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Gli avvocati Mauro Anetrini e Basilio Foti, legali di Rocco Schirripa condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio del Procuratore capo di Torino Bruno Caccia, hanno presentato nei giorni scorsi un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo per "palese violazione del principio dell'equo processo" ed altre "manchevolezze" che, sostengono, "hanno reso l'istruttoria che ha portato alla condanna del panettiere di Torrazza Piemonte, un processo 'monco'".
Secondo gli avvocati il processo non ha chiarito il ruolo di Schirripa nell'omicidio.
Attualmente il loro assistito si trova detenuto presso il carcere di Opera dove sta scontando la pena.
Oggi, su La Stampa, i due legali hanno spiegato le rimostranze inserite nel ricorso, a cominciare con la mancata escussione di alcuni testimoni. "Riteniamo, in definitiva - hanno aggiunto - di non aver potuto esercitare a pieno il diritto di difesa che siamo sicuri ci avrebbe consentito di ottenere una dichiarazione liberatoria per Schirripa".
E poi ancora denunciano "l'invasività dell'attività di intercettazioni a danno di Schirripa fatte con l'inoculazione di un trojan nel suo telefonino quando non vi erano ancora indizi sufficienti a giustificarne l'utilizzo". Ed infine il dato per cui "la posizione del nostro assistito era già stata definita nel 1997 con un proscioglimento al termine delle indagini preliminari".
Un elemento, quest'ultimo, che paventa una violazione del principio del "ne bis in idem".
Adesso la Cedu sarà chiamata a prendere una decisione se rigettare l'istanza o dar ragione ai ricorrenti, aprendo a percorsi tutt'altro che certi, come una possibile revisione del processo.

Foto © Imagoeconomica

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