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Il conduttore: “Chi accusa 'Report' di non avere cura per i diritti dei detenuti non ricorda le numerose puntate realizzate negli anni”

"Nessuna diffamazione o insinuazione. Solo fatti documentati". Così Sigfrido Ranucci, conduttore di 'Report' su Rai3, replica alle accuse e all'annuncio di querele da parte della Camera Penale di Roma, dopo la puntata andata in onda il 3 aprile e dedicata al tema dei detenuti in regime carcerario al 41-bis. "La puntata di 'Report' oggetto di contestazione aveva come unica finalità evidenziare le falle del 41 bis in un contesto di estrema attualità partendo dalla ricostruzione del caso Cospito", ha spiegato Ranucci all'Adnkronos. "Ho chiarito all'inizio della trasmissione che il 41 bis è uno strumento che è al limite della violazione dei diritti umani e che si regge esclusivamente sul presupposto di tutelare la sicurezza della collettività e che per questo va gestito con estrema cautela. Il documento pubblicato da 'Report' denunciava che i casi di oltre 100 mafiosi al 41 bis fossero gestiti da un solo avvocato: è un fatto e non era assolutamente secretato", ha sottolineato il giornalista.
"Che sia un'anomalia è l'idea, non di 'Report', ma della commissione parlamentare antimafia che ha approfondito la vicenda proprio per valutarne la portata. 'Report' ha correttamente riportato la notizia sottolineando il rischio che comporta un'anomalia del genere, coadiuvato anche dal parere di esperti magistrati antimafia, sottolineando la buona fede e professionalità degli avvocati".
Ma per il Direttivo della Camera Penale di Roma questo non è bastato.
Infatti ha deciso all’unanimità di proporre denuncia nei confronti del giornalista Sigfrido Ranucci: “Nella trasmissione 'Report' del 3 aprile scorso sono andate in scena gravissime insinuazioni e gratuite diffamazioni che sfociano persino nella calunnia nei confronti di alcuni dei più apprezzati componenti della nostra Associazione, incredibilmente additati a sospetto come possibili veicoli per la diffusione al di fuori del carcere di ordini criminali provenienti dai detenuti posti in regime di 41 bis" ha affermato in una nota la Camera Penale della Capitale.
"Tutto questo è addirittura avvenuto in prima serata pubblicando un elenco riservato della cui illegittima divulgazione riteniamo che i responsabili debbano essere chiamati a rispondere. Il diritto di difesa rappresenta un principio costituzionalmente riconosciuto alla cui tutela i penalisti dedicano tutto il loro impegno con coraggio e dedizione, andando per questo anche incontro ad ignobili campagne denigratorie volte a mortificare la funzione del difensore - si aggiunge nella nota -. Il fatto che ciò avvenga sul servizio pubblico è semplicemente inaccettabile e per questo abbiamo ritenuto di sporgere querela alla Procura di Roma a tutela dei nostri colleghi, della nostra associazione e di tutti i cittadini, perché il giornalismo d'inchiesta è ben altra cosa rispetto alla maldicenza scandalistica volta alla ricerca dell'audience". I penalisti di Roma "auspicano che i vertici della Rai avviino una seria riflessione al riguardo, così come auspichiamo (con minore fiducia) che i magistrati Di Matteo e Ardita, a loro volta apparsi nella puntata di Report con brevi interviste sul punto, vogliano prendere fermamente le distanze dal taglio diffamatorio che ha contraddistinto la puntata andata in onda".
Per Ranucci, "aver mostrato tale anomalia rappresenta, come detto in trasmissione, una tutela per gli stessi avvocati. La difesa dei diritti non è una maglietta che si indossa di giorno per poi riporla in un cassetto la sera. Chi accusa 'Report' di non avere cura per i diritti dei detenuti e la possibilità di un loro reinserimento nella società, non ricorda le numerose puntate realizzate negli anni, l'ultima appena due anni fa in pieno Covid. Report da sempre si batte per la difesa dei diritti dell'uomo e della libertà di espressione. Ma 'Report - ha aggiunto Ranucci - ha anche il culto per la memoria: quello di ricordare il dolore dei familiari delle vittime delle stragi di mafia e del terrorismo e che il 41 bis è un architrave della lotta alla mafia che Totò Riina voleva far abolire inserendolo nel papello".

Foto © Imagoeconomica

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