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notturna con cane palermoVideo e Foto
di Miriam Cuccu

Ricostruite estorsioni, sparatorie e rapine. Trovato il “libro mastro” del pizzo
Scacco alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio: i Carabinieri di Palermo hanno arrestato 17 soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, illecita detenzione di armi e munizioni e fittizia intestazione di beni. Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, sono la prosecuzione dei precedenti blitz contro la stessa famiglia mafiosa, già colpita nel luglio 2011 - operazione “Hybris” - nel dicembre 2011 - “Pedro” - nel dicembre 2015 e maggio 2016 con “Panta Rei 1” e “Panta Rei 2". Individuati gli assetti e le relative dinamiche grazie alle numerose intercettazioni ed al contributo di due collaboratori di giustizia, ex esponenti di rilievo del sodalizio criminale. Sequestrate anche diverse attività commerciali riconducibili a Cosa nostra, intestate a prestanome ed avviate, in diversi punti della città, grazie al riciclaggio di proventi illeciti.



Estorsioni a tappeto
Già nel 2015, certi di essere arrestati a causa della collaborazione del pentito Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, all'epoca reggenti della famiglia di Borgo Vecchio, nel prendere alcune precauzioni avevano ottenuto il consenso dai vertici del mandamento di Porta Nuova affinché il loro successore fosse già individuato in Elio Ganci, tornato in libertà dal novembre di quell’anno dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa ed estorsione. Ganci si era così avvalso di Fabio Bonanno, Salvatore D'Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta. Questi ultimi, grazie anche al contributo degli altri arrestati, dovevano curare il sostentamento economico ai familiari dei detenuti, le attività estorsive ed il controllo della piazza di spaccio nel territorio di competenza mafiosa, così da guadagnare profitti illeciti e controllare il territorio. Le estorsioni, come è infatti emerso dalle indagini, si confermano essere una primaria fonte di sostentamento, grazie al ritrovamento del “libro mastro”. Ricostruite, inoltre, 14 vicende estorsive ai danni di imprenditori della zona, costretti al versamento di somme di denaro per evitare ritorsioni che, in qualche circostanza, sono effettivamente avvenute. Alcuni commercianti, interrogati, hanno confermato le condizioni imposte da Cosa nostra. Per riscuotere il pizzo nel quartiere, il clan avrebbe persino reclutato un ragazzino di 16 anni.

Ricostruzione dei fatti
Tra gli episodi ricostruiti, anche una sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015, nella piazza centrale del quartiere di Borgo Vecchio, tra i Tantillo ed i componenti della famiglia di Francesco Russo che, dal 2006 al 2008, aveva retto quell’articolazione mafiosa e intendeva riprenderne le redini. Il clamore pubblico causato da quella circostanza indusse però Paolo Calcagno - reggente pro tempore del mandamento mafioso di Porta Nuova, attualmente detenuto - ed altri esponenti ad intervenire nei confronti di Francesco Russo, che sarebbe stato allontanato dal quartiere se non avesse rispettato le gerarchie dell’epoca.
Individuati inoltre gli autori di una rapina avvenuta la sera del 26 giugno 2011, all’interno di un’abitazione di Borgo Vecchio, quando una vittima venne ferita da colpi d’arma da fuoco. La commissione di quel reato non era stata autorizzata e, quindi, i responsabili erano stati poi aggrediti fisicamente dagli esponenti del mandamento di Porta Nuova e dagli stessi vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.

FOTOGALLERY by LiveSicilia


Ribellarsi al racket di Cosa nostra
"Da un’analisi storica del fenomeno estorsivo emerge come, in un territorio sottoposto ad un clima di intimidazione diffusa, la criminalità organizzata riesca nel tempo ad imporre il 'pizzo'". Ad affermarlo è il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo. Cosa nostra, ha aggiunto, “oggi appare indebolita, ma sempre viva” ed impegnata nella ricerca quotidiana e ossessiva di denaro. "Gli arresti di oggi - ha dichiarato Mario Attinasi, presidente di Confesercenti Palermo e vicepresidente di Confesercenti Sicilia - dimostrano ancora una volta l'inaccettabile oppressione della mafia sulle attività commerciali della città e quanta strada ci sia ancora da fare per liberare definitivamente il territorio e consentire uno sviluppo economico libero dalla prevaricazione e dalla violenza di Cosa nostra”. "Rivolgo un appello a tutti gli operatori economici - ha concluso - affinché seguano l'esempio dei commercianti che hanno collaborato con gli inquirenti e si ribellino al racket e alla violenza mafiosa".

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