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scugnizza narcos 1di Francesco Ferrigno - Foto
Dopo aver attraversato mezzo mondo una barca a vela approda nel porto di Aguilas: siamo nella regione di Murcia, in Spagna. È il 24 luglio 2014. L’imbarcazione ha un nome curioso, Scugnizza, trasporta tre persone e ad attenderla ci sono le autorità del Paese iberico e la squadra mobile della Questura di Napoli, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) partenopea. Le forze dell’ordine salgono a bordo della Scugnizza e la rivoltano come un calzino: in un doppiofondo gli agenti trovano 680 chilogrammi di cocaina purissima, suddivisi in panetti di circa 1 chilo ciascuno.
I tre vengono ammanettati mentre si trovano ancora sul natante: si tratta di due skipper spagnoli, i fratelli Andres e Francisco Lopez, rispettivamente di 66 e 68 anni; e di Bartolo Di Massa 46 anni, originario di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, ma residente da tempo a San Giustino, non lontano da Perugia. Un cosiddetto insospettabile: non sarà l’unico in questa storia.
Scugnizza aveva lasciato il porto di Napoli a febbraio dello stesso anno e in circa sei mesi il suo equipaggio aveva raggiunto il Venezuela, preso il carico di polvere bianca, ed era approdato sulle coste europee. Una volta immessa sul mercato, la cocaina avrebbe fruttato oltre 115 milioni di euro. L’Antimafia è certa che la droga sarebbe stata stoccata in Spagna per poi essere trasportata in Campania per rifornire tutte le più grandi piazze di spaccio del Vesuviano. Per conto di chi l’equipaggio ha veleggiato fino al Sudamerica e ritorno? Chi ha finanziato la spedizione? Ad indagare ci sono la squadra mobile della Questura partenopea, il Servizio Centrale Operativo, la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga e la Brigata Centrale contro il Crimine Organizzato dell’Udyco spagnola.


Meno di tre anni dopo, il 19 aprile 2017, le forze dell’ordine arrestano i presunti finanziatori del narcotraffico internazionale di cocaina in barca a vela. Colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare tre incensurati, insospettabili appunto, imprenditori noti e a capo di un impero economico. I fratelli Raffaele e Giuseppe Maurelli, di 46 e 44 anni, imprenditori originari di Castellammare di Stabia ma residenti a Scafati, e Paolo Del Sole, di 39 anni, originario di Torre del Greco e titolare di una rivendita di auto a Scafati, sono ritenuti responsabili di detenzione, acquisto, trasporto ed importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica alla Campania, attraverso il canale spagnolo.
Sotto sequestro anche beni mobili ed immobili per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro: società di costruzioni, attività commerciali, appartamenti, autorimesse, depositi, una villa, auto e moto, terreni. Tutto situato tra Scafati, Torre Annunziata, Pompei, Castellammare di Stabia, San Giuseppe Vesuviano, Pollica e Montecorice. La mattina stessa del 19 aprile la squadra mobile effettua nuove perquisizioni. A Pompei, in un locale riconducibile ai Maurelli, gli agenti trovano due casseforti-caveau contenenti ingentissimi valori: gioielli, lingotti, oltre sessanta orologi tra Rolex, Adam Piguet e Patek Philippe per un valore stimato di circa un milione di euro e denaro contante per oltre 200mila euro. A Pompei arrivano anche gli Artificieri poiché in una scatola ci sono sette bombe a mano da guerra di produzione ex Jugoslavia, tutte complete di accenditore e dei giubbotti antischegge.
La vicenda, però, tutt’altro che conclusa. In una nota il procuratore aggiunto dell’Antimafia Filippo Beatrice sottolinea che i fratelli Maurelli “alla stregua delle investigazioni svolte, sono in contatto con esponenti della criminalità organizzata”. Nel giro milionario della droga si inserirebbero ben cinque clan di camorra attivi a Castellammare, Pompei, Scafati e Torre Annunziata: i Cesarano, gli Omobono-Scarpa i Gionta, i Gallo-Cavaliere e gli Omobono-Scarpa. Fin dove si spingessero e quale preciso ruolo avrebbero le organizzazioni criminali della provincia a sud di Napoli nelle rotte della cocaina in barca a vela è ciò che polizia e Dda stanno cercando di chiarire per far quadrare il cerchio. Il sospetto a questo punto è che le indagini partite dalla Scugnizza potrebbero intersecarsi con altre inchieste ad un livello molto alto del narcotraffico internazionale.

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