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L'ex magistrato Rosario Russo, come riportato dal 'Fatto Quotidiano', ritiene che l'Anm (Associazione Nazionale Magistrati) voglia chiudere in fretta lo scandalo Palamara adottando, nello specifico, una pronuncia della Corte di Cassazione in merito alle chat.
Si tratta della sentenza n. 170/2023 secondo cui la segretezza di chat e mail va ricondotta sotto la tutela dell’art. 15 della Carta. In base alla sentenza le chat vengono equiparate alla “corrispondenza” e la la loro acquisizione con decreto del pm è illegittima, essendo necessaria l’autorizzazione di un giudice.
L'Anm, che aveva acquisito le chat dalla Procura di Perugia per eseguire dei provvedimenti disciplinari interni, ha fatto subito marcia indietro facendo sapere che quelle chat sono state acquisite in modo illegittimo e che non possono essere più utilizzate.
Da ciò deriva un generale 'liberi tutti' per quei magistrati che hanno cercato (e in certi casi ottenuto) raccomandazioni presso l'ex magistrato ed ex membro del Csm, Luca Palamara, vilendo così l’art. 10 del codice etico secondo cui “il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per altri. Il magistrato che aspiri a promozioni, a trasferimenti, ad assegnazioni di sede e ad altri incarichi di ogni natura non si adopera al fine di influire impropriamente sulla relativa decisione”.
Sul 'Fatto', l’ex magistrato Rosario Russo ha ritenuto “la conclusione dell’Anm giuridicamente affrettata”: "La divulgazione delle chat in due volumi a opera del Palamara, siccome mittente e/o destinatario, non viola l’art. 616 c.p., sicché legittimamente i probiviri possono trarne argomenti di prova fattuale… d’altronde, tali chat sono state integralmente pubblicate dai media in forza del diritto di cronaca e sono oramai di generale dominio, e nessuna segretezza epistolare è oramai invocabile”.
Inoltre il contenuto delle chat è stata riportato nel volume di Antonio Massari dal titolo Magistropoli.
Di conseguenza non si comprende la decisione dell'Anm, in quanto quelle conversazioni sono diventate di pubblico dominio e quindi non vi è alcun ostacolo a far proseguire i provvedimenti disciplinari pendenti, anche per il fatto che i magistrati inquisiti non hanno contestato l’esistenza delle chat e il loro contenuto, ma si sono difesi sostenendo che la loro condotta non era disciplinarmente censurabile.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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