Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Il presidente del tribunale di Palermo: “Necessario capire se si è trattato di operazioni che hanno coinvolto solo Cosa nostra corleonese”

Quanto è accaduto nel 1992 e 1993 lo ricordiamo tutti. Se riteniamo che la verità emersa sinora sia appagante, possiamo dire ‘va bene, andiamo aventi così’. Sono abituato a rispettare le sentenze emesse dalla magistratura, ma non c’è dubbio che sulla stagione delle stragi ci siano ancora punti oscuri, pezzi mancanti e pagine ancora da chiarire. Credo sia necessario capire se effettivamente si è trattato di operazioni che hanno coinvolto solo Cosa nostra corleonese o se, in quella stagione di sangue, ci siano state convergenze con altre realtà, se ci siano state operazioni di depistaggio e di copertura di quello che è stato lo svolgimento dei fatti”. A dirlo, in un’intervista al Quotidiano di Sicilia è Piergiorgio Morosini, dallo scorso 4 maggio nuovo presidente del Tribunale di Palermo. Il magistrato si è espresso sulla strage di Capaci di cui a giorni, il 23 maggio, ricordiamo il 31° anniversario dell’attentato a Capaci.

Il diritto alla verità è oggi riconosciuto a livello internazionale”, ha affermato Morosini. “In Sudafrica come in Argentina, dopo eventi drammatici come dittature molto violente o colpi di Stato, sono state istituite commissioni parlamentari per il riconoscimento della verità. Si tratta di organismi rappresentativi di tutte le sensibilità e le culture di un determinato popolo, con l’obiettivo di comprendere cosa sia realmente accaduto in momenti particolarmente drammatici per definire un punto di ripartenza in un’ottica del riconoscimento della dignità di tutti”. Secondo Morosini “probabilmente il diritto alla ricerca della verità può essere coltivato contemporaneamente su più piani, come ha scritto Stefano Rodotà in alcune sue pagine bellissime. Io non credo ci si possa sentire appagati dalle verità giudiziarie emerse sino ad ora rispetto a quella stagione. Una commissione d’inchiesta potrebbe spingersi oltre rispetto ai temi da approfondire e questo sarebbe utile per chiarire determinate vicende e la relativa matrice. Ritengo che ciò non sia incompatibile con il fatto che, parallelamente, possano essere avviati altri accertamenti giurisdizionali. Le due cose non sono assolutamente incompatibili”. E a proposito di giurisdizione, Morosini ha commentato il suo ritorno a Palermo dove ha lavorato per diversi anni come giudice delle indagini preliminari. “Qui mi sento a casa”, ha affermato. “Questo Palazzo di Giustizia è stato il baricentro della mia vita, non solo professionale, per ventisette anni. Sono venuto a Palermo per scelta dopo le stragi del ’92. Era un momento di grande cambiamento per il paese e, come molti altri colleghi, pensavo fosse necessario dare una mano a questa realtà, per mettere in condizione quelli che avevano più conoscenze di poter fare meglio il proprio dovere. Pensavo a un’esperienza di qualche anno a Palermo per poi tornare nella mia terra anche perché, allora, ritenevo che l’Emilia-Romagna non avesse bisogno di un impegno così importante come quello che era previsto per la Sicilia di quel periodo. Proprio da qua, dalla Sicilia, ho invece capito che le stesse dinamiche e certi problemi che inquinavano l’economia, le pubbliche amministrazioni e le consultazioni elettorali potessero riprodursi e proporsi anche in altre latitudini, come quella da cui provenivo io".

E rispetto al sentimento di sfiducia nei confronti della magistratura il presidente del Tribunale ha affermato: “Non c’è dubbio che le stragi del ’92 abbiano determinato, fisiologicamente, un’apertura di credito nei confronti della magistratura palermitana che è stata enorme. Siamo stati visti come ‘i buoni’, al di là dei nostri meriti reali. Oggi quel periodo è terminato”, ha detto. “Il nostro paese ha vissuto pagine problematiche nella vita interna della magistratura, lo stesso ambiente palermitano ne è stato colpito, per esempio a proposito delle misure di prevenzione. Capacità di ascolto, trasparenza delle decisioni, serietà del ruolo è quello su cui dobbiamo lavorare. Per molte persone l’ingresso in questo palazzo è un fatto più unico che raro e si ricorderanno se siamo stati altezzosi anziché disponibili al dialogo, se siamo stati attenti all’ascolto o sbrigativi nelle procedure da espletare. Dobbiamo lavorare su questo perché le persone, di noi, ricorderanno principalmente il comportamento che abbiamo avuto nei loro confronti”.

Per concludere, il magistrato ha risposto a una domanda rispetto ai fondi del PNRR che potrebbero finire tra le mani delle mafie. “Dobbiamo tenere conto che un capitolo significativo e importante del PNRR è quello del rilancio di un’economia che è stata fortemente segnata da un periodo di stasi dovuto anche alle misure anti-Covid. Come in ogni frangente eccezionale, le varie mafie del nostro paese cercano di sfruttare la situazione”, ha spiegato. “Le nostre risorse normative e istituzionali sono tra le migliori del mondo occidentale e la nostra biografia ci ha permesso di sviluppare i necessari anticorpi per contrastare il fenomeno. È chiaro, però, che in questo momento dobbiamo mettere in campo proprio queste capacità per evitare che gli appetiti della criminalità organizzata riescano a drenare risorse che servono per rilanciare l’economia sana. Dobbiamo puntare molto sulle specializzazioni che riguardano i reati contro la pubblica amministrazione e quelli nel circuito economico-finanziario perché in questo campo non c’è un patrimonio ampiamente diffuso a livello nazionale, come c’è ad esempio per i c.d. reati di sangue. Leggere nelle pieghe di un bilancio di una società o di una holding è un lavoro da specialisti e, da questo punto di vista, alcune zone del nostro paese hanno lacune anche per mancanza di risorse che forse sarebbe necessario destinare proprio là, dove certe forme di criminalità sono più insidiose. Quelle in nostro possesso, oggi, devono essere allocate proprio in quelle zone più fragili da questo punto di vista”, ha concluso.

Foto © Emanuele Di Stefano

ARTICOLI CORRELATI

Tribunale di Palermo: Morosini si insedia come presidente

Morosini si insedia a Palermo: ''Per me un grande onore guidare questo Tribunale''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos