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Alla commissione giustizia del Senato nuova bocciatura del procuratore nazionale Antimafia al Ddl Nordio

Ennesima bocciatura al Ddl del ministro della Giustizia Carlo Nordio. A sollevare critiche e dubbi alla riforma al sistema penale che vorrebbe attuare il Guardasigilli è il procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo, intervenendo in audizione alla Commissione Giustizia del Senato. Già a febbraio l’ex procuratore capo di Napoli aveva demolito, con le proprie valutazioni di merito, i provvedimenti legislativi che intende intraprendere il ministro nella riforma varata dal governo a giugno scorso in Consiglio dei ministri. Tra questi spicca l’abolizione del reato d’abuso d’ufficio, tema sul quale Melillo ha esordito la propria audizione in commissione.

L’abuso d’ufficio non è un reato-spia, è un grave delitto e basta, che ha una frequente connessione con l’agire delle associazioni mafiose. Basta pensare alla descrizione delle condotte associative fatta dall’articolo 416-bis del codice penale per rendersi conto dell’interesse delle mafie a ottenere concessioni e autorizzazioni, o comunque a condizionare la pubblica amministrazione", ha detto Melillo in videocollegamento davanti alla commissione presieduta da Giulia Bongiorno. Una fattispecie, quella del reato d’abuso d’ufficio, tutt’altro che inutile come sostiene la maggioranza di governo e gli ultra-garantisti dei parlamentari di Italia Viva e Azione: “Basterebbe leggere il complesso delle relazioni prefettizie e dei decreti che hanno disposto lo scioglimento degli organi elettivi di numerosissime amministrazioni pubbliche per rendersi conto che l’abolizione del delitto di abuso d’ufficio avrebbe diretta incidenza sulle indagini in materia di criminalità organizzata”, ha spiegato il procuratore. “Dal punto di vista delle mie funzioni”, è l’allarme, “vi è davvero una specifica preoccupazione per la tenuta delle indagini relative al condizionamento mafioso della pubblica amministrazione, che è materia delicatissima e di grande rilevanza pratica”.

Il magistrato ha citato anche “un rischio ulteriore già segnalato” da altri prestigiosi addetti ai lavori: quello che la cancellazione dell’abuso d’ufficio porti all’espansione del campo di applicazione di reati ben più gravi, come il concorso esterno in associazione mafiosa. “È evidente che di fronte a condotte di pubblici amministratori finalizzate a favorire l’associazione mafiosa - ad esempio il rilascio di permessi di costruire illegittimi per consentire una speculazione edilizia -, se non ci sarà più la possibilità di contestare il delitto d’abuso con aggravante mafiosa, si contesterà direttamente il reato associativo”. Poi c’è un profilo di potenziale impunità dovuto al combinato disposto dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio e della riscrittura della fattispecie di traffico di influenze illecite, prevista sempre nel Ddl. Nella nuova formulazione, infatti, quest’ultimo reato dovrà essere finalizzato a remunerare il pubblico ufficiale per fargli commettere un reato. Ma nella prassi, nota Melillo, “molto spesso quel reato è l’abuso d’ufficio”. Ne consegue, se il Ddl venisse praticato per com’è, che “tutti i traffici illeciti finalizzati a commettere un abuso d’ufficio diventerebbero privi di illiceità penale".

Melillo si è detto “preoccupato” anche dal cambio radicale rispetto alle richieste di custodia cautelare. La norma pensata da Nordio prevede l’affidamento della decisione ad un collegio di tre gip invece che a uno solo. La previsione entrerà in vigore tra due anni e nel frattempo è previsto un aumento di organico, ma “nemmeno tra due anni ci saranno le condizioni perché il sistema possa reggere una norma di questo tipo", ha garantito Melillo. Poi c’è l’introduzione dell'"interrogatorio di garanzia preventivo” necessario per applicare qualsiasi misura cautelare: l’indagato dovrà essere invitato a presentarsi davanti al gip con almeno cinque giorni di anticipo. Per tentare di scongiurare gli evidenti pericoli di fuga, il Ddl prevede che la nuova norma non si applichi alle indagini per i reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking) o “commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”. Ma “il catalogo delle esclusioni”, avverte il capo della Dna, “è gravemente manchevole dal punto di vista delle esigenze di contrasto alla mafia, perché non sono esclusi ad esempio i delitti di riciclaggio, che sono l’'in sé’ del crimine organizzato”. Melillo chiede al Parlamento di escludere l’interrogatorio anticipato anche “in materia di cybercrime o attacchi informatici nel perimetro della sicurezza cibernetica nazionale, perché, soprattutto in tempi di conflitti ibridi, subordinare la misura cautelare a un contraddittorio anticipato” significherebbe imporre “gravi limiti di effettività dell’agire giudiziario”.

Ulteriore profilo di preoccupazione circa la disciplina di interrogatorio di garanzia riguarda “l’ipotesi nelle quali, nell’ambito di uno stesso procedimento, ricorrano sia ipotesi di reato per le quali è necessario l’interrogatorio di garanzia anticipato, sia ipotesi per le quali non è necessario”. “Per esempio se ad alcuni associati è contestata l’importazione e la vendita di sostanze stupefacenti, ad altri il riciclaggio dei profitti dell’associazione”. In una situazione come questa, in teoria, gli accusati di riciclaggio (ma non quelli di traffico di droga) dovrebbero essere avvisati dell’intenzione di arrestarli almeno cinque giorni prima dell’interrogatorio di garanzia, mettendo loro a disposizione le carte dell’accusa (che però contengono anche tutte le indagini svolte sui presunti trafficanti). Manca infatti “una specifica disposizione volta a chiarire che nei casi di reati connessi, la disciplina derogatoria al principio generale dell’interrogatorio di garanzia anticipato si applichi anche ai reati esclusi dal perimetro delle deroghe”. Questa, ha concluso Melillo, “è una necessità che attiene all’efficacia del contrasto alle mafie sia in ambito nazionale che internazionale: è del tutto evidente che la disciplina dell’interrogatorio di garanzia anticipato comporta un rischio di discovery anche sul versante delle indagini che il legislatore medesimo vuole proteggere” dal pericolo di fuga.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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