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Dopo oltre 25 anni dall'assassinio del sindacalista Mico Geraci (in foto), avvenuto l'8 ottobre 1998, la procura di Palermo ha individuato chi avrebbe commissionato e pianificato l'omicidio, per conto del boss Bernardo Provenzano.
L'inchiesta sull'omicidio è stata riaperta grazie alle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Massimiliano Restivo, Emanuele Cecala e Andrea Lombardo. Dichiarazioni che sono state esaminate dalla Procuratrice aggiunta di Palermo, Marzia Sabella, insieme con i pm Giovanni Antoci e Bruno Brucoli, che hanno coordinato l'inchiesta. "L'omicidio era stato ordinato da Salvatore e Pietro Rinella (scavalcando il capo mandamento di allora Nino Giuffré, sempre secondo gli inquirenti) su input di Bernardo Provenzano'', hanno detto i pentiti.
Per Andrea Lombardo "l'omicidio di Mico Geraci venne organizzato dalla famiglia mafiosa di Trabia d'intesa con la famiglia di Caccamo, indicando il movente in 'cose politiche'".
Un movente già accennato da Nino Giuffrè all'inizio della sua collaborazione con la giustizia: le dichiarazioni del boss di Caccamo hanno "contribuito alla ricostruzione di un gran numero di fatti delittuosi di cui si è reso responsabile, sia come esecutore materiale sia come mandante nella sua qualità di partecipe delle deliberazioni della Commissione, tra questi ultimi anche l'omicidio Lima e le stragi di Capaci e via d’Amelio" ha scritto il gip di Palermo nella misura cautelare che ha portato in carcere i presunti mandanti, incaricati, secondo gli inquirenti, di eliminare il sindacalista scomodo dal capomafia Bernardo Provenzano.
"Si è accertato che Mico Geraci fu ammazzato per il suo impegno civico e politico (cioè si era schierato apertamente, in certi discorsi, contro la famiglia mafiosa di Caccamo), rivelandosi particolarmente scomodo per i consolidati assetti mafiosi di quel territorio, sì da suscitare l'intervento e la reazione dello stesso Bernardo Provenzano che, personalmente, ne ordinò la soppressione" ha detto il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia. La Direzione distrettuale di Palermo è riuscita a ricostruire minuziosamente quell'efferato delitto definito, per molto tempo, "senza verità e giustizia".
A commentare sono state anche organizzazioni sindacali presenti sul territorio: "Finalmente... Siamo soddisfatti per la notizia dell'arresto dei mandanti dell'omicidio del sindacalista Mico Geraci. Dopo tanto tempo verrà finalmente fatta giustizia, cosa che avevo auspicato quando venni a Palermo a novembre. Noi non ci siamo mai fermati. Avevamo chiesto tutti insieme di identificare i mandanti. Bene così, finalmente" ha detto all'Adnkronos il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri.
"Esprimiamo apprezzamento per il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica e dalle forze dell'ordine, che hanno identificato i mandanti dell'omicidio del sindacalista della Uil Mico Geraci avvenuto 25 anni fa, i boss di Trabia Pietro e Salvatore Rinella, ai quali è stata notificata oggi l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Sono tantissimi, troppi, gli omicidi di mafia di cui ancora non si conoscono né esecutori né mandanti e tra questi quelli di tantissimi sindacalisti morti in quella che è stata una vera e propria strage di mafia, lunga un secolo. Sindacalisti assassinati dalla mafia perché chiedevano terre, lavoro, giustizia e rispetto delle regole e hanno pagato con la vita, colpevoli di non essersi voltati dall'altra parte e di aver continuato a difendere i lavoratori. Tutti omicidi rimasti impuniti. L'aspirazione è che per tutti venga fatta verità e giustizia" hanno rimarcato invece il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e il responsabile dipartimento Legalità Rosario Rappa.


Le parole di Enza Scimeca, vedova di Mico Geraci

"Non ci speravo più, la mia famiglia si era ormai rassegnata... Ma finalmente mio marito avrà giustizia". Così, Enza Scimeca, la vedova di Mico Geraci, dopo l'arresto dei fratelli Pietro e Salvatore Rinella. "Non sono riuscita a chiudere occhio questa notte", ha detto ancora la donna, che da 25 anni chiede giustizia per il marito. "Ci sono voluti 25 anni per conoscere i nomi dei mandanti dell'omicidio di mio marito Mico - ha aggiunto la signora Scimeca - E ci sono voluti altri due pentiti. Avevo sentito che il caccamese Emanuele Cecala aveva iniziato a collaborare con la giustizia. E così è stato". "Da oggi siamo una famiglia più serena, anche se mio marito non me lo ridarà più nessuno - ha proseguito Giusi Scimeca - Non cambierà nulla ma almeno avremo giustizia". E aggiunge: "Finalmente una buona notizia. Sinceramente non ci speravo più. Ero rassegnata, ne parlavo proprio pochi giorni fa con mio figlio Giuseppe. Pensavamo che non avremmo mai saputo chi aveva voluto la morte di mio marito".


Il figlio del sindacalista: "Zittiti avvelenatori di pozzi"

"La cosa più importante era arrivare a un processo e avere dei volti ai quali chiedere il conto per quanto accaduto a mio padre. Questa è la cosa che più ci interessava. E che venga riconosciuta la matrice mafiosa legata all'impegno antimafia di mio padre. In tutti questi anni abbiamo dovuto difenderci anche contro le malelingue che, seppure a denti stretti, ventilavano altre opzioni sulle origini dell'omicidio. Questi arresti sono anche un modo per zittire definitivamente queste malelingue" ha detto all'Adnkronos Giuseppe Geraci, figlio di Mico Geraci. "Gli inquirenti hanno sempre tenuto la barra dritta sull'impegno antimafia di mio padre e sul contesto mafioso - dice ancora Giuseppe Geraci - altre illazioni erano solo tentativo di avvelenare i pozzi...".

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