaggia, sono vittime di uno di questi due naufragi? "Sono immagini drammatiche, difficile capire cosa sia accaduto - dice il portavoce Oim per il Mediterraneo, Flavio Di Giacomo - a quale partenza corrispondano, di quale naufragio si tratti; e sempre che sia un naufragio di cui si è avuta notizia. Dalla Libia i colleghi ci dicono che molto probabilmente sono corpi portati dal mare ma altro per ora non si sa". Nella sola settimana tra il 16 e il 22 maggio, quasi 1500 persone sono state recuperate in mare dalla Guardia costiera libica e riportate a Tripoli, ha calcolato l'Oim. Ma l'organizzazione umanitaria ha notizia che nello stesso periodo sono stati recuperati diversi corpi in mare, proprio tra Zuwara e Tripoli, Libia occidentale, dunque confinante con la Tunisia: 4 corpi al largo di Tripoli il 16 maggio, uno al largo di Sabratha il 17, due corpi il 21 maggio e un altro il 22 al largo di Zawiya, un corpo il 22 maggio al largo di Zuwara. Altri corpi, nella stessa area, erano stati recuperati la settimana precedente: il 9 maggio (un corpo), il 10 (due), il 12 (uno). Come dire che, comunque, di morti in mare nel mese di maggio, davanti alla Libia occidentale, ce ne sono stati tanti. L'Oim calcola che da inizio anno sono almeno 173 i morti e 459 i dispersi nel Mediterraneo centrale: in tutto 632 vite perdute. Erano state 978 in tutto il 2020.

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