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Silvio Berlusconi continua a far parlare di sé. A un mese dalla sua morte, il "fu Cavaliere" torna sul mainstream con la sua eredità. A poco sono servite le parole del notaio Arrigo Roveda quando ieri, uscendo dal suo studio, ha dribblato i giornalisti che gli chiedevano se il testamento dell’ex premier si sarebbe aperto oggi dicendo: "Non posso dire niente, né oggi, né domani, né mai". Detto fatto.

Un testamento di poche righe datato 2006, un aggiornamento dello stesso nel 2020 e, infine, le ultime volontà rivolte ai figli in una busta non sigillata custodita non dal notaio (come gli altri due fogli) ma dalla compagna Marta Fascina. Sono questi i tre documenti che compongono le disposizioni testamentarie di Silvio Berlusconi. Tutti scritti di suo pugno.

Nell’ultimo, scritto a mano mentre stava andando al San Raffaele il 19 gennaio 2022, anche una lettera rivolta ai "cari" figli "Marina, Pier Silvio, Barbara ed Eleonora". Un documento in cui B. ha indicato anche le donazioni al fratello Paolo (100mln), alla sua compagna Marta Fascina (100mln) e all'amico di sempre nonché braccio destro Marcello Dell'Utri (30mln).

Il testamento di Silvio Berlusconi è stato aperto davanti a due testimoni. Nello studio del notaio Roveda, i lasciti dell’ex presidente del Consiglio sono stati resi noti davanti agli avvocati Luca Fossati, socio dello studio Chiomenti, e Carlo Rimini. Secondo quanto si apprende, Fossati era in rappresentanza dei figli Marina e Pier Silvio, il collega Rimini di Barbara, Eleonora e Luigi. Anche se, curiosamente, quest'ultimo non viene menzionato dal padre nella lettera.


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Immagine tratta da ilfattoquotidiano.it


Silvio Berlusconi deteneva, tramite le Holding Italiana Prima, Seconda, Terza, e Ottava, poco più del 61% di Fininvest, che a sua volta possiede oltre il 53% di Mondadori, il 50% circa di Mfe-MediaForEurope e il 30% di Banca Mediolanum. Il restante 40% circa era suddiviso tra i 5 figli: la primogenita Marina aveva il 7,65% di Fininvest attraverso Holding Italiana Quarta, il 7,65% era di Pier Silvio con la Holding Italiana Quinta, mentre un altro 21% era dentro H14, la holding partecipata pariteticamente dai 3 figli avuti con Veronica Lario. In modo da garantire la continuità aziendale, come comunicato ufficialmente da Fininvest subito dopo la morte di Berlusconi e ribadito dallo storico amico Fedele Confalonieri, che ha escluso "ripercussioni" e "sorprese" dal testamento.

Nel primo documento custodito dal notaio - datato “Arcore 2 ottobre 2006” - sono riportate otto righe per dire che la parte disponibile della sua eredità (un terzo del patrimonio non vincolato, del quale può liberamente disporre) viene lasciata “in parti eguali” ai figli “Marina e Pier Silvio”. “Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei cinque figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi”. Considerando che precedentemente sia Marina che Pier Silvio avevano il 7,65% ciascuno di Fininvest, va a Marina e Pier Silvio Berlusconi, dunque, il controllo di Fininvest con il 53%. Avendo ricevuto l’intera quota disponibile, i due figli dell’ex premier, avuti con la prima moglie, raggiungono la maggioranza del gruppo con quote paritarie. Inoltre, risulta che nessun soggetto deterrà il controllo solitario indiretto su Fininvest SpA, precedentemente esercitato dal padre. Inoltre, avranno anche la maggioranza dei restanti beni (ville, barche, appartamenti).


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Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi in uno scatto dell'aprile '82 © Imagoeconomica


Oltre agli assenti all’appello - come il “ragioniere” Confalonieri e “l’amico di sempre” Adriano Galliani - dell'eredità di Berlusconi fa scalpore la quota destinata al braccio destro e cofondatore del partito Forza Italia Marcello Dell'Utri. Trenta milioni di euro che testimoniano, ancora una volta, l'indissolubile rapporto tra i due e che vanno a sommarsi ai trentamila euro al mese che Berlusconi da qualche anno ha deciso di assegnare al suo braccio destro e al vitalizio del Senato. Negli ultimi decenni, inoltre, il Cavaliere ha versato ingenti quantità di denaro “(tracciati dagli investigatori) nelle tasche della famiglia Dell’Utri, e i vari versamenti per milioni di euro sono stati fatti per pagare gli avvocati che hanno difeso nei vari processi Marcello, il quale ha ricevuto grosse somme di denaro anche per ripianare debiti, acquistare case all’estero, manutenzioni di immobili e viaggi”, come ha ricordato Lirio Abbate su Repubblica.

Un legame storico il loro, che risale ai tempi dell'università, che si è poi consolidato anche negli affari, nella politica - con la fondazione del partito - ma anche nella sfera grigia di Berlusconi fatta di reati, leggi ad personam, rapporti consolidati tra la mafia e la sua azienda (la Fininvest) che, secondo una sentenza di Cassazione, "ha finanziato Cosa nostra", e anche in alcuni procedimenti che li vedevano coindagati per fatti di mafia e stragi.


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Da sinistra: Vittorio Mangano, Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri


A tutto ciò probabilmente Berlusconi ha voluto premiare anche il silenzio e la fedeltà dell’amico. Ma anche le abilità con cui Dell’Utri - condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa (pena scontata) - ha fatto entrare ad Arcore un mafioso come Vittorio Mangano (condannato nel Maxiprocesso) a cui poi sono state consegnate le chiavi di Villa S. Martino; oltre ad aver portato negli uffici dell’imprenditore potenti boss palermitani che gli hanno garantito la protezione.

A tal proposito è bene ricordare quanto è scritto nelle motivazioni della sentenza di condanna definitiva nei confronti del braccio destro del Cavaliere. I giudici avevano definito Dell'Utri come il garante “decisivo”, per diciotto anni (dal 1974 al 1992), dell'accordo tra Berlusconi e Cosa Nostra (con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”). E sempre la Corte scriveva nero su bianco della “continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”. Il tutto in un rapporto di “do ut des”. Hanno proprio ragione i berlusconiani quando dicono che “il Cavaliere è stato un uomo generosissimo”. Talmente generoso da pagare anche il consenso di un amico come Dell’Utri.
(Prima pubblicazione: 6 Luglio 2023)

Foto di copertina © Imagoeconomica

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