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Lo scorso 10 maggio il Csm ha stabilito che il procuratore aggiunto di Palermo Marzia Sabella non poteva partecipare a incontri con studenti nell'ambito dell'evento organizzato dal Salone internazionale del libro "Adotta uno scrittore".
Una vicenda definita dall’ex magistrato Gian Carlo Caselli su ‘La Stampa’ dal “vago sapore kafkiano”.
Ricordiamo che la Prima Commissione referente, all’unanimità, aveva proposto al plenum di negare l’autorizzazione. Da Palazzo dei Marescialli avevano fatto sapere che, ai sensi dell’art.10 bis della legge 241/1990, sono “autorizzabili” solo gli incarichi di docenza, le conferenze, i seminari, i convegni, gli incontri di studio o le attività similari retribuiti conferiti da enti privati che abbiano come oggetto sociale esclusivo o prevalente l’attività formativa o scientifica in ambito giuridico e che abbiano rilevanza nazionale”. E l’iniziativa del Salone, secondo i consiglieri, non rientrerebbe tra queste.
Per la prima commissione del Csm, infatti, il “soggetto conferente” (il Salone) quale fondazione di partecipazione configurante “modello atipico di persona giuridica privata”, non ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente l’attività formativa o scientifica in ambito giuridico. Oltre ad essere la più importante fiera dell’editoria italiana, il “Salone Internazionale del libro” dalla sua fondazione ha sempre dato ampio spazio alle scuole.
Ma per la Prima Commissione “si trattava invece di mera partecipazione a convegni o seminari, per cui inutile bussare, tempo perso”, ha scritto Caselli su ‘La Stampa’ ricordando che “in plenum (26 aprile 2023) il Procuratore generale della Cassazione rilevava come andasse affrontato un altro tema (che pure Marzia Sabella aveva proposto alla Commissione) e cioè se il caso potesse rientrare nella norma che consente di autorizzare incarichi retribuiti provenienti da un ente privato nel caso di ‘un effettivo e obiettivo interesse pubblico’. A maggioranza il plenum stabiliva che la pratica ritornasse in Commissione. Questa però riproponeva all’unanimità il rigetto e il plenum, pure all’unanimità, lo approvava. Il tutto - con encomiabile ma piuttosto rara celerità - si concludeva il 10 maggio. Nella nuova delibera, la questione della sussistenza dell’interesse pubblico viene liquidata sbrigativamente affermando che ‘la percezione di un compenso erogato da un soggetto privato non può dirsi funzionale al soddisfacimento di un qualsivoglia interesse pubblico’: come se l’interesse pubblico andasse misurato in relazione al compenso e non in relazione all’attività da cui scaturisce il compenso stesso. Per il resto, la delibera, resa di non facile comprensione persino agli addetti ai lavori da una citazione bulimica di articoli e commi, si rende ben più intellegibile nei passaggi in cui si sottolinea ripetutamente un elemento (la mancata rinunzia al compenso) di certo non decisivo nel caso di specie”.
Per l’ex procuratore di Palermo questa vicenda “ripropone il tormentato interrogativo sulla figura del magistrato di oggi e sul suo ruolo nella società; anzi, sulla sua stessa capacità di comprendere la società, cioè quel popolo in nome del quale amministra la giustizia. Doverose e benvenute le attività volte a riacquistare il perduto prestigio e la scomparsa credibilità dopo lo sfregio del ‘sistema Palamara’, ma attenzione alle possibili derive: il proposito di ‘(ri)moralizzare’ i magistrati, restituendo loro un’etica non più appannata, non deve sfociare nel deprezzamento, quasi fossero contaminazioni, di realtà che concorrono allo sviluppo culturale collettivo. Men che mai trascurando i diritti fondamentali del singolo per una malintesa salvaguardia della purezza della categoria. Un percorso, tra l’altro, che finisce per tradursi nel sostanziale sminuimento di una delle nostre realtà culturali più significative, il Salone internazionale del libro di Torino, che, proprio per la sua innegabile rilevanza pubblica, è sostenuto dal Comune di Torino, dalla Regione Piemonte e da cinque ministeri. In sostanza, una discutibile interpretazione delle norme avulsa dal concreto non può confinare i magistrati nei margini (separati, ma per ciò stesso ‘insospettabili’) delle biblioteche giuridiche, ostacolandone la partecipazione attiva e proficua alla vita ‘vera’ del Paese”.

Fonte: lastampa.it

Foto © Imagoeconomica

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