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Il duro 'j'accuse' del rapper alla classe dirigente. Altroché musica

Sarà anche "il ritorno del coglione sulla traccia", "quello a cui nessuno l'ha detto in faccia", "che non è un fake, e non fa i video con la scaccia”, ma è l'unico che ha il coraggio (“palle”) e ci mette la faccia. Fedez sbarca a Sanremo con un freestyle scomodo, con riferimenti tutt’altro che casuali e mostra al mondo intero il vero volto del Festival: la politica. In poco più di un minuto spara a zero Fedez e non risparmia nessuno. Dall’arresto dell’ex superlatitante Matteo Messina Denaro (“decido io quando venire, bro, me lo preparo come Matteo Messina Denaro”) ai diritti delle donne in nome del “'free the nipples’ come Victoria dei Maneskin”; dall’industria musicale italiana (Fimi) perché “nella vita tutto ha un prezzo pure gli streaming” alle polemiche per la partecipazione di Rosa Chemical. Insomma, Fedez nel suo freestyle in collegamento sulla Costa Smeralda ormeggiata al largo di Sanremo, si scaglia contro tutti. Va persino contro Galeazzo Bignami viceministro alle Infrastrutture, fotografato in divisa da nazista, contro la ministra Eugenia Roccella e contro il Codacons. "Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler. Purtroppo, l'aborto è un diritto sì, ma non l'ho detto io l'ha detto un ministro. A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto. Ciao Codacons, guardo come mi diverto". È vero, ha detto ciò che hanno scritto molti giornali e che pensa un’ampia fetta di opinione pubblica. Ma lo ha detto non curante né del luogo, né del riverbero mediatico, né tanto meno dell’autorizzazione della Rai al testo. “Eppure, viene criticato (anche) da quelli che la pensano come lui - come ha scritto stamane il giornalista Giulio Cavalli -. Siamo pieni di giornalisti che avrebbero voluto essere cantanti”. Oltre al coraggio, il grande merito da attribuire al rapper è quello di aver squarciato il velo pietoso del “politically correct”. Da sempre il festival di Sanremo si è intrecciato con polemiche che hanno riguardato l’attualità, la censura e gli interventi politici. Sia prima dell’apertura del sipario dell’Ariston, come testimoniano anche quest’anno le discussioni sulla canzone di Rosa Chemical e sull'annunciato videomessaggio del presidente ucraino Zelensky, sia dopo. Ma quando si è in mondovisione, la musica cambia. La storia del Festival è ricca di episodi di questo tipo sin dalla sua nascita e ben prima dell’era social. Tra censure, monologhi rifiutati e ospiti politici, Sanremo è sempre stato il termometro con cui misurare la qualità della classe dirigente del tempo. Non solo musica, dunque, ma anche una pagella politica. Per cinque giorni milioni di persone assistono ad una lunga passerella di personaggi del mondo dello spettacolo e della società civile che lanciano messaggi rivolti quasi sempre alla classe dirigente.

Durante l’edizione del 1981 la Rai impose al comico napoletano Massimo Troisi di non parlare di politici nel suo monologo. Fu una vera e propria censura. Lui non accettò e si rifiutò all’ultimo momento di partecipare. In un’intervista in cui gli venne chiesto che monologo avrebbe portato sul palco, il comico prima elencò tutti i limiti imposti dalla censura e poi concluse: “Sono indeciso se recitare una poesia di Pascoli o Carducci”. Tre anni dopo Pippo Baudo ospitò sul palco di Sanremo una rappresentanza degli operai del complesso siderurgico Italsider di Genova in cassa integrazione, per sottolineare l’importanza dei diritti dei lavoratori. Nel 1989, invece, Beppe Grillo salì sul palco dell’Ariston e comunicò in diretta il suo compenso e le penali del contratto nel caso in cui avesse pronunciato una battuta su “i socialisti che rubano”. Attaccò tutti, a partire dai dirigenti Rai fino ai politici e i cantanti stessi. L’azione gli costò l’esclusione dalla Rai. Dieci anni dopo, quando il Muro di Berlino ormai era un ricordo e l’Italia stava per dare il benvenuto all’Euro, sul palco dell’Ariston salì l’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov che attaccò i politici “che lavorano solo per farsi eleggere”. In anni più recenti invece, Roberto Benigni fece “un’entrata memorabile” all’Ariston: in sella ad un cavallo bianco con una bandiera tricolore in mano al grido di “viva l’Italia”. Era il 2011 e sceso da cavallo il premio Oscar lanciò una battuta sul “Cavaliere” Silvio Berlusconi (allora Presidente del Consiglio): “Avevo dei dubbi se entrare a cavallo perché in questo momento ai cavalieri non gli va tanto bene”. E poi ancora i fischi al comico Maurizio Crozza quando nel 2013, durante la prima serata del Festival venne interrotto per alcuni minuti il suo monologo con fischi in arrivo dalla platea: “Basta politica a Sanremo. Sei un ‘pirla’. Stai zitto”. Il pubblico dell’Ariston polemizzò perché la satira del comico era su Berlusconi e al tempo il Comune della famosa città dei fiori era governato dal centrodestra. Infine, nel 2016 ci fu la vicenda dei nastri arcobaleno sul palco dell’Ariston. Mentre in Parlamento si discuteva la legge sulle unioni civili, Arisa e Dolcenera si esibirono con un nastro color arcobaleno al polso in supporto alla comunità LGBTQ+. A questo lungo elenco di episodi, si aggiunge ora quello di Fedez che conferma, ancora una volta, l’anima politica del Festival di Sanremo. Altroché musica.

Testo integrale della canzone di Fedez

"Uno sciacallo, un avvoltoio e un egocentrico entrano in un bar e il barista chiede: Ciao Fedez che cosa ti preparo? Ah, è il ritorno del coglione sulla traccia, ma quello a cui nessuno l'ha detto in faccia. Che non è un fake, e non fa i video con la scaccia, vieni a prenderti il perdono dalle mie braccia. Scendo dal catamarano con la carta in mano, Sono Napoleone con la sindrome del nano, decido io quando venire, bro, me lo preparo come Matteo Messina Denaro. Secondo a Sanremo con la vittoria dei Maneskin, 'free the nipples' come Victoria dei Maneskin. Frate, non sei primo in niente se sei primo in Fimi, che nella vita tutto ha un prezzo pure gli streaming. Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler. Purtroppo l'aborto è un diritto sì, ma non l'ho detto io, l'ha detto un ministro. A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto. Ciao Codacons, guardo come mi diverto. Vabbè sdrammatizziamo, ho avuto il cancro e come un vero duro sono andato in tele e ho pianto. Se penso a chi mi ha dato la forza guardo in alto il ricordo di Gianluca che porto su questo palco".

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