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In un’intercettazione ambientale allegata nel decreto firmato dai pm della Dda di Napoli per la faida in atto tra i clan Landolfo-Monfregolo e Cristiano-Mormile nei territori di Arzano e Frattaminore, il boss Pasquale Landolfo ha commentato la bomba carta fatta esplodere nella notte tra l’11 e il 12 marzo davanti alla chiesa del parroco anticamorra don Maurizio Patriciello a Caivano. Come riporta 'il Fatto Quotidiano', il boss - arrestato pochi giorni fa con la moglie Assunta Esposito, la figlia Carmela Landolfo e quattro membri del gruppo criminale - ignaro di essere intercettato ha detto: “Questi ora pensano che siamo stati noi...”.
Io gli manderei una lettera… dicendo che qui non esiste proprio poi contro la Chiesa! Uccidiamoci tra di noi ma la Chiesa è sacra... qualche cornuto l’ha messo per far credere che siamo stati noi...”. Ha ribadito il figlio.
Per i Landolfo quegli ‘altri’ sono riconducibili a un nome, “Vincenzino...all’80%...secondo me sta qua...sempre quel Vincenzino cornuto...sicuramente lui è stato...ha messo la bomba lì e gli ha fatto pensare che siamo noi...”.  Secondo la loro interpretazione tutta da dimostrare, questa strategia sarebbe da attribuire a un loro avversario storico, Vincenzo Mormile, e alla sua intenzione “di attirare su di loro l’attenzione delle forze dell’ordine”. I Landolfo sono arrivati anche a ipotizzare una ritorsione: “Ci vogliamo mettere un po’ addosso a questo”?
Sempre secondo quanto riportato dal 'il Fatto Quotidiano' i pm hanno affermato che “dalle conversazioni captate emerge che Landolfo e il suo gruppo siano verosimilmente estranei agli atti intimidatori contro don Maurizio Patriciello e il comandante della polizia municipale di Arzano, Biagio Chiariello”. Nelle intercettazioni, infatti, si è fatto anche riferimento ai manifesti funebri apparsi ad Arzano il 7 marzo: “Il 10 marzo è deceduto il signor Biagio Chiariello, con foto del comandante in divisa, inviso ai camorristi per le sue attività antiabusivismo nel rione della 167. “Ad Arzano hanno messo i manifesti ma non sono stati loro...” Ha detto Massimo Landolfo. Secondo i pm sta facendo intendere che i manifesti contro Chiariello “non sono stati messi dal gruppo di Monfregolo ma da altri per far ricadere la colpa su di loro”.

La faida e il decreto di fermo
Sono stati i pm della Dda di Napoli Francesca De Renzis e Giorgia De Ponte a firmare il decreto di fermo che in queste ore verrà sottoposto alla convalida del Gip. Nel documento sono contenute le accuse per il boss Pasquale Landolfo, la moglie, la figlia e i quattro membri del gruppo criminale: associazione a delinquere, traffico di droga, detenzione e porto illegale di armi clandestine e comuni da sparo e ricettazione, con l’aggravante camorristica.
La procura guidata da Giovanni Melillo ha ricostruito le dinamiche della faida, l’escalation di bombe e stese, i progetti di nuovi attentati contro gli autori dei raid contro tre pizzerie di Frattamaggiore, l’agguato a colpi di pistola ad Arzano contro Antonio Alterio (fratello del capo clan Raffaele) e di Daniele Laperuta. Poi altri contrasti contro il vicino clan di Caivano, il clan Ciccarelli, attivo nel Parco Verde. Zona in cui opera il prete anticamorra Patriciello.
Dopo una decina di giorni dopo queste intercettazioni, sono stati arrestati due degli autori di alcune minacce contro il comandante Chiariello, avvenute durante i controlli al rione 167 di Arzano. Si tratta di Raffaele Piscolo e Mariano Monfregolo. Di cui il secondo è il fratello del capo clan Giuseppe Monfregolo.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Foto © Davide de Bari

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